Only God Forgives è attualmente disponibile su TimVision.
Julian è fuggito a Bangkok dove ha un grande centro sportivo di Thai Boxe, catena di montaggio di incontri e scommesse come copertura di un grosso traffico di droga. La madre, (una rappresentazione della Megera, erinni della mitologia classica), è a capo di una organizzazione mafiosa e torna dal primogenito Billy per rendergli giustizia. Il ragazzotto ha infatti stuprato e ucciso l’ennesima prostituta minorenne con il motto “vado a incontrare il diavolo”. Questa volta è stato giustiziato da un poliziotto con uno personale e spiccato senso del bene e del male. La signora pretende che Julian gli renda giustizia in quanto suo figlio “avrà avuto pure le sue ragioni per farlo”.
Julian è inadeguato a difendersi, a emanciparsi, a amare e la madre lo sa e glielo ripete brutalmente, sottolineando la sua invidia e il senso di inferiorità nei confronti del fratello.
Bangkok ha regole che vanno oltre la capacità di intendere e di volere.
Non c’è nulla da spiegare e poco da dire: i dialoghi sono essenziali come nei migliori film western.
Ma c’è tutto da vedere; un film asiatico fatto da un danese trapiantato in America che racconta speculativamente una tragedia familiare: una madre divorante, simbolo di qualcosa che impedisce di appropriarsi della propria esistenza; dispensatrice di ricchezza come la vita ma archetipo di valenze opposte perché la brama di potere e di soldi si arroga il diritto di vita e di morte su chiunque, perché esige una fedeltà assoluta e non tollera che qualcuno la tradisca.
Tra ricchezza e povertà
Per condurre una vita sana e innocente occorre distruggere la madre divorante che abita dentro di noi e questo Winding Refn lo racconta benissimo come faceva Tarantino con la Beatrix di Kill Bill.
Anche qui ci sono le spade e da buon jodorowskiano anche la psicomagia e qualche eredità freudiana.
Only God Forgives è una magica istallazione d’arte contemporanea sui toni del rosso inferno/sangue, blu elettrico a tratti barocco ma soprattutto minimalista, che non esita a calarsi nella tragedia di stampo greco, con ambientazione asiatica che va da Sion Sono a Kim Ki Duk, da Takeshi Miike a Park Chan Wook, da Takeshi Kitano a Tarantino.
Magistrali piani sequenza a rallenty in un film di vendetta a colpi di spada e mitra. Una fotografia ipnotica per un mondo dove l’inferno regna e “se solo Dio perdona” ormai è nietzschianamente morto.
Se l’uomo non sente, non vede e non ascolta più con la mente allora l’unica possibilità è infliggergli il dolore con il corpo che viene infilzato, assordato e accecato. Pena quest’ultima inflitta da Edipo a se stesso che si trafisse gli occhi con la spilla della moglie-madre.
Narrazione frammentata dello stello mito/complesso che non esita a recuperare Freud nel suo gioco di persecuzione, giustizia, vendetta che consentirà al figlio di liberarsi dal fardello della penetrazione materna.
Only God Forgives è la magia del cinema, emblema dell’arte contemporanea che si fa tragedia greca, mitologia, psicanalisi; si fa alienazione tra ricchezza e povertà; si fa estetica dell’orrore insanabile.
Un mondo incantato di tormento e estasi il cinema di Winding Refn; la follia della genialità, della ricerca, dell’abisso.
Beatrice Bianchini