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Miss Violence, il doppio sguardo

Turist (Force majeure) di Rubén Ostlund

Una riflessione scabrosa sulle differenze di genere, sugli istinti, compreso quello di protezione oltre che di auto conservazione. Piani sequenza sublimi rappresentano l’angoscia attraverso la quale prendono corpo i conflitti e le contraddizioni familiari fino ad assumere le sembianze di un thriller psicologico mozzafiato.

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Resort sulle Alpi francesi, settimana bianca di una famiglia svedese.

Vengono scanditi con rigore i giorni di vacanza: il  secondo giorno di sci durante la pausa pranzo una valanga minaccia il rifugio creando una situazione di panico senza provocare apparentemente alcuna conseguenza.
L’equilibrio familiare viene scosso dalla reazione del marito; dal giorno seguente la moglie  non esita a sottolinearlo.

Il tentativo di vivere il conflitto lontano dagli occhi dei figli sembra vano: i bambini sono testimoni di  tutto ed erano presenti durante il tragico evento.

Scene di discussioni imbarazzanti anche di fronte ad altre coppie reclutate ad hoc per umiliare il marito, per farlo riflettere, ammettere la propria responsabilità, riconoscere la reazione di fuga. Ore di stress e di tensione.
Come possono reagire le persone in circostanze estreme? Quali possono essere le conseguenze se imprevedibile era la risposta istintiva?
La paura e l’intensa  emozione che ne deriva è primaria e dominata dall’impulso che ha come obiettivo la sopravvivenza.

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Come possa reagire un uomo o una donna rispetto ai propri figli?

Questa è la domanda di fronte alla quale sembra porci il film di Ostlund: come una situazione simile possa minare il rapporto di coppia in modo irreversibile; come le aspettative di una donna di fronte al proprio uomo possano essere disattese soprattutto laddove questo non esiti a negare l’evidenza della  propria reazione.

Ne scaturisce una riflessione scabrosa sulle differenze di genere, sugli istinti, compreso quello di protezione oltre che di auto conservazione. Piani sequenza sublimi rappresentano l’angoscia attraverso la quale prendono corpo i conflitti e le contraddizioni familiari fino ad assumere le sembianze di un thriller psicologico mozzafiato.

Non mancano l’ironia condita di sarcasmo e elegante senso dell’assurdo, con una sottile rivisitazione finale.

Un film imprevedibile ma controllato e rigoroso in stile Haneke.

Beatrice Bianchini

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