La Casa del Cinema di Roma ha ospitato nei giorni scorsi la quarta edizione del Nordic Film Fest, nato con l’intento di promuovere il cinema e la cultura dei Paesi nordici, quali Danimarca Norvegia Svezia Finlandia e Islanda; nel pomeriggio di domenica 19 aprile il norvegese Christopher Grøndahl, sceneggiatore di Nokas, ci presenta il film, ricostruzione della più grande rapina mai avvenuta in Norvegia, scritto con attenzione ai dettagli e girato in uno stile asciutto e inquietante che molto ricorda la docu-ficiton.
Sinossi: E’ lunedì 5 aprile del 2004 quando alle ore 8 un commando di rapinatori armati di kalashnikov irrompe nel palazzo della NOKAS, il servizio nazionale di denaro contante in Norvegia, e ruba 57 milioni di corone norvegesi (pari a circa 8 milioni di euro), di cui 51 milioni non saranno mai ritrovati, nonostante l’arresto di tutti i componenti la banda di rapinatori. La rapina sarebbe dovuta durare 8 minuti, ma la difficoltà incontrate dai rapinatori nello spaccare i resistentissimi vetri anti-proiettile e l’accortezza di alcuni dipendenti della NOKAS, già in piena attività, di chiudere i cancelli dei caveau prima di rifugiarsi al piano superiore, hanno allungato la rapina a 30 minuti, al termine dei quali uno dei poliziotti resterà ucciso.
Il tempo della narrazione, circa un’ora e mezza, ricostruisce gli antefatti: la preparazione dei rapinatori che dalla notte precedente avevano messo in moto la macchina organizzativa, e le segnalazioni alla polizia della piccola cittadina norvegese di Stavanger, arrivate quella stessa mattina, con un organico decimato per le ferie di Pasqua, incapace di far fronte ad un’emergenza simile e soprattutto impreparata (convinto addirittura che si trattasse di un’esercitazione). Come spiega lo stesso sceneggiatore la Norvegia era fino ad allora una nazione innocente; le difficoltà operative e la lentezza della Polizia, chiaramente rappresentate nelle scene in cui si accorgono che i rapinatori hanno fatto esplodere un camion di fronte al posto di polizia per bloccare la strada e ritardare il loro arrivo, nascono anche da una mancanza di percezione del pericolo; mentre si preparano ad entrare in azione alcuni poliziotti si rendono conto di avere le armi scariche, poiché non erano state caricate dopo l’ultima esercitazione; mentre buona parte dei poliziotti è bloccata dall’incendio, agli unici due poliziotti in pattuglia viene ordinato di dirigersi verso la NOKAS, quasi increduli e coscienti di non avere l’attrezzatura adatta (i loro caschi sono senza visiera), a differenza del commando di rapinatori ben attrezzato, sia come armi che come abbigliamento.
Le scene iniziali a detta dello stesso Grondar possono suscitare un po’ di confusione perché lo spettatore tende ad individuare il protagonista o il gruppo di protagonisti del film, tra i rapinatori i poliziotti e gli stessi dipendenti della NOKAS; in realtà la vera protagonista del film è la rapina, in quanto evento drammatico, a cui non soltanto la NOKAS o la piccola cittadina, ma tutta la Norvegia era impreparata, e tragico, poiché uno dei poliziotti intervenuti perse la vita durante la sparatoria.
“Sicure che non sia un’esercitazione?”
Recensione: Lo sceneggiatore Christopher Grøndahl ci racconta che prima della tragedia avvenuta il 22 luglio del 2011 sull’isola di Utøya, quando un uomo travestito da poliziotto uccise 69 ragazzi tra i 14 e i 20 anni, che stavano prendendo parte ad un campo estivo, quella della rapina alla NOKAS di Stavanger era considerata la più grande tragedia mai accaduta nel suo Paese. La difficoltà incontrata durante le riprese del film, scritto e girato seguendo le ricostruzioni basate sui racconti della polizia, dei dipendenti della NOKAS e dei rapinatori in carcere (lo stesso sceneggiatore racconta delle sue lunghe peregrinazioni per andare a far loro visita nei diversi istituti di detenzione) è stata soprattutto nella rappresentazione delle azioni messe in atto dalla Polizia. Si nota nel film una lentezza, una difficoltà e soprattutto poca presa di coscienza del pericolo: già quando la rapina è un sospetto basato su dati ed elementi fondati alla stazione di polizia ci si rende conto che la telecamera della Banca Centrale è rotta e mai stata riparata e che le forze dell’ordine sono sotto organico per via delle ferie; durante l’emergenza molti dei poliziotti si rendono conto che i caricatori delle loro armi sono scarichi, quindi lasciano intendere una poca preparazione alla gestione delle emergenze; mentre il commando di rapinatori è all’interno del palazzo della NOKAS gli unici due poliziotti in pattuglia cercano, in maniera piuttosto impacciata, di evitare che qualcuno tra i passanti e gli ostaggi si faccia male, e purtroppo uno dei poliziotti resta ucciso nella sparatoria.
Il rammarico dello sceneggiatore e del regista è di aver tagliato molte scene che rappresentavano queste difficoltà operative delle forze dell’ordine; il film risale al 2010, se ne avessero dato una rappresentazione ancora più completa, forse quello che è accaduto ad Utøya avrebbe potuto avere un altro esito; è questo un punto fondamentale del cinema, non soltanto come rappresentazione del reale ma come presa di coscienza della realtà, che ci consentirebbe di comprendere gli errori e le imperfezioni e le disattenzioni che hanno generato tragedie, per evitare che queste non si ripetano. Lo stile documentaristico, che ricostruisce con un altissimo grado di precisione i fatti, gli orari e gli spostamenti, lascia spazio dopo il film proprio a queste riflessioni.
Anna Quaranta