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Mister Chocolat: la conferenza stampa

Dal 7 Aprile nelle sale Mister Chocolat, diretto da Roschdy Zem, distribuito da Videa. Il film viene presentato anche all’apertura della V edizione di Rendez-vous, appuntamento con il cinema francese. Dopo l’anteprima al Multisala Barberini, il regista ha incontrato la stampa

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Sinossi: Dal circo al teatro, dall’anonimato alla fama, l’incredibile destino del clown Chocolat (Omar Sy), il primo artista nero di Francia. Il duo, senza precedenti, che costituì con Footit (James Thierrée) divenne molto popolare nella Parigi della Belle Epoque, fino a quando questioni legate al denaro, al gioco d’azzardo e alla discriminazione razziale rovinarono la loro amicizia e la carriera di Chocolat. La straordinaria storia vera di un artista eccezionale.

Dal 7 Aprile nelle sale Mister Chocolat, diretto da Roschdy Zem, distribuito da Videa. Il film viene presentato anche all’apertura della V edizione di Rendez-vous, appuntamento con il cinema francese. Dopo l’anteprima al Multisala Barberini, il regista ha incontrato la stampa.

Roschdy Zem ha dichiarato che questo film nasce dall’incontro del cinema con uno storico francese che è andato a cercare negli archivi la storia di Rafael Padilla, nome datogli dal suo padrone, diverrà poi un uomo libero, adotterà il nome d’arte Chocolat. Sicuramente la cosa più difficile, per lui, durante la lavorazione del film è stato riprendere i vari numeri del circo: “quando ho cominciato a girare non sapevo se questi episodi avrebbero avuto un valore aggiunto o meno, è stato un po’ un azzardo. Devo dire che ci tengo molto a ringraziare James Thierrée perché è stato lui che ha costruito questi numeri circensi, che ha curato le coreografie e che ha così permesso di raccontare maggiormente la storia di Padilla e di Footit; tutto il lato spettacolare lo devo a lui.”

Gli è stato fatto notare che non ha dipinto un “santino” ma un personaggio che ha delle qualità ma anche delle sfumature negative. “Per me la cosa importante è stata cercare di raccontare Rafael Padilla evitando qualsiasi tipo di vittimizzazione, evitando di cadere nel pathos. Quando lo presento al culmine del suo successo, ho cercato anche di far dimenticare il colore della sua pelle, perché quello che mi interessava era raccontare la storia di un uomo con i suoi momenti di grandezza e con i suoi momenti di decadenza. Mi è parso importante raccontarne anche i difetti.”

Alla domanda su quanto c’è di finzione e quanto è ricostruzione fedele della vita di Chocolat, Roschdy Zem ha risposto: “Esistevano pochi elementi su Rafael Padilla; lo storico che aveva scritto il libro si era limitato a raccogliere degli articoli dell’epoca e ad analizzarli. Abbiamo dovuto trasformare la sua storia in una fiction; le cose che sapevamo erano che era stato schiavo, aveva conosciuto il successo; sapevamo che si recava effettivamente negli ospedali, che aveva vissuto una storia d’amore con una donna bianca. Abbiamo inventato alcuni aspetti: innanzitutto l’incontro con Footit che, nella realtà è avvenuto a Parigi, mentre noi li facciamo incontrare in un circo di provincia; la sua permanenza in prigione; ci è sembrato importante raccontare questa scelta di radicalizzazione, l’incontro con l’intellettuale haitiano.”

Il regista ritiene, inoltre, che sia importante il personaggio di Footit perché permette di narrare una storia d’amore, con tutto ciò che essa comporta: un dominante e un dominato, un desiderio di emancipazione; “era anche un modo per fare un’allegoria di quello che era la Francia dell’epoca e dei rapporti della Francia con lo straniero.”

Per quanto riguarda Omar Sy, Roschdy Zem pensa rappresenti un paradosso perché “è diventato, da qualche anno a questa parte, il personaggio preferito dai francesi; nel caso di Chocolat, dal punto di vista economico, avevo bisogno di qualcuno che mi permettesse di sopportare questo aspetto, per fortuna è un attore che reputo bravo e una persona che mi piace come uomo.”

Chocolat ha abbandonato, ad un certo punto della sua vita, il circo per tentare la strada del teatro; nel film Omar Sy si trova alle prese con Otello di William Shakespeare: “Era stata fatta da mostri sacri, lui aveva paura di interpretarla. Io gli ho fatto vedere l’Otello di Orson Welles, gli ho detto: «ispirati».” Gli ha chiesto di portare nel personaggio qualcosa di personale, quasi organico, non intellettuale.

Nella realtà Rafael Padilla aveva impersonato, in una pièce teatrale, Mosè ed aveva avuto problemi a memorizzare la parte. “Quando viene dileggiato dal pubblico, non si sa bene se il pubblico lo rifiuta perché è nero o se lo rifiuta perché lo ritiene un pessimo attore. Ci possiamo dare la risposta che preferiamo. Penso che il pubblico non fosse pronto a vedere quello che era un clown in un’opera classica.” Il regista chiarisce anche che il film non è un documentario, ma una fiction ispirata ad una storia vera, che riporta il suo punto di vista.

Aurora Tozzi