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Paranormal activity

«Nelle sale italiane dal 5 febbraio, il film indipendente dell’esordiente Oren Peli, che è già riuscito nella doppia impresa di “terrorizzare l’America” (nella persona di Steven Spielberg)….»

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Nelle sale italiane dal 5 febbraio, il film indipendente dell’esordiente Oren Peli, che è già riuscito nella doppia impresa di “terrorizzare l’America” (nella persona di Steven Spielberg), e di incassare 19 milioni di dollari in patria, a fronte dei soli 15 mila spesi per auto-produrlo.

La storia è semplice: Katie e Micah si sono da poco trasferiti nella loro nuova casa, alla periferia di San Diego, quando l’entità spiritica che perseguita la giovane fin dall’infanzia torna a farsi viva, e mostra intenzioni davvero belligeranti.

Paranormal Activity s’inserisce nel munifico filone del reality movie, cercando di mostrarsi il più connesso possibile al capostipite The Blair Witch Project di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez (1999).

A dieci anni di distanza, e con pellicole come Diary of the dead (George A. Romero), [Rec] (Paco Plaza – Jaume Balagueró, 2008) e Cloverfield (Matt Reeves, 2008) che hanno lavorato sulla scia tracciata dalla strega di Blair, Oren Peli decide di rigiocarne le stesse identiche carte, sia dal punto di vista della tecnica, con telecamere tremolanti “usate” dai protagonisti che coincidono col punto di vista dello spettatore e agguerriti zoom, che da quello delle trovate pubblicitarie. Anche per Paranormal activity si sprecano, infatti, titoli di testa e di coda che invocano una veridicità assoluta dei fatti narrati, anche se poi pare che in realtà il film sia nato da alcuni eventi vissuti dal regista e dalla sua compagna, Toni Taylor (che assieme all’amico Amir Tbeda, completa la troupe una e trina che ha curato tutto l’aspetto tecnico del film).

Quello che è facile apprezzare di Paranormal Activity è il fatto di aver riportato la paura in una dimensione domestica: è la stessa casa a diventare fisicità del demone che perseguita la coppia di protagonisti, attraverso luci che si accendono e si spengono, rumori provenienti dalle pareti, cigolii delle porte e lenzuola svolazzanti. La paura dell’ignoto è ancora più accentuata, se l’ignoto vive nella nostra camera da letto.

Il problema, però, è che il film, della dura di circa novanta minuti, sarebbe potuto durare anche solo mezz’ora, riuscendo ad incutere agli spettatori le stesse ansie notturne.

La struttura dell’opera prima di Oren Peli, infatti, risente di una pedante ripetitività che ci presenta in maniera stantia venti identiche giornate vissute dalla nostra coppia: le mattine passate tra il bagno e il computer a lavarsi i denti e a parlare del fastidioso demone, e le notti sdraiati a letto a subire le angherie del maligno invisibile, che fino a buona metà del film non sono molto più che piccoli dispetti.

Resistere non è semplice, e forse neanche utile, poiché il regista decide di premiare la perseveranza dei suoi spettatori con un finale davvero deludente, che riesce a fare perdere in pochi secondi l’aura di veridicità creata, tramortendola con una trovata davvero puerile.

D’accordo, si tratta di un’opera prima, e di una produzione indie che è riuscita a scalare vette incredibili grazie al passaparola e all’interessamento di alcuni nomi noti, ma rimane da chiedersi se negli anni a venire ricorderemo Paranormal Activity come un bel film horror o come una riuscita trovata commerciale.

Luca Ruocco

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