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Crudo di Irma Immacolata Palazzo

Una volta a settimana si incontrano a casa di un’eccentrica drag queen (interpretata da un’immensa Platinette), una piacente professoressa amante dei gatti (Gianna Breil, anche produttrice del film), un vigile urbano, un impegnatissimo uomo d’affari, un parcheggiatore abusivo e il sedicente marito della professoressa

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Trama Una volta a settimana si incontrano a casa di un’eccentrica drag queen (interpretata da un’immensa Platinette), una piacente professoressa amante dei gatti (Gianna Breil, anche produttrice del film), un vigile urbano, un impegnatissimo uomo d’affari, un parcheggiatore abusivo e il sedicente marito della professoressa, uomo maturo e vizioso a caccia di emozioni (interpretato da Cosimo Cinieri). Nello stravagante bordello tutti i venerdì sera la meticolosa tenutaria ospita e dirige una messa in scena ispirata al rito giapponese Nyotaimori, che vuol dire corpo decorato di donna: in Giappone il rito prevede che uomini importanti e facoltosi consumino il pasto intorno ad una vergine nuda, il cui corpo viene decorato con il sushi. La professoressa si prepara per il rituale e il vigile, l’uomo d’affari e il parcheggiatore abusivo si dispongono attorno a lei per consumare il pasto; gli “attori” seguono lo stesso copione di sempre, coadiuvati dall’ apprendista-servitore fetish (e capo-comico) della drag queen, al quale è affidato il delicatissimo compito di fornire gli attrezzi sado-maso per le loro perversioni, al momento giusto. Tutti devono rispettare i tempi e le battute del copione, affinché il rituale si compia come ogni venerdì, procurando eccitazione e godimento al marito della professoressa, che assiste al banchetto da spettatore-voyeur e che alla fine è colui che paga.

Nel bel mezzo della rappresentazione accade un fatto gravissimo: la professoressa, che alle tre in punto avrebbe dovuto emettere un peto, se lo lascia scappare un quarto d’ora più tardo, per dare un tocco di originalità a quel rituale noioso che ormai non l’appassiona più (il flusso di coscienza a cui si abbandona durante la cena è esemplare: sul suo corpo si consumano le perversioni degli invitati e del voyeur e lei pensa a cosa mettersi l’indomani); la maitresse esce dai gangheri, perché vuole portare a termine la prestazione con professionalità e non ammette alcuna variazione proprio per non scombussolare in alcun modo le abitudini dell’ospite pagante. Archiviata la piccola variazione sul tema, la professoressa raggiunge il marito in macchina si compie l’ultimo rituale, un piccolo bisticcio coniugale che si conclude con un bacio appassionato e il pagamento dell’ennesima prestazione; e l’appuntamento al venerdì successivo.

Sul palco dell’Armarcort, la regista Irma Immacolata Palazzo e l’attore Cosimo Cinieri (presente al festival anche in qualità di giurato) raccontano di questo cortometraggio, realizzato tredici anni fa, finalista al Globo D’Oro nel 2002, nato dalla brillante commistione di più elementi; la regista era ferma in mezzo al traffico e sentì un fioraio prendere appuntamento per una dark room, le venne in mente di partire dalle perversioni per raccontare in una specie di “saggio antropologico delle perversioni dell’Italietta”; poco dopo lesse un articolo sulla pratica giapponese dello Nyotaimori e ne approfondì i dettagli. Il rito prevede che gli uomini non tocchino mai la donna mentre mangiano e che possano usare un frasario scurrile durante il banchetto. Il rito è talmente squallido che alcune delle ragazze che si prestano alla cena, sebbene ben pagate, non siano poi disposte a continuare questo lavoro.

Le perversioni di casa nostra erano e (sono) altrettanto sottili e interessanti: la Palazzo continuò le sue ricerche per scoprire che anche in Italia era possibile rintracciare luoghi dove persone all’apparenza irreprensibili si scatenavano senza freni e con la scusa della perversione mette alla berlina una malattia grave(e tenuta ben nascosta) che affligge la nostra società: l’abitudine, la farsa, gli stessi identici copioni che si compiono ogni giorno con le stesse identiche modalità. Non è la ricerca del piacere attraverso il sado-maso o il fetish che si vuole esplorare in questa opera, ma il fatto che ci inventiamo un mondo parallelo per non vedere i mostri che abbiamo dentro e coi quali non vogliamo convivere; e questo mondo è fatto semplicemente di farseschi “buongiorno!come stai??” (o di caffè presi alla stessa ora nello stesso bar e serviti alla stessa maniera!)

Un film così delicato e sottile rischiava di cadere nel ridicolo, questa era la paura più grande dell’Autrice, che ha superato brillantemente l’ostacolo grazie anche alla sua esperienza teatrale, al sodalizio artistico con Cinieri, col quale lavora da quarant’anni e ad un cast di Attori a cui la Palazzo ha chiesto di essere veri e autentici nella recitazione; il risultato è la rappresentazione della Commedia Umana dove tutto è finto e dove regna la totale ambiguità nelle identità e nelle funzioni.

La regista considera questo cortometraggio un piccolo film; è un lavoro costato circa 300 milioni di lire, che ha seguito tutte le tappe di lavorazione previste per un lungometraggio, compresa la promozione in giro per la Puglia (il film è ambientato a Molfetta); probabilmente se fosse stato un lungometraggio, non avrebbe avuto quella potenza che riesce a sprigionare nei suoi 19 minuti di durata, che, forse, deve aver colpito anche il regista Pedro Almòdovar. La Palazzo gliene aveva spedita una copia. Sarà una coincidenza, eppure in Volver del 2006 sarà proprio un peto a far sì che Raimunda, interpretata da Penelope Cruz, riconosca la madre (Carmen Maura) che non vedeva più da tanto tempo.

Anna Quaranta

 

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