Incarna il cinema dal volto umano racchiudendo tutta la bellezza mediterranea in un solo sguardo. Occhi scuri, intensi. Lineamenti decisi. Capace di passare dal personaggio della vagabonda alla sirena in pochi minuti. E risultare sempre credibile. Lei è Giulia Petrungaro, volto noto delle serie televisive. Al suo attivo Il paradiso delle Signore, Che Dio ci aiuti, I fratelli Corsaro, Mascarìa, tanto per citarne alcuni. Al cinema l’abbiamo vista in School of mafia, dove interpreta Rosalia Mazzarò. Nell’attesa di rivederla nella terza stagione di Ninfa dormiente, (attualmente sul set), Giulia è adesso al cinema con Cercando Itaca, un film di Sergio Basso, dove è protagonista assoluta e dove interpreta ben tre personaggi.
In Cercando Itaca lei interpreta tre ruoli: Arianna la vagabonda, Arianna del mito e la sirena. Qual è stata la difficoltà nell’interpretare questi ruoli così diversi e quale ha preferito?
Dei tre quello che ho preferito e che poi mi sono portata dietro per più tempo è Arianna. È stato anche il ruolo più complesso perché è una ragazza con mille sfaccettature: è stato difficile interpretare un personaggio così diverso da me sia nel modo di pensare che di agire. Ma chiaramente il nostro mestiere è quello di interpretare un personaggio. A differenza della sirena che, invece, è stata più semplice da interpretare in quanto il grosso del lavoro erano trucco e parrucco. Difficili sono state invece le scene in acqua, anche perché ho avuto un po’ di difficoltà a tuffarmi di testa. Anzi, vorrei raccontarti a tal proposito un aneddoto divertente. Dovevo buttarmi da una scogliera e, finché interpretavo il personaggio di Arianna potevo tuffarmi a candela, da sirena invece, avendo la coda, dovevo buttarmi di testa. Ed era piuttosto complicato tant’è che, nel farlo, ho dato una spanciata incredibile! Da lì hanno pensato di tagliare il tuffo della sirena, lasciando sola la parte in cui sto sott’acqua.

Molte scene infatti sono sott’acqua. É stato difficile girarle?
Non è stato semplice, anche perché abbiamo girato in mare dove, tra l’altro, c’erano le meduse. Fortunatamente gli operatori controllavano e Maura Morales, il nostro direttore della fotografia, mi ha nominata delfino, sicuramente non per la mia agilità sott’acqua.
Com’è stato andare in giro con una capra?
Strano eh! Beh, è stato divertente, surreale, sicuramente difficile perché non è così semplice farsi ascoltare da una capretta. Ovviamente all’inizio ho avuto un po’ di paura, però accanto a me c’era il padrone dell’animale che la prendeva tutte le volte che stavamo girando. Tra l’altro avevo letto sul copione che inizialmente la capra doveva chiamarsi Giulia, come me, poi le hanno cambiato il nome. E questa cosa mi ha fatto ridere molto, ho scherzato tanto su questo con il regista.
Cercando Itaca è un viaggio affascinante, ma quale è la parte della storia che più l’ha colpita?
Sicuramente l’incontro tra due mondi completamente diversi e quindi il mito di Ulisse, che è il viaggiatore per eccellenza, con Arianna la nomade. Il loro incontro è stato davvero affascinante e pure molto romantico; entrambi avevano in comune l’obiettivo di cercare la loro Itaca.

Nel film, nella parte in cui interpreta la sirena, ci troviamo catapultati una dimensione onirica meravigliosa. Rivedendosi, che sensazione ha provato?
Mi sono sentita pienamente parte di questo sogno idilliaco, mi ci sono immersa, soprattutto quando vestivo i panni della sirena che aveva un trucco pazzesco. Anche se all’inizio, soprattutto a causa del fastidio della coda, non percepivo pienamente quell’atmosfera. Invece quando mi sono rivista al cinema ho provato una sensazione meravigliosa: quella coda, con quel trucco, circondata da quell’atmosfera surreale, sembrava davvero di stare in un sogno.
Il film è anche un omaggio visivo al patrimonio storico e culturale calabrese, che rapporto ha con la sua terra?
Arianna e io siamo molto simili, anch’io ho un rapporto conflittuale con la mia terra. Proviamo entrambe, nei confronti di essa, un amore profondo ma anche un odio disperato, perché è a causa della nostra terra se siamo andate via. Alla fine Arianna è tornata, io no. E il fatto che tutta questa bellezza, questa cultura, tutta la storia che conserva non venga sfruttata bene, mi fa ancora più rabbia.
Ma lei conosceva il parallelismo che c’è tra il personaggio che interpreta e le radici greche della Calabria o l’ha scoperto attraverso questo film?
Conoscevo qualcosa, ne avevo sentito parlare ma non avevo mai approfondito nulla. Sono nata in provincia di Cosenza dove si parlava il dialetto grecanico che, però, non mi è mai stato tramandato. Adesso sono molto più consapevole di tutto.
A proposito della lingua. Nel film lei parla sia il dialetto che il tedesco.
Conosco il dialetto calabrese ma non sono abituata a parlarlo tutti i giorni. Mi è bastato rispolverarlo, lo trovo abbastanza semplice. Per quanto riguarda invece il tedesco e il dialetto grecanico diciamo che sono stati tutti e due complicati. Fortunatamente avevo poche battute, per lo più all’inizio del film, ma riconosco che è stata difficile soprattutto la pronuncia.
Tornando a Cercando Itaca, mi racconta un aneddoto che le è rimasto impresso e si porterà dietro per sempre?
Di sicuro mi porterò dietro l’esperienza e la squadra, perché è una delle migliori troupe con cui abbia mai lavorato. Stiamo parlando non solo di professionisti ma soprattutto di belle e brave persone. É stato tutto molto divertente, non ho avvertito la fatica e posso dire con assoluta certezza che il regista Sergio Basso è eccezionale. É un uomo di una grande intelligenza e cultura. Lo definisco geniale. Maura Morales, il direttore della fotografia è una donna pazzesca, e ancora Rush e un po’ tutti gli operatori. Quindi, per rispondere alla tua domanda, è la squadra la cosa che mi è rimasta e rimarrà di più nel cuore. Oltre, ovviamente, all’aver girato nella mia terra, la Calabria, in un modo che le rende finalmente giustizia.

Lei ha nominato più volte la parola professionalità. Quanto è importante questa parola per lei e quanto è esigente verso se stessa?
La professionalità secondo me è fondamentale, senza quella non riuscirei proprio a creare un legame con qualcuno, ed è anche una cosa che pretendo da me stessa. Sono una persona molto esigente, mi reputo molto professionale sul set, poche volte mi lamento e faccio sempre quello che mi si viene richiesto anche perché io devo interpretare un personaggio, è questo il mio mestiere. Nei vari set non mi sono mai lamentata per i costumi o per i capelli, nemmeno quando magari fisicamente non mi sentivo a mio agio o non mi piacevo, perché sapevo che stavo interpretando quel determinato personaggio, non ero io. Credo che questo dia segno di grande professionalità e serietà.
In Cercando Itaca interpreta una donna forte e tenace. Non è la prima volta che lei interpreta un personaggio con queste caratteristiche. C’entra forse la sua fisicità oppure sono dei personaggi che si sente di interpretare perché le appartengono?
Questa è una domanda difficile, molto. Sinceramente non lo so, probabilmente la donna forte, istintiva e senza peli sulla lingua mi rispecchia parecchio. Sono molto determinata e do il cento per cento sempre. Ma è anche vero che, fisicamente, rappresento perfettamente la tipica donna del sud e le donne del sud sono tutte un po’ forti.
Lei ha recitato in tante serie TV. Quanto è difficile passare dalle serie tevisive al cinema?
É qualcosa di completamente diverso: sono due mondi a parte. Ti confesso che vorrei fare più cinema perché è un lavoro che amo, e per una scena si impiega molto più tempo e quindi posso lavorarci di più. Le serie, invece, sono più veloci, i tempi sono molto più limitati, devi fare bene e subito. In definitiva posso dirti che il cinema è più complicato e difficile sotto alcuni aspetti, così come le serie lo sono per altri, perché devi cogliere subito quello che dice il regista e devi lavorare in maniera più immediata.

C’è un ruolo che rincorre e un regista con il quale le piacerebbe tanto lavorare?
Sì, ma preferisco non dirlo. Per quanto riguarda il ruolo, invece, non ne ho uno preferito, mi piace sperimentare e anche quando mi è capitato di fare dei ruoli più piccoli avevano tutti un grande carattere e quindi mi sono divertita anche di più.
A che punto è arrivato, invece, il viaggio di Giulia. Ha trovato la sua Itaca?
Diciamo che non ho un punto di arrivo ben preciso, la mia Itaca ancora è molto distante da raggiungere. Forse è proprio il viaggio stesso che sto affrontando, per cui mi godo tutte le esperienze che sto facendo adesso. Non so dove mi porteranno, magari a qualcosa o a niente, però me le godo. Posso dirti però che mi sento una persona migliore e sono anche più consapevole di me stessa.
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