Sinossi:
1980, Layal è un’insegnante palestinese. Vive a Nablus con il marito, Farid. In procinto di partire per il Canada in cerca di miglior fortuna, è costretta alla detenzione in una prigione di massima sicurezza. L’accusa è falsa: avere aiutato un ragazzo ad attaccare un convoglio militare israeliano. Layal non ci sta. Durante il processo rifiuta di fornire una mendace testimonianza per incastrare il ragazzo e, di conseguenza, sarà condannata a 8 anni di prigionia. Nel frattempo, tra soprusi e angherie tra le sbarre, scoprirà di essere incinta. Nonostante l’incitamento all’aborto, Layal, con la fierezza di una donna coraggiosa, darà alla luce sua figlia, amandola e proteggendola nonostante il difficile contesto in cui si trova.
Una pellicola che aiuta a riflettere sulle atrocità di un conflitto armato che, nonostante il dolore, genera speranza. La regista, Mai Masri, lasciandosi ispirare da una storia vera, getta il cuore oltre l’ostacolo, testimoniando quello che – in un certo senso – è il suo marchio di fabbrica: l’impegno sociale attraverso la parola e la presenza delle donne. 3000 Nights è un esempio di come il gentil sesso possa è debba acquisire consapevolezza della propria forza. Lottare per un giusto ideale è il pretesto per il riscatto sociale.
La documentarista, per metà palestinese e per metà statunitense, è da almeno trent’anni impegnata nel dar voce a chi è senza voce. Nel logorante conflitto tra israeliani e palestinesi, Masri si colloca dalla parte del più debole – all’apparenza – costretto a subire la legge del più forte – o presunto tale. La libertà dell’uomo non può essere condizionata da opinabili scelte di interesse. La storia di Layal è l’archetipo di un progetto di vita distrutto, ma da cui è possibile ripartire per mettere insieme i cocci.
3000 Nights, con una pletora di premi e riconoscimenti – oltre 23 – tra quello del Toronto International Film Festival, è stato selezionato per rappresentare la Palestina ai Golden Globes e la Giordania agli Oscar. Un ulteriore passo in avanti per Mai Masri, che della pellicola oltre ad esserne la regista è anche sceneggiatrice. Il vessillo della battaglia in difesa dei diritti di donne e bambini si identifica perfettamente con un documento cinematografico di estrema coerenza e attualità.
Dario Cataldo