Girato in soli sei giorni da Christian Carion, sceneggiatore e filmaker francese noto per pellicole storiche e spy-story (Une hirondelle a fait le printemps, Joyeux Noël, L’affaire Farewell), il film Mon garçon, presentato nella selezione ufficiale della Festa del Cinema di Roma, è una sorta di thriller psicologico, soprattutto nella prima parte, dove si presenta il tema generale, che in realtà prepara alla più complessa ed in parte imprevista seconda parte, che contiene una storia nella storia già annunciata in precedenza.
La trama è apparentemente semplice e déja vu: un bambino di sette anni scompare nella notte, insieme al suo sacco a pelo, mentre partecipa ad un campo tendato nelle vacanze invernali di un paesino innevato sulle Alpi francesi. Fuga, rapimento, altro: la polizia brancola nel buio (come si conviene a tante storie analoghe). La madre Marie (Mélanie Laurent), disperata, convoca l’ex-marito, Julien (Guillaume Canet), un geologo sempre in giro per il mondo, che ha privilegiato il suo lavoro alla famiglia fino alla recente separazione. Appare evidente da subito che esiste ancora un legame nella ex-coppia, nonostante il fatto che lei abbia un nuovo fidanzato, incosciente e un po’ stupido (appare poco interessato alla scomparsa di Mathys, il bambino, e piuttosto proiettato al futuro proprio e di Marie, tanto da attirare rabbia e percosse da parte di Julien che lo sospetta del rapimento del figlio) e che lui abbia fatto una scelta precisa. Ma, dopo aver subito un interrogatorio da parte della polizia locale ed aver controllato alcuni indizi trascurati dalla polizia, Julien inizierà un’indagine privata che lo trasformerà in un vero e proprio ‘giustiziere della notte’, intorno ad una pista che rappresenta il boogie man, l’incubo di tutti i genitori con figli piccoli.
Piuttosto serrato come thriller, Mon garçon presenta alcune sfasature di sceneggiatura, pur riuscendo nell’insieme a mantenere vivo il ritmo della narrazione e la coerenza nel racconto. E non è poco, considerando che il regista ha chiesto al suo fidato protagonista, Guillaume Canet (già con lui in altri film) di girare a copione nascosto, per dare maggior veridicità alle scene tanto che l’attore, presentando il film al Festival d’Angoulême, ha detto di aver “vissuto più che recitato’”il film, che si regge di fatto quasi completamente sulla sua prova attoriale, oltre che sulla complicità di uno scenario naturale capace di ben accompagnare l’angoscia dei genitori nella ricerca del figlio.