Il genere catastrofico è per sua natura di proporzioni colossali: viene da sé, perciò, che un film come Geostorm, esordio alla regia dello sceneggiatore e produttore di Indipendence Day, Dean Devlin, debba essere annoverato tra le grandi produzioni hollywoodiane, quelle che attori ed effetti speciali rendono competitive ai massimi livelli del box-office. E qui sta il primo appunto che si può muovere agli autori del progetto, poiché a fronte dell’impegno profuso per dare vita alle esagerazioni tipiche del filone, corrisponde la decisione di affidarsi alla professionalità dei molti caratteristi (da Andy Garcia, nel ruolo del primo inquilino della casa Bianca, a Ed Harris in quello del suo vice), ingaggiati per interpretare i personaggi secondari, anzichè puntare sul carisma e l’empatia di Gerard Butler, il quale, dopo il successo personale registrato per il ruolo di Leonida in 300, ha visto gradualmente scemare le sue prerogative divistiche. D’altronde, o forse proprio per questo, Geostorm punta forte sul collettivo, togliendo spazio all’eroismo del protagonista e diversificando il proprio campo d’azione, suddiviso per l’appunto tra le avventure spaziali di Jack Lawson (Butler), scienziato dalla vocazione avventuriera incaricato di ripristinare le funzioni della struttura satellitare che impedisce il verificarsi di tsunami e terremoti, e quelle terrestri del fratello Max (Jim Sturgess), impegnato nel tentativo di sgominare il complotto che attraverso il sofisticato marchingegno minaccia l’incolumità del genere umano.
Una ripartizione che è il riflesso di un disaster movie meno ortodosso del solito, per il fatto che il vero avversario di Lawson e soci non è tanto la crisi provocata dagli sconvolgimenti ambientali quanto piuttosto chi muove le fila dell’organizzazione che li fa capitare. Se l’obiettivo dei protagonisti è quello di scongiurare il disastro invece che sopravvivergli, allora diventa gioco forza enfatizzare la componente action della vicenda, con largo spazio alla detection messa a punto dai buoni per catturare i cattivi. Deciso a sfruttare le tematiche ambientaliste ma costretto a tenere conto dello scarso successo dei vari The Impossible e San Andreas, Devlin realizza un ibrido che funziona solo in parte. A mancare è la capacità di tradurre in meraviglia i soldi spesi (oltre 120 milioni di dollari) e soprattutto una drammaturgia in grado di fornire all’eroe un’epica che lo faccia percepire tale. Cosa che, nonostante le molte imprese in cui è coinvolto, non succede mai al personaggio di Butler.