E’ uscita da poco la classifica di Forbes sulle cento celebrità meglio pagate del 2014. Dopo una lunga lista di sportivi e cantanti e un incredibile numero di artisti del country americano, spuntano anche gli attori, chiaramente, tra cui i soliti noti Tom Cruise, Leonardo Dicaprio o Adam Sandler, e l’indiscusso leader Robert Downey JR.
Non è che sia così incredibile trovarci anche Jackie Chan. E’ più incredibile rendersi conto che l’attore multimilionario di Hong Kong, detiene addirittura il secondo posto nella top ten degli attori più pagati: il 2014 gli ha portato 50 milioni di dollari, che lo posizionano al 38esimo posto tra i VIP dagli stipendi più copiosi al mondo. Tuttavia, una stima dello stesso Forbes ha valutato che la rete di investimenti e attività in cui Chan è coinvolto come il prezzemolo, arriva ai 350 milioni di dollari: multiplex, linee di abbigliamento, business nella ristorazione e nel fitness, e pure una linea Segway. Senza chiaramente dimenticare la principale fonte di introito che è la sua presenza quale attore e produttore sulla piazza mondiale.
Né conferma né smentita al riguardo di quella cifra è arrivata.
Facendo un passo indietro, basta dare un’occhiata ai molteplici cambiamenti che negli ultimi anni si sono avvicendati nella carriera del capace attore di arti marziali, per capire come questa stima sia più che plausibile. Se la sua presenza era prima spopolante, adesso è quasi invasiva.
A partire dagli anni Ottanta, ha mostrato una capacità unica di passare dal film per il piccolo schermo a icona di quella arte marziale un po’ slapstick, che adesso ha ripreso vigore e serietà e si dedica solo al grande schermo: qui non si scherza più, ora Jackie fa i film con Hollywood e lavora accanto a John Cusack e Adrien Brody. Ops, chiedo scusa, volevo dire: adesso John Cusack e Adrien Brody lavorano con lui… (Dragon Blade, 2015). Neanche a dirlo, Jackie non ha mai avuto un problema in termini di censura e distribuzione, è uno tra i cocchi dello show business cinese. In altre parole, è un prodotto sicuro dell’industria cinematografica, più che mai esportabile.
Le ultime dell’anno in ordine cronologico sono state l’apertura di una sezione presso lo Shanghai International Film Festival di una Action Week che prende il suo nome e che ha la volontà di promuovere il film di cappa e spada all’orientale. E allora perché non chiamarla “arti marziali week”?? Prima di questo, l’annuncio dell’apertura della scuola di cinema a lui intitolata: si trova a Wuhan, e si chiama, ad essere precisi, The Jackie Chan Film and Television Academy of the Wuhan Institute of Design and Sciences. Amen.
Forse questa è obiettivamente una delle mosse promozionali più azzeccate, dato che il tentativo fatto con la Action Week è finito in sordina persino sui media locali, tra l’imbarazzato e il necessariamente costretto a parlare dello sfarzo un po’ pilotato dell’evento.
In realtà, quest’anno è anche un anno di premi e di nomine: avete mai sentito parlare di un datuk? Neanche io prima che Jackie Chan si pigliasse questa carica dal governo della Malesia. Dunque si tratta di un titolo onorifico, una sorta di Cavalierato, che viene conferito a chi compie atti meritevoli, in questo caso, per la Malesia. Ok, che c’entra Jackie Chan? Bè, la sua dedizione nella promozione di Kuala Lumpur (a detta del Governo malese) è rinomata…
Sarebbe stato sufficiente questo, se non fosse che in anticipo sulla Malesia, ma in ridicolo ritardo sui altri fatti che lo hanno coinvolto, Jackie è diventato ambasciatore per la lotta contra la droga per le Filippine. Peccato che questo abbia seguito a ruota la condanna del figlio Jaycee Chan per detenzione e uso di marijuana. Che burlone il destino. Nell’occhio del ciclone di paparazzi e pettegolezzi, la famiglia Chan se n’è uscita a testa alta con un sonoro mea culpa, un ambasciata per la causa, appunto, e una rasata di capelli postata sui social network. E via che si riparte con nuove produzioni!
E’ finita qui? Non del tutto. Mi piace ricordare come l’anno scorso abbia prestato la sua presenza a WildAid per una campagna per la sensibilizzazione alla tratta dell’avorio. Una buona causa a cui ha preso parte anche il Principe William, per dirne uno.
Ma, non sarebbe stato un 2015 del tutto frizzantino senza una finta dichiarazione di morte! Sì, non si sa da dove esattamente sia partita, ma al 64enne attore, che mi pare obiettivamente in gran forma, gli è stato appioppato un bell’infarto. E questa sarebbe la seconda volta, poiché gli è già successo di morire un paio di anni fa in Austria durante le riprese di un film. In Italia si dice che questo allunga la vita; di certo rende a questo autore dalle molteplici possibilità il fascino indiscusso dell’Highlander.
La sua storia, in ogni caso, è un esempio di capacità attoriale e intuito per gli affari in un’unica soluzione. E come se non bastasse, il flusso economico della macchina cinematografica cinese lo sta largamente favorendo: lui più di tutti sembra essere un po’ quel pupillo a cavallo dell’onda positiva di questa cinematografia alla ribalta. Non a caso era lui il testimonial delle Olimpiadi del 2008.
Ecco, le cifre da capogiro dei blockbuster che lo coinvolgono, si presume lo possano portare a breve a scardinare Stark-Downey JR dal suo Olimpo milionario.
Campagna WilAid
Rita Andreetti