The Vatican Tapes è un mediocre horror demoniaco e apocalittico che costituisce l’esordio in cabina di regia di Mark Neveldine, già co-regista di Ghost Rider – Spirito di Vendetta. La pellicola è disponibile nelle sale italiane dal 7 Gennaio 2016 distribuita da Koch Media.
Sinossi. Nel giorno del suo venticinquesimo compleanno, la giovane Angela Holmes (Olivia Dudley) si taglia un dito, perde molto sangue e comincia a comportarsi in modo strano. Viene ricoverata subito in ospedale, dove, senza alcun motivo, muore un poliziotto. Le analisi non mostrano problemi fisici, eppure, la ragazza continua ad avere atteggiamenti aggressivi verso gli altri. Angela, allora, finisce in una clinica psichiatrica ma la terapia riabilitativa non funziona e, sussurrando attraverso i muri, causa la ribellione di tutti i pazienti e il loro reciproco massacro. Dopo essere stata cacciata dall’istituto, Padre Lozano (Michael Pena), inizia a temere che Angela sia posseduta da un demone e, quindi, si rivolge al Vaticano in cerca di aiuto.
Recensione. Mark Neveldine, co-regista di pellicole mediocri come Ghost Rider – Spirito di Vendetta e Gamer, viene scelto per realizzare The Vatican Tapes, un horror demoniaco e apocalittico ispirato ai grandi film di genere. Esordendo in cabina di regia, egli sceglie di rifuggire il già abusato cliché del foot-footage per introdurlo in un contesto più generale e ambiguo, in cui critica sociale, satira e sarcasmo accompagnano la parabola discendente della protagonista. Utilizzando immagini di repertorio e interviste a membri dell’alto clero che hanno avuto esperienze ravvicinate con il Diavolo, Neveldine spiega le metodologie con cui Satana sceglie le sue vittime ed entra in possesso dei loro corpi. La ragazza, infatti, porta il marchio del demonio e ne manifesta tutti i tipici atteggiamenti: comportamenti violenti, crisi compulsive e rifiuto incondizionato di ogni regola. Nonostante il regista scelga di sposare l’horror demoniaco con quello meramente apocalittico, però, i suoi citazionismi esasperati non fanno che privare l’opera di qualsiasi originalità e carattere. I personaggi sono piatti e monotoni, la sceneggiatura è scarna ed elementare e persino le ambientazioni serrate e i corridoi ostruiti, infatti, non suscitano quell’effetto claustrofobico e soffocante che sarebbe confacente all’occasione. Per tutto il corso della pellicola, Neveldine mantiene costante quell’atteggiamento strafottente e chiassoso che ha utilizzato nei suoi lavori precedenti dimenticandosi, dunque, che per realizzare un prodotto di genere veritiero, bisogna sempre prendersi sul serio.
Martina Calcabrini