Nel 1965 Vincente Minnelli, il celebre regista di Un americano a Parigi (1951), Gigi (1958), film che gli valse l’Oscar per la miglior regia, e Brigadoon (1954) con Gene Kelly e la splendida Cyd Charisse, realizzava il suo terz’ultimo lungometraggio, Castelli di sabbia (The sandpiper), con la collaudata coppia Taylor-Burton, un melò sceneggiato da un paio di fuori classe quali Dalton Trumbo e Michael Wilson.
Laura Reynolds (Elizabeth Taylor) è una donna anticonformista, una pittrice che vive in una casupola a ridosso della spiaggia con suo figlio, a cui impartisce un’educazione libera, completamente al di fuori degli usuali schemi. Per questo motivo viene convocata da un giudice, il quale le ordina di mandare il piccolo Danny in un istituto religioso, il cui preside è il pastore Edward Hewitt (Richard Burton), un uomo apparentemente tutto di un pezzo, molto dedito a tutte quelle attività collaterali che il suo ruolo gli impone. Sposato e padre di due figli, Hewitt accoglie il bambino, e successivamente la madre, con cui ha immediatamente un accesso alterco dovuto alla divergenza di posizioni. Eppure, l’uomo sente subito una forte attrazione nei confronti di Laura, per la folgorante bellezza e soprattutto per la libertà del suo spirito, e, sebbene sia assai legato alla moglie, cede all’impeto dei sensi, con tutta una serie di sensi di colpa che lo attanagliano e che non riesce a gestire. La travolgente storia d’amore apre scenari completamente nuovi per il religioso che è costretto a rivedere la propria vita, a interrogarsi su ciò che davvero conta per lui. Laura con sincerità, spregiudicatezza e con il suo ateismo irrompe nell’esistenza di Edward, mettendo in discussione tutto un modo di pensare che, evidentemente, necessitava di essere riformato. Gli sceneggiatori però, anziché prediligere l’una o l’altra visione (Dalton Trumbo non era di certo un uomo religioso…..), preferiscono lasciare un’atmosfera di sospensione nell’intera vicenda, laddove Hewitt, alla fine, dilaniato dalla passione per Laura e l’amore per la moglie, opta per un allontanamento da entrambe, mosso dal desiderio di ritrovare se stesso, magari – aggiungiamo noi – per operare una fruttuosa sintesi che gli consenta di rinnovarsi senza snaturarsi.
Castelli di sabbia non è il miglior film della celebre coppia, che altrove ha mostrato un più incisivo affiatamento (Chi ha paura di Virginia Wolf?, La bisbetica domata, Cleopatra), eppure Vincente Minnelli seppe fissare (siamo nel 1965) su celluloide un periodo storico significativo, facendo un’efficace ricognizione antropologica di una fase americana in cui era ancora fortemente operativa una morale censoria non disposta a mediare con le nuove istanze provenienti dal corpo sociale. Rimangono, ovviamente, i tratti distintivi del suo cinema, a cominciare dagli sgargianti colori delle scenografie – soprattutto nelle sequenze notturne – che forniscono un piacevole sfondo al melodramma che si dipana nelle circa due ore di visione. Da segnalare, infine, la presenza di un ottimo Charles Bronson nel ruolo di un artista guitto e spaccone, amico di Laura.
Pubblicato da Sinister Film e distribuito da CG Entertainment, Castelli di sabbia è disponibile in dvd, in formato 2.35:1, con audio in italiano e originale (DD 2.0 Dual Mono) con sottotitoli opzionabili. Negli extra una ricca galleria fotografica.
Luca Biscontini
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