Presentato fuori concorso alla 71 Mostra del Cinema di Venezia (2014), Io è morto, scritto, diretto e prodotto dal giovane regista e produttore avellinese Alberto De Venezia esce in questi giorni nelle sale cinematografiche, distribuito da Ipnotica Produzioni.
“Io voglio percepire in ogni istante della tragedia il senso macabro del finale”: è così che il regista della rappresentazione teatrale del Romeo e Giulietta di Shakespeare prepara la sua attrice ad entrare in scena. Maria (Giulia Perelli) è una giovane attrice sposata con Giuseppe (Andrea Cocco) anche lui attore, e interprete del Romeo teatrale. Tra di loro c’è il regista (Augusto Zucchi), che li guida sul palco e nella vita e la madre di lei, Maddalena (Marina Suma), “una maestra nell’apparire” sempre al centro dell’attenzione e pronta a sedurre chiunque, specialmente il giovane genero.
Durante una cena, il regista parla di un suo nuovo progetto, la storia di una giovane donna appena sposata e insofferente della vita, che ha deciso di trascorrere tutta la sua esistenza a letto, lasciandosi completamente andare al disfacimento psichico e fisico. È un parassita a succhiarle il sangue e la linfa vitale, lo stesso che Maria sente che le sta togliendo la serenità e le fa rivivere giorno e notte un incubo ricorrente, una tragedia nella tragedia, quella di assistere ad un rapporto sessuale tra sua madre e suo marito, come già anni prima era accaduto con un suo fidanzato, evento a seguito del quale, lo intuiamo dalle immagini, il padre di Maria (Carlo Mucari) aveva perso la vita.
I sentimenti e le emozioni di Maria si trasformano in immagini e allucinazioni, apparentemente senza una logica, ma in realtà appartengono al suo mondo interno, ai suoi sogni e al loro significato, e al perenne senso di tragedia che Maria rivive fino a trasformarsi in una donna crudele, per difendersi; un senso perenne di tragedia pervade Io è morto rafforzato dalla messa in scena di Romeo e Giulietta, dove regnano il tradimento e la lussuria, come nella vita di Maria, e dalle citazioni tratte da Anna Karenina di Tolstoj, romanzo in cui il senso di morte aleggia costantemente.
Il percorso che i personaggi fanno è quello di passare da una situazione fisica ad una situazione sentita, per poi morire e giungere ad una situazione spirituale universale, sempre tragicamente vera. Tale percorso è raccontato dalla fotografia di Manuel Ribaudo che mescola il colore giallo delle allucinazioni di Maria e il colore blu del suo passato, che insieme formano il colore verde del suo presente.
Ispirato tra gli altri anche dal cinema di Ingmar Bergman e David Lynch, in particolare da Persona del regista svedese e da Mulholland Drive del regista americano, Alberto De Venezia, che presenta la sua opera prima in occasione dell’uscita il prossimo 31 agosto, scrive la storia per poi svilupparne la sceneggiatura insieme a Elena De Nard e Elèna Matera: una storia sul doppio, e quindi quale tema migliore quello del tradimento. Tra gli ospiti anche Carlo Mucari, che nel film è il padre di Maria, aggiunge che è inquietante andare a scavare nel labirinto della mente, che dettato dalla gelosia, proietta film all’infinito confondendo così la realtà con l’immaginazione (il doppio).
Tra gli attori del cast, oltre a Mucari, interviene Valeria Nardilli, che nel film è Eva, l’assistente di Maddalena, che ha una storia con Adamo (Gigi Di Schiena), il maggiordomo di Maria e Giuseppe. Il ricorso a nomi che ricordano la tradizione religiosa, archetipi del maschile e del femminile, è stata una scelta che ha voluto conferire al film una natura esoterica. La grande sfida recitativa del film – ha detto la Nardilli –è stato far capire fino a quanto potevamo essere cattivi. Maria è circondata infatti di uomini e donne in preda al proprio istinto e alle proprie pulsioni, al punto tale da farla soffrire, senza porsi alcun problema. E’ anche nei rapporti tra Adamo ed Eva, non soltanto in quelli tra sua madre Maddalena e Giuseppe, che Maria rivive il suo dramma.
“Girato in dodici giorni e prodotto dalla Ipnotica Produzioni (di cui Alberto De Venezia è esponente principale), il film ha avuto una lungo processo di post-produzione (circa 2 anni), il tempo necessario – racconta il montatore Andrea D’Emilio – per lasciare macerare e decantare il film, tempo che ha dato la possibilità al regista di avere delle intuizioni che hanno poi dato luogo ad un processo di riscrittura dell’opera in sede di montaggio, proprio grazie al fatto che De Venezia aveva idee ben chiare che avrebbero arricchito la sua opera prima.”
“Dal punto di vista del montaggio – è sempre D’Emilio a spiegare – Io è morto nasce narrativo e diventa onirico e questo ha richiamato diverse soluzioni stilistiche, effetti speciali visivi e soluzioni originali che gli hanno permesso di esprimersi in modo profondo ed estetico.”
Oltre ad affrontare problemi produttivi, poiché i budget e l’ottimizzazione dei mezzi a disposizione sono talvolta un limite per il regista, ci sono stati problemi anche dal punto di vista distributivo, che hanno allungato di parecchio i tempi di uscita. La Ipnotica Distribuzioni nasce accanto alla Ipnotica Produzioni proprio per aiutare i giovani talenti ad emergere e a vedere la luce delle sale cinematografiche.
Io è morto è il film simbolo della Ipnotica proprio perché è stato l’apripista di una serie di lungometraggi di prossima uscita.
Interessante anche l’intervento di Antonio Carloni, direttore commerciale di Ipnotica Produzioni, che nel porre l’accento sul radicale cambiamento della distribuzione (“è un mercato folle dove escono 12 film a settimana e se non sei tra i primi 3 film, alla seconda settimana non ci arrivi”), sottolinea che è molto probabile che un film abbia vita breve in sala per essere poi riscoperto sulle pay tv o sulle piattaforme on demand; questa trasformazione nella distribuzione unitamente al digitale danno comunque una marcia in più alla creatività e alle storie e personaggi da scrivere, ridisegnando nuovi scenari.