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Le 5 serie tv da non perdere su Netflix

Siamo ormai vicini al secondo anno dall’arrivo di Netflix in Italia, ed è tempo di bilanci. Quali sono le serie televisive che più si sono contraddistinte all’interno di questa piattaforma che conta ben 100 milioni di iscritti sul suolo globale?

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Non è semplice delineare le serie tv più interessanti e sfoltirle in una cinquina, non solo per la visione soggettiva che ciascun utente possiede e che può collidere con quella di un altro, ma anche per il livello estetico e narrativo che in questi ultimi tempi ha raggiunto vette davvero elevate.

La narrazione seriale ha davvero ottenuto una notevole capacità descrittiva sia nei confronti del contesto che la serie tv illustra e sviluppa, sia verso i personaggi che si muovono al suo interno, che ricevono maggiore profondità anche grazie alla longevità della storia.

Detto ciò, ecco la lista delle 5 serie tv da non perdere disponibili in streaming su Netflix.

1) NARCOS

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Narcos è la rappresentazione perfetta delle politiche avviate dall’azienda fondata da Reed Hastings e Marc Randolph. Ambientata nella Colombia degli anni ’80, la storia è tuttavia prodotta dalla casa francese Gaumont e diretta dal regista brasiliano di Tropa de Elite José Padilha, che si è portato appresso per questo lavoro il connazionale già presente in alcune sue opere Wagner Moura, protagonista della serie nella parte del narcotrafficante di Medellìn Pablo Escobar.

Il racconto, come si evince dall’aspetto produttivo stesso, è un ibrido di diversi stili e linguaggi, perché passa da un genere più vicino al documentario (spesso accompagnato dalla voce fuori campo dell’agente della DEA Steve Murphy) a quello più specifico della finzione, con scene d’azione e rappresentazioni dettagliate di quanto è avvenuto durante l’egemonia politica di uno dei più grossi esponenti del cartello colombiano, il quale ha saputo sfidare con ogni mezzo il Governo del paese grazie all suo enorme consenso popolare.

La particolarità di questa serie tv sta inoltre nella commistione alternata della lingua inglese (o l’italiano per la versione doppiata) e di quella spagnola, scelta che costringe lo spettatore, così come i personaggi all’interno della storia, a un compromesso obbligato verso la cultura criminale colombiana, entrando nelle logiche e nelle espressioni dei protagonisti.

2) BOJACK HORSEMAN

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Se invece volete comprendere cosa c’è dietro ai meccanismi dello show business hollywoodiano (e farvi anche due risate), Bojack Horseman è lo specchio ideale su cui riflette l’ego di moltissimi attori del mondo del cinema e televisivo, con l’unica differenza che questi difficilmente si vedranno nei panni di un cavallo alcolizzato in cerca del successo e della ribalta (o almeno si spera).

La serie tv è ambientata in un mondo ipotetico in cui umani e animali antropomorfi vivono in completa armonia e allo stesso piano sociale. In questo contesto surreale, Bojack, un cavallo non proprio di razza, è conosciuto per la sitcom “Horsin’ Around”, un programma che continua a perseguitarlo nonostante siano passati tanti anni dalla ultima messa in onda. Il povero attore tuttavia non riesce a trovare una parte capace di portarlo nuovamente al centro della scena, con il rischio di essere ricordato non per aver recitato in un film di enorme successo, ma per una trasmissione di dubbia qualità che non ha portato fortuna a nessuno.

Le stagioni andate in onda mostrano, oltre alla comicità intelligente dell’autore Raphael Bob-Waksberg, una indubbia profondità sull’animo umano, descritto come vulnerabile e soggetto a decisioni instabili e irrazionali. Bojack Horseman rappresenta quindi una critica allo star system americano o un’analisi scaltra ed efficace del nostro essere individui? A voi la scelta.

3) STRANGER THINGS

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L’enorme successo di Stranger Things è innegabile. La serie tv creata da Matt e Ross Duffer contiene il giusto equilibrio tra citazioni ai grandi maestri del cinema e contenuti originali. La storia ripercorre le vicende di quattro giovani ragazzi, uno dei quali, Will Byers, scompare improvvisamente dopo essere andato abitualmente a giocare a casa di Mike, uno dei suoi più stretti compagni di scuola. Mentre l’intera comunità cittadina di Hawkins, in Indiana, si attiva nel ritrovare il bambino, i tre amici Mike, Lucas e Dustin non ci stanno e seguono un’ulteriore pista rispetto a quella inizialmente intrapresa dallo sceriffo Hooper, una strada più insidiosa e che verte, per loro sfortuna, sul paranormale e sull’ignoto.

Stranger Things ha tutto ciò che un appassionato vuole assistere se si tratta di uno spettacolo su piccolo schermo, perché di spettacolo si tratta. Come dei candidi bambini davanti a una rappresentazione di magia a teatro, il pubblico si immerge in un racconto onirico, affascinante e allo stesso tempo inquietante, e pur sapendo che si tratta di un trucco, accetta di buon grado quanto mostrato e va avanti, accompagnato dai personaggi della storia.

Il prodotto televisivo, come specificato in precedenza, si costituisce attorno ai capisaldi del cinema americano anni ’70 e ’80, dall’horror di John Carpenter e Wes Craven con i riferimenti ad Halloween – la notte delle streghe e a Nightmare, a quello di Stephen King, con citazioni ai suoi capolavori indiscussi, da Stand By Me a Carrielo sguardo di Satana e It, fino all’omaggio alla fantascienza di Steven Spielberg, da E.T. – L’Extraterrestre a Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo.

4) AMERICAN CRIME STORY: THE PEOPLE VS. O.J. SIMPSON

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L’unica serie non prodotta da Netflix sulla quale è necessario porre l’accento per la sua forte risonanza nella cronaca giornalistica statunitense dell’epoca è American Crime Story: The People vs. O.J. Simpson, prodotta da FX e disponibile sulla piattaforma streaming dal 1 marzo 2017. Il racconto si svolge attorno al caso giudiziario che coinvolge l’ex campione di football americano O.J. Simpson, accusato di aver assassinato l’ex moglie Nicole Brown e il cameriere Ronald Lyle Goldman la notte del 12 giugno del 1994.

L’aspetto particolare è che ogni stagione è totalmente scollegata dalle altre, con l’obiettivo di riprendere gli avvenimenti che hanno più sconvolto l’opinione pubblica oltre oceano. La seconda stagione, in produzione, ripercorrerà infatti l’assassinio del celebre stilista Gianni Versace avvenuto nel 1997, mentre la terza si discosterà da eventi tipicamente individuali e isolati, e si concentrerà invece sul disastro causato dall’uragano Katrina a New Orleans nel 2005. Ritornando al caso di O.J., il fatto eclatante che viene marcato per tutto l’arco della narrazione è che per la prima volta l’elemento mediatico e televisivo diventa uno degli indizi in grado di influire sulla condizione di innocenza o di colpevolezza di un imputato.

Non contano più (o meglio, non bastano) le prove mostrate a un processo a garantire giustizia come la democrazia sancisce per mezzo della legge; non conta più la verità giudiziaria, perché a emergere in American Crime Story è una verità soggettiva, interpretabile e dettata dalle proprie sensazioni e dalle opinioni individuali. O.J. è dunque colpevole o innocente? La serie tv non emette sentenza. Tace e osserva in silenzio lo show.

5) BLACK MIRROR

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Quante volte vi sentirete dire che la tecnologia sarà la rovina delle nuove generazioni? Forse è un pensiero eccessivamente catastrofico e superficiale, ma come in ogni stereotipo, c’è sicuramente una lieve verità, e lo sa bene Charlie Brooker, il creatore di Black Mirror, serie inizialmente prodotta da Endemol e successivamente da Netflix a partire dalla terza stagione. Ogni puntata meriterebbe un’analisi a parte, visto che ciascuna storia è racchiusa in sé stessa e vive di una propria autonomia.

Il filo conduttore che lega queste ipotetiche visioni future del mondo moderno è la distopia, una rappresentazione distorta della realtà che varia da episodi strettamente ricollegabili alla contemporaneità a casi di estrema inventiva che in alcune occasioni prendono spunto dalla quotidianità. Brooker in questa serie osserva solo una faccia della medaglia chiamata tecnologia, osservando i rischi possibili di un suo eccessivo uso che delimita le attività naturali dell’essere umano.

La domanda che ci si pone durante la visione di Black Mirror è la seguente: dove sta il limite tra l’automazione come strumento in grado di aiutare l’uomo e come assuefazione in grado invece di danneggiarlo? Come già scritto, qui si osservano le maggiori criticità che la rete e gli oggetti ad essa collegati possono avere sull’individuo, dimenticandosi degli effetti positivi. Il pregio di queste puntate risiede tuttavia nel non sottovalutare il problema, mettendo in guardia lo spettatore sul pericolo che, come si osserva nell’intro iniziale, quella schermata nera che accompagna le nostre giornate informandoci e intrattenendoci si possa infine spezzare.

 

di Riccardo Lo Re

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