L’ultima donna è un film diretto da Marco Ferreri, con Gérard Depardieu e Ornella Muti del 1976.
Giovanni è un ingegnere in cassa integrazione che è stato lasciato dalla moglie e vive con il figlio nella grigia periferia industriale di Parigi. All’asilo del bambino conosce Valeria che, in crisi col fidanzato, inizia a frequentarlo. I due vanno a convivere, ma dopo un iniziale periodo molto felice (anche sessualmente), il rapporto scivola nella routine e si incrina senza un motivo ben preciso. In seguito ricompare l’ex moglie e Giovanni trova pure una nuova fiamma. Nel finale, Giovanni, torturato dall’impotenza psicologica a gestire la sua vita sentimentale ed accusato di fallocrazia dalle donne, si evira.
Se tracciassimo una linea ideale che va dal cinema dell’incomunicabilità di Antonioni fino ad arrivare all’ossessione e alle soluzioni radicali de L’impero dei sensi di Nagisa Oshima, questa linea passerebbe necessariamente per L’ultima donna di Marco Ferreri, uno dei suoi apologhi più feroci e provocatori. Gerard è un ingegnere a spasso per un lungo sciopero che vive in un appartamento alla periferia di Parigi assieme a suo figlio Pierino (Pierre in originale) conosce Valeria, maestra all’asilo nido di Pierre e se la porta a casa. Tra un pranzo o una cena veloci i due danno libero sfogo ai loro ormoni,quasi a far venire alla luce i loro istinti primordiali. Ma le loro personalità arrivano allo scontro totale:il maschilismo della società moderna è combattuto da Valeria che fa crescere l’ossessione di Gerard per il sesso. Fino all’evento estremo fatto con un coltello elettrico. Se ne La grande abbuffata l’ossessione primigenia era il cibo qui tutto viene spostato alla sfera sessuale. Quasi una regressione al lato istintivo e animalesco nascosto da qualche parte nel nostro io, soffocato da convenzioni sociali ineludibili. L’unico personaggio senza macchia è l’unico il cui cervello non è contaminato da altre idee che non siano i bisogni primari:è il piccolo Pierre che riesce a malapena a gattonare. Per il resto tra Gerard e Valeria è un progressivo gioco al massacro all’inizio solo metaforico.Tutto succede nell’appartamento in cui i due convivono 24 ore al giorno praticamente 7 giorni a settimana. Il loro microcosmo totalmente avulso dal resto del mondo,un mondo nel cui piccolo si devono evitare gli errori del macrocosmo che lo circonda. E la fallocrazia può essere uno di questi. Il sesso è visto sempre più come atto di prepotenza fisica,strumento di esercizio del proprio potere. E diventa sempre più chiaro che i due al di fuori del sesso hanno ben poco da dirsi.In compenso Valeria che subisce la prevaricazione fisica di Gerard attua una sorta di prevaricazione affettiva avvicinandosi e diventando figura materna anche e soprattutto per Pierre,non per Gerard. Come interpretare il gesto di Gerard? Negare il maschilismo e la fallocrazia imposte nella società odierna? Oppure una richiesta disperata di attenzione e di riavvicinamento?
L’ultima donna è fotografato magnificamente da Luciano Tovoli che spegne tutte le tonalità rendendole quasi uniformi, parte quasi dal Deserto rosso per arrivare all’Impero dei sensi. Si avvale di un ciccione sublime come Depardieu che mette a disposizione anima e soprattutto corpo per assecondare le provocazioni di Ferreri e una diafana Ornella Muti, preziosa e trasparente come un cristallo ma più dura della roccia…