Dal 12 al 16 febbraio 2010 al Cinema Trevi una rassegna dedicata al noto regista Elio Petri, sempre citato quando si parla di cinema di denuncia.
Il suo cinema verrà riosservato nel suo complesso, a cominciare dai primi film e dalle opere meno note.
Quando si parla di cinema di denuncia in Italia il nome di Elio Petri non manca mai, viene recitato come una litania accanto ai nomi di Francesco Rosi e Damiani Damiani, modelli ineguagliabili per chiunque cerchi di indagare la realtà con la macchina da presa ed emblemi di una stagione aggressiva del cinema italiano di fronte agli stimoli proposti dalla società. Ma questo accostamento reiterato nel tempo, destituito di ogni approfondimento critico, non giova alla figura di Petri, elevato a totem di un cinema che vanta molti tentativi di imitazione (anche e soprattutto televisivi), ma che in realtà non ha fatto proseliti. Mentre il regista merita ben altra sorte e considerazione, prescindendo anche dal cinema di denuncia.
È sufficiente vedere uno dei suoi film meno conosciuti, ma il più significativo sul piano umano, I giorni contati, parabola sul tempo che scorre, per comprendere la varietà espressiva e narrativa del cinema di questo autore, capace di trascendere la realtà con l’arma del grottesco, ma anche di cogliere con sensibilità i mutamenti sociali in atto. Bisogna ripartire proprio dai film meno noti, il film d’esordio, L’assassino, che anticipa il poliziesco, il fantascientifico La decima vittima, il pop Un tranquillo posto di campagna, l’ossessionante Buone notizie e scandagliare le evidenti differenze fra i capolavori conclamati, citati anch’essi come una litania: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in paradiso, La proprietà non è più un furto, A ciascuno il suo. Rimane inclassificabile Todo modo, uno dei film più allarmanti del cinema italiano, che a distanza di quasi trentacinque anni non siamo ancora riusciti a definire, delineare, delimitare perché la Storia, con le sue contraddittorie vicende, ha contribuito a rendere ancora più intrigato e intrigante. Il mistero del film è il mistero di un regista che, affrontando prevalentemente (e rileggendo) la realtà circostante, ha quasi sempre evitato di parlare di se stesso, eppure la sua complessa personalità, il suo travaglio interiore (raccontati poi dal suo sceneggiatore di fiducia, Ugo Pirro, nel fondamentale libro Il cinema della nostra vita) sono comunque emersi, tra le righe. Dietro la denuncia si nascondeva un uomo che non si definiva un artista, tantomeno un intellettuale, ma «un adolescente, ancora senz’arte, né parte». Adolescente fino all’ultimo, per allontanare lo spettro della morte: «Se ci penso bene, ogni cosa si fa per sfuggire all’idea della morte, per passare il tempo, perché la mente sia occupata da altro che non dall’idea, o voglia o paura, di morire».
Per info e il programma completo:
Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale