Le ninfe, sono esseri presenti soprattutto nella mitologia greca le quali vivono un forte panismo. Sono esseri affascinanti e ammaliatori, un po’ dispettose, sempre in contatto con l’acqua. Come le antiche ondine, hanno una voce incantevole e i loro canti si fondono con la natura che abitano. Un’antica leggenda greca, che si può approfondire leggendo il saggio di Roberto Calasso dal titolo La follia che viene dalle ninfe, narra che il primo essere con cui Apollo parlò sulla Terra fu proprio una ninfa e che il suo nome fosse Telfusa.
Le protagoniste del primo lungometraggio di Urška Djukić, regista slovena e co-sceneggiatrice di Little Trouble Girls, presentato al Bolzano Film Festival, ricordano allo spettatore, una sorta di voluta antropomorfizzazione della figura mitologica della ninfa. In particolare Lucia, protagonista della narrazione interpretata da Jara Sofija Ostan. L’attrice regala al pubblico un’interpretazione intensa sulla forza inarrestabile del desiderio erotico che travolge e scuote gli animi in età adolescenziale.
La trama e lo sviluppo del film

La trama di Little Trouble Girls si focalizza su Lucia e le sue compagne di scuola, facenti tutte parte del coro. Per prepararsi al meglio per l’esibizione di fine anno, insieme al maestro di musica, le giovani che frequentano l’istituto religioso si trasferiscono nel periodo estivo in un pittoresco monastero fuori dal caos della città.
Qui, il gruppo di ragazze, può provare in tranquillità e concedersi, ogni tanto, un bagno al fiume o qualche gita in mezzo alla natura.
Lucia viene da una famiglia molto rigida e religiosa. La madre, non le permette di truccarsi e la tratta come se fosse ancora una bambina, evitando qualsiasi argomento tabù come il sesso e la scoperta del proprio corpo. Nel gruppo del coro spicca Ana-Maria, amica di Lucia, interpretata da Mina Švajger. Fra le ragazze è quella più disinibita, e coinvolge sempre l’introversa Lucia in piccoli dispetti, come rubare la maglia a uno dei muratori che stanno sistemando la tettoia del monastero.
Il rapporto fra le due si intensifica sempre di più: da un amore platonico, si trasforma in qualcosa di più forte.
Il connubio fra eros e natura

Little Trouble Girls, il film di Urška Djukić racconta, attraverso una delicatezza disarmante, la scoperta del proprio sè e degli altri.
In un contesto religioso come il monastero, dove alle ragazze viene ripetuto spesso che il loro corpo è sacro e nessun tocco umano è paragonabile a quello di Dio, la regista mette in contrapposizione le severe leggi religiose con le leggi dionisiache della natura.
I primi piani dei fiori che si schiudono alla luce del sole, e delle api che corrono a impollinarne altri, sono tutte immagini frutto di una simbologia allegorica, che esprime come l’eros sia il principio della natura e come neanche gli esseri umani possano sfuggirgli.
Una brillante scelta registica e di scrittura si mostra proprio nella caratterizzazione del personaggio di Lucia. Inizialmente timorata da ogni pulsione sessuale che la scuote, più tempo trascorre con le sue compagne e immersa nella natura, più si sente messa costantemente alla prova, incuriosita da questi nuovi stimoli che la travolgono. Infatti, delle voci impercettibili agli altri le parlano: lo spettatore non riesce a comprendere cosa le dicano, sembrano parlare una lingua antica e misteriosa.
Lucia, di primo acchito, cerca di non ascoltare queste voci, ma più si addentra nelle maglie della natura, più diventa difficile resistere all’ascolto. Questo suo irrigidimento nei confronti delle pulsioni sessuali che prova la porta a un blocco fisico tale da impedirle di cantare come prima: la sua voce diventa flebile, quasi sussurrata.
Il fil-rouge di Little Trouble Girls è il suo simbolismo

Le giovani ragazze del coro di Little Trouble Girls affrontano la scoperta del proprio corpo ogni giorno, attraverso diverse dinamiche.
Durante il corso della narrazione, nella protagonista inizia a instaurarsi una forte dicotomia: da una parte è terrorizzata dalle sue pulsioni erotiche, dall’altra, ogni giorno che passa, il desiderio di esprimere la propria sessualità si fa sempre più forte. Il film esplora questa metamorfosi da fanciulla a ninfa, attraverso una forte chiave simbolica che restituisce al lungometraggio una narrazione poetica e profonda.
La mano amputata della statua della Vergine Maria, nell’atrio del monastero, è un ammonimento. Tutte le mani che sfiorano il proprio, o il corpo altrui, devono essere amputate.
Il ponte del diavolo, che collega la cittadina dove si trova il monastero di Little Trouble Girls, è stato soprannominato così in quanto, durante la sua costruzione, per evitare che crollasse, furono date in sacrificio delle donne vergini al fiume, di modo che tempeste ed esondazioni non potessero distruggerlo mai.
Il simbolismo religioso, così severo e oscuro, si scontra con la natura, l’altra faccia della medaglia del film. Essa è così forte e potente che richiama a sè Lucia, in ogni momento. In questo racconto incantevole sulle difficoltà e sulle metamorfosi che caratterizzano l’adolescenza — il periodo più intenso della vita di ognuno di noi — il bisogno di sentire e di scoprire se stessi si rivela più forte di qualsiasi tabù.