Ai festival raramente si resta delusi dal cinema rumeno. Di certo non succede, quando è il turno di Corneliu Porumboiu e dei suoi film dalla messa in scena sobria, rigorosa, essenziale, comunque efficacissima: sin dai primissimi lavori, tra cui il mediometraggio Liviu’s Dream (Visul lui Liviu, 2004) che andrebbe assolutamente recuperato, costui si è dimostrato uno degli autori più brillanti, maturi, sia dal punto di vista stilistico che per la capacità di trasfigurare con una ironia spesso feroce le intime contraddizioni della società di appartenenza. Ma è stato col folgorante A est di Bucarest (A fost sau n-a fost?, 2006), suo primo lungometraggio vincitore della Caméra d’or a Cannes e poi distribuito anche in Italia, che la calibratissima messa a fuoco di uno sguardo problematico, sottile e beffardo sulla rivoluzione (presunta o reale) dell’89 ne ha rivelato al pubblico internazionale le enormi potenzialità.
Al Trieste Film Festival è infine arrivata, dopo il “varo” di questa estate a Locarno, l’ultima fatica del cineasta rumeno: Quando la sera scende su Bucarest o Metabolismo (Când se lasa seara peste Bucuresti sau metabolism). Dietro questo titolo kilometrico si cela un’operazione meta-cinematografica atipica, che, nello sbirciare la preparazione di un ipotetico film attraverso il filtro delle conversazioni private tra attrice principale e regista, delle scene da loro provate, dei contrasti e dei successivi riavvicinamenti, sembrerebbe limitarsi a una celebrazione sommessa (come certe dichiarazioni dello stesso Porumboiu farebbero intendere) del lavoro di cui si nutre la settima arte; e invece, scena dopo scena, sembra più che altro di assistere a una sorta di autodafé cinefilo, in cui il meta-cinema (controcanto sbiadito e volutamente anemico di quel che poteva essere, a suo tempo, Effetto notte di Truffaut) si fa veicolo di sottili ironie e di uno sguardo disincantato sugli intellettuali di oggi: pavidi, confusi, inconcludenti, fondamentalmente incapaci di dialogare con la realtà circostante e persino tra loro.
Determinante, in tal senso, è la figura del giovane regista, dai cui atteggiamenti trapela quel gioco di seduzione attuato stancamente e con modalità a dir poco deprimenti, nei confronti dell’attrice: si fatica del resto a trovare un dialogo in cui l’artificiosità degli schemi di pensiero e un certo esibizionismo dialettico, spesso fuori luogo, non vadano a minare le parole di lui; pateticamente, e nei termini di una pesantezza a volte insopportabile. Sono riprese lunghissime girate perlopiù con la camera fissa (straordinarie le sequenze dei due a tavola, dove anche il modo di affrontare la cucina orientale può essere rivelatore), la camera car o con spostamenti appena accennati, minimali, a rivelarci gradualmente la natura dei personaggi, nonché la bravura di chi li interpreta. Si può infatti dire che in Quando la sera scende su Bucarest o Metabolismo l’estetica rigorosa di Porumboiu si sposi alla perfezione con la disinvoltura e col talento naturale dei due protagonisti, Diana Avrămuţ e Bogdan Dumitrache: ennesima dimostrazione, la loro, di quanti bravi attori ci siano oggi in Romania.
Stefano Coccia