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Il quarto tipo

“Si avverte una frattura tra due anime nel lavoro di Olatunde Osunsanmi, giovane regista statunitense al suo secondo lungometraggio dopo Whitin. Da una parte, il film dichiara senza possibilità di equivoco quelle che dovrebbero…”

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Si avverte una frattura tra due anime nel lavoro di Olatunde Osunsanmi, giovane regista statunitense al suo secondo lungometraggio dopo Whitin. Da una parte, il film afferma senza possibilità di equivoco quelle che dovrebbero essere le sue vere intenzioni: Il quarto tipo si apre su Milla Jovovich che dichiara, sguardo in macchina, di rappresentare la dottoressa Abbey Tyler, una psicologa alle prese con una serie di elementi che accomunano in maniera inquietante le esperienze dei suoi pazienti, nonché la città di Nome, dove dagli anni Sessanta si verificano con regolarità suicidi, omicidi e sparizioni.

Questa volontà dichiarata è sottolineata da uno split screen oscillante, che affianca i documenti reali (le riprese delle sedute di ipnosi realizzate dalla Tyler in cui i pazienti rivivono le esperienze di rapimento da parte di alieni, ma anche “filmati della polizia”) alle stesse scene girate dagli attori del film. Non si tratta, dunque, che di una riproduzione, realizzata con l’intento di far sapere al mondo? Il dubbio viene da altre scelte, sia narrative sia stilistiche, stavolta sotterranee, operate dal regista: come l’inserimento, in punti strategici della sceneggiatura, di fatti relativi alla vita privata di Abbey Tyler. Come l’azione che permea alcune scene, quasi stridendo con la patina scientifica del film.

Scelte che allontanano dal problema e dalla formazione di un giudizio che il film vorrebbe, di nuovo dichiaratamente, libero. Inserti che fanno funzionare il film come il più classico dei thriller. Il quarto tipo riguarda più il potere della mente che il problema delle abduzioni. Quando il centro della pellicola si rivela essere la questione del “cosa si vede” (la realtà o una nostra proiezione?) e della natura dell’immagine, difficilmente può essere mantenuta una direzione di linearità intellettuale.

Annarita Guidi

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