Un colpo d’occhio quello di Maria Arena, la regista di Gesù è morto per i peccati degli altri, non scontato, ma attento e acuto nella misura in cui si proietta in maniera lungimirante oltre le immagini che sfilano colorate, barocche, cariche di vita, durante i novanta minuti di visione. Il quartiere S. Berillo di Catania, ultimo avamposto di un mondo raso al suolo da una politica edile miope, oltre che da un genocidio culturale senza precedenti, resiste alla normalizzazione, al processo di sussunzione del discorso capitalista. L’osceno, non in senso moralistico, ovviamente, ma inteso come ciò che resta fuori scena, trova in questo fatiscente residuo architettonico e urbanistico un naturale luogo in cui installarsi, infischiandosene di ciò che accade nel resto della città. È un altro tempo quello di S. Berillo, che non coincide con quello della civiltà del lavoro e del consumo. Prostituirsi è l’unico atto attraverso cui guadagnarsi il ‘pane quotidiano’, reiterando ostinatamente un gesto contrario al buon costume e alla ‘morale’. S. Berillo è un quartiere ‘criminale’, in cui la legge è sospesa a tempo indeterminato, un territorio che sfugge al controllo delle istituzioni e delle forze dell’ordine, una zona franca in cui trova alloggio l’eccedenza di un mondo che si oppone a qualsiasi tentativo di traduzione simbolica, come un vuoto che rimanga orgogliosamente tale, perché non vuole essere riempito.
La regia di Maria Arena è implacabile nelle misura in cui costringe l’occhio dello spettatore a indugiare sui corpi di alcune trans, tra l’altro non più giovani, con i lori volti pesantemente truccati, la loro mancanza di armonia, ma dotate di una forza interiore inesauribile, che le fa accedere a una risorsa infinita di speranza, fatalmente mancante al cosiddetto mondo normale. ‘La grazia’ scende su di loro e le redime, al di là di qualsiasi retorica di impronta cattolica, e la persistenza e la fiducia sostengono ‘miracolosamente’ un mondo che la luce fa fatica ad illuminare. Alessia, Franchina, Meri, Marcella, Santo, Totino e Wonder si supportano l’una con l’altra in un processo di mutuo soccorso sorprendente che fa invidia al decadente solipsismo della fluida società liquida che preme ai confini del quartiere più malfamato di Catania. Le difficoltà innumerevoli incontrate da ciascuna durante il corso di una vita difficile donano loro uno spessore umano raro che le eleva sensibilmente dal piattume di una contemporaneità sempre più ripiegata su se stessa e paralizzata da un latente senso di colpa. Qui la colpa viene vissuta non come un fardello di cui liberarsi o da occultare, ma come la premessa a partire da cui compiere un salto per raggiungere uno stato estatico in cui fare esperienza dell’eccedenza del sacro, un sacro che è da intendersi come precedente al tentativo di istituzionalizzazione di qualsiasi chiesa. Il lungo lavoro preparatorio di documentazione della regista produce i suoi frutti, nella misura in cui lo sguardo sui soggetti coinvolti non è mai oggettualizzante o freddamente documentaristico, ma sembra più, utilizzando le parole della stessa Maria Arena, una carezza che si posa sui loro volti, liberando tutta la grazia repressa e pulsante. Assistiamo a un’interessante scansione temporale, quella delle quattro stagioni, in quanto si è preferito restituire un respiro più ampio della vita del quartiere di Catania, cogliendo i vari protagonisti impegnati anche su altri e apparentemente inconciliabili fronti (nella fattispecie il corso per badanti a cui partecipano tutte le prostitute). E poi, infine, siamo spettatori delle sfilate dei santi che, paradossalmente, abbondano a S. Berillo, e su cui l’occhio della regista si è giustamente soffermato per sottolineare uno scarto che balza immediatamente alla vista.
Presentato alla 55esima edizione del Festival dei Popoli e al Festival Mix Milano, Gesù è morto per i peccati degli altri è ora disponibile in dvd, distribuito da CG Entertainment, e corredato da interessanti contenuti speciali, tra cui le interviste alla regista e a tutte le protagoniste del documentario. Uno sguardo vivido su un mondo in cui sacro e profano vanno a braccetto.
Luca Biscontini