Autore nel 2011 di quel Morituris che, a base di sanguinari gladiatori dell’antica Roma resuscitati ai giorni nostri come spettri massacratori in aria di rape & revenge, rientra di sicuro tra le migliori produzioni horror indipendenti d’inizio XXI secolo, Raffaele Picchio è tornato nel 2016 dietro la macchina da presa per occuparsi di The blind king, sotto la produzione dei Marco Ristori e Luca Boni cui dobbiamo Eaters e Zombie massacre.
Un’opera seconda che si distacca completamente dal genere a base di torture e splatter in cui rientrò la precedente, dalla quale proviene la Désirée Giorgetti qui calata nei panni di Susan, sorella del protagonista Craig alias Aaron Stielstra, che, reduce dall’improvviso suicidio della propria compagna, si trasferisce in una nuova casa insieme alla figlioletta Jennifer, incarnata da Eleonora Marianelli.
Figlioletta che ha smesso di parlare da quando avvenne la tragedia e che, come vuole la tradizione del cinema di paura d’inizio terzo millennio in cui rientrano Babadook e simili, non manca di essere tormentata da incubi e da un’inquietante figura nera che arriva presto a popolare anche i sogni del padre, minacciandolo proprio di portargli via la bambina.
Figura, se vogliamo, kruegeriana nel modo di manifestarsi, ma che, caratterizzata da bende sul volto mostruoso e catena posta attorno al collo, non avrebbe certo sfigurato all’interno dell’universo hellraiseriano di Clive Barker, la cui influenza si lascia avvertire in diversi momenti dell’insieme.
Man mano che l’uomo si mostra sempre più deciso ad affrontarla e che, forte anche delle buone prove sfoderate dai diversi elementi del cast, il cineasta romano rivela ancora una volta padronanza del mezzo tecnico ottenendo una interessante allegoria da schermo evidentemente relativa a molti fatti di cronaca nera a base di soprusi familiari e femminicidi.
Interessante allegoria che, corredata di un divertente extra di trentadue minuti con il regista, il direttore della fotografia Alberto Viavavattene e i citati Boni e Ristori impegnati a raccontare ironicamente la lavorazione del film, viene resa disponibile su supporto blu-ray italiano da Koch Media.
La stessa Koch Media che, rimanendo nell’ambito di orrori da schermo atti a miscelare suggestioni psicologiche e presenze ultraterrene, lancia nel mercato tricolore dell’home video in alta definizione – con il trailer nella sezione riservata ai contenuti speciali – anche Agoraphobia, sceneggiato, prodotto e diretto nel 2015 dalla Lou Simon che aveva firmato, tra l’altro, lo slasher HazMat.
Oltre un’ora e venti di visione in cui il Tony Todd della saga Final destination e del remake anni Novanta de La notte dei morti viventi ricopre il ruolo del medico curante di Faye, ovvero Cassandra”Sharknado”Scerbo, giovane agorafobica che, compagna di un avvocato, attraverso un’eredità entra in possesso della casa di suo padre, situata in una parte remota delle Florida Keys.
Casa in cui sembra essere rimasto intrappolato qualcosa di terrificante che, quindi, va ad aggiungersi alla sua esagerata paura nei confronti degli spazi aperti; nel corso di un’operazione dall’avvio sanguinolento, ma costruita su attese opportunamente spezzate per movimentare la situazione.
Tra cadaveri dietro l’angolo e vasche da bagno pronte a riempirsi di liquido rosso… con qualcosa che richiama alla memoria il classico in bianco e nero La casa dei fantasmi di William Castle.