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Bolzano Film Festival

‘Peacock’ di Bernhard Wenger: l’apatia del pavone borghese

La tragica commedia di Bernhard Wenger con humour spregiudicato entra in sistemi complessi della nostra società per darne un ritratto crudo e spietato. Il regista posiziona la macchina in maniera sapiente cercando di carpire sprazzi di umanità e imprevedibilità in ambienti sfarzosi e privi di senso

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Tra le opere in cartellone della 38° edizione del Bolzano Film Festival, dal 4 al 13 aprile, c’è anche Peacock. Il lungometraggio d’esordio del regista austriaco Bernhard Wenger è stato selezionato in concorso alla 39° edizione della Settimana della Critica di Venezia, definito dalla direttrice artistica Beatrice Fiorentino come

“La tragedia di un uomo ridicolo. La sua crescente consapevolezza e l’inevitabile realizzazione di un’amara verità: la vita è finzione, apparenza e vanità”.

Peacock rientra in quel filone di recenti film europei, come Sick of Myself o Triangle of Sadness, che con humour spregiudicato entra in sistemi complessi della nostra società per darne un ritratto crudo e spietato. Si sentono forti anche gli echi del regista greco Yorgos Lanthimos e del suo perturbante cinema. Il tipo di humour con cui lavora il regista è sottile, bizzarro, laconico, lo stesso Wenger dichiara di ispirarsi al cinema di Jacques Tati, regista francese in cui la chiave comica è visuale più che dialogica. Così, per Bernhard Wenger la messa in scena, l’art design e i costumi sono parti essenziali per la creazione di quell’equilibrio tra cinema artistico e umoristico.

La stravagante noia della borghesia da salotto

Il protagonista di questa opera tragicomica è Matthias. Matthias è un maestro nella sua professione. Avete bisogno di un fidanzato colto per far colpo sui vostri amici? Di un figlio perfetto per influenzare l’opinione che hanno di voi i vostri partner commerciali? O forse solo di un interlocutore per fare le prove di una conversazione difficile? Qualunque sia la vostra necessità, Matthias può essere ingaggiato grazie all’agenzia Rent-A-Friend. Pur eccellendo ogni giorno nell’arte di dissimulare, si scopre presto che la sua vera sfida è essere sé stesso e vivere pienamente al di fuori dalla carriera, “Sei troppo finto” gli dice la fidanzata lasciandolo.

Per il suo Peacock, il giovane regista Bernhard Wenger si è ispirato al reale fenomeno delle agenzie Rent-A-Friend “affitta un amico” molto diffuse in Giappone, dove il tema dell’isolamento e della solitudine è particolarmente sentito. Venuto a conoscenza di questa pratica grazie a un articolo del 2014, quattro anni dopo Wenger decide di volare in Giappone per incontrare i dipendenti di queste agenzie e da lì partire con lo sviluppo della sceneggiatura.

Il risultato è un racconto ironico ma spregevole dell’odierna umanità, in particolare della borghesia da salotto. Quando il tuo mestiere è portare in scena un personaggio sul palco della vita reale, come puoi affrontare autenticamente lo stesso palco finito il turno di lavoro? E cosa ci dice di coloro i quali si servono di questo servizio? L’incomunicabilità, la solitudine e la brama di perfezione apparente sono ormai così radicate nella società da essere diventate merci sfruttabili dal capitalismo?

Da “bambino vero” a macchina

Il protagonista, interpretato splendidamente da Albrecht Schuch, è un disilluso. Un personaggio così schiacciato dall’apatia che nel corso del film si finisce a tifare per lui e per la sua emancipazione, si aspetta pazientemente il confluire di quella costante pressione in un’esplosione vera, sincera, distruttiva. L’attore, infatti, ha rivelato che per “scrollarsi di dosso l’immobilità di Matthias” è andato a ballare dopo le prime riprese e di aver pensato al film Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher durante la conversazione con Bernhard Wenger.

“L’apertura, la curiosità e l’assenza di giudizio del protagonista di Lazzaro Felice hanno trasformato la mia visione personale della mancanza di personalità di Matthias in qualcosa di positivo e più leggero, credo.”

Partendo dal trope della fiaba di Pinocchio, la cinematografia con il genere distopico ha spesso narrato delle macchine che sperimentano sentimenti umani: la rabbia, l’amore, il desiderio di libertà, la ribellione. Dal computer HAL 9000 di 2001: Odissea nello spazio passando ai replicanti di Blade Runner, fino ad arrivare alle riflessioni di Her ed Ex Machina o al recentissimo Companion di Drew Hancock. In Peacock, invece, assistiamo al processo contrario: un uomo incastrato così perfettamente nell’ingranaggio capitalistico da non essere più in grado di sviluppare emozioni, un uomo diventato macchina incapace di tornare “un bambino vero”. Matthias parrebbe non avere proprio gli strumenti per riconnettersi ad un’autenticità personale e collettiva, ricorrendo quindi a un goffo tentativo di soluzione utilizzando l’unica cosa che ormai gli è familiare: la messa in scena.

La ruota del pavone

Peacock mostra la realtà fittizia della nostra quotidianità con uno sguardo meticoloso. Wegner posiziona la macchina in maniera sapiente cercando di carpire sprazzi di umanità e imprevedibilità in ambienti sfarzosi o asettici, come la casa di design del protagonista: rappresentazione di uno spazio all’apparenza impeccabile ma privo di anima e senso. Insieme, una recitazione asciutta e grottesca in situazioni imprevedibili che mantengono lo spettatore in tensione durante tutto il minutaggio dell’opera.

Il pavone (in inglese appunto peacock) che sovente viene anche mostrato, cosa rappresenta quindi? Una metafora visiva (come quella della golf cart in fiamme che apre il film) delle condizioni in cui versa la classe sociale analizzata da Peacock? Forse è la briciola di bellezza e spontaneità rimasta in un mondo appiattito da un consumismo che ci vuole in una costante performance. Magari è la scintilla da cui parte il cortocircuito che risveglia le coscienze borghesi. Forse, ancora, i pavoni siamo noi, immersi in un contesto che non ci appartiene più, ossessionati dal mostrarci a vicenda la ruota più bella che possiamo sfoggiare.

Peacock

  • Anno: 2024
  • Durata: 102 minuti
  • Distribuzione: I Wonder
  • Genere: Commedia
  • Nazionalita: Austria/Germania
  • Regia: Bernhard Wenger