Al Florence Korea Film FestivalThe Yellow Sea, (2010) l’oscuro thriller del regista sudcoreano Na Hong-jin, si sviluppa tra la violenza pura e la solitudine disperata di un uomo intrappolato in un piano criminoso più grande di lui.
Tra inseguimenti mozzafiato, violenza cruda e una tensione narrativa che non lascia respiro, la pellicola assume presto le fattezze di un classico action dove il protagonista si trova a fronteggiare un destino avverso e spietato.
Interpreti Cheol-min Lee, Jo Sung-ha, Jung-woo Ha, Kim Yoon-seok
Gu-nam, tassista in una provincia autonoma coreana nel nord della Cina, vive con la spada di damocle di un debito crescente, abbandonato persino dalla moglie, scappata in Corea. Inizia a giocare d’azzardo per recuperare qualche soldo, ma finisce sempre per perdere. Un giorno gli viene offerto di uccidere qualcuno in Corea, per ripagare interamente il debito. Disperato accetta ma, appena arrivato, viene inseguito dalla polizia accusato di un delitto che non ha commesso. Gun-nam capisce di essere stato incastrato, ma con i poliziotti alle calcagna ed inseguito anche da un misterioso killer professionista, sbrogliare la matassa sarà complicato.
The Yellow Seasi sviluppa come un thriller avvincente, pieno di colpi di scena e imprevisti, ma anche con una narrazione che affronta tematiche più complesse come l’identità e le disuguaglianze sociali.
Na Hong-jin
Na Hong-jin è un nome che risuona forte nel panorama del cinema sudcoreano. Nato nel 1974, Na si è affermato come uno dei registi più promettenti e audaci del panorama internazionale. Il suo esordio, The Chaser (2008), è stato un successo acclamato, che gli è valso il riconoscimento internazionale grazie alla miscela di thriller, violenza e una critica alla società sudcoreana. Con The Yellow Sea, il regista conferma il suo talento nel creare trame piene di suspense, ma anche la sua capacità di rappresentare l’animo umano e i suoi lati più oscuri.
Nel corso della sua carriera, Na ha continuato a esplorare tematiche complesse legate alla violenza, alla moralità e alla lotta individuale. The Yellow Sea non è da meno in questo, non solo per la sua regia impeccabile, ma anche per la profondità con cui tratta il contesto sociale in cui i suoi personaggi si muovono.
In The Yellow Sea, Na non si limita a raccontare una storia di vendetta e sopravvivenza, ma esplora anche le tensioni etniche e culturali tra i Joseonjok, una minoranza etnica coreano-cinese che vive nella zona di confine tra la Corea del Nord, la Cina e la Russia. Gu-nam, il protagonista, appartiene a questa comunità, che è discriminata tanto dal governo cinese quanto dalla popolazione coreana, incapace di comprenderne il dialetto. Il film, attraverso il suo personaggio, tenta di mettere in luce una realtà che pochi conoscono, ma purtroppo non approfondisce appieno la questione.
La Violenza e la Solitudine nel Mondo di Gu-nam
La violenza è un tema ricorrente nelle opere di Na Hong-jin, e The Yellow Sea non fa eccezione. Il film è intriso di scene crude e spettacolari, alcune delle quali sono tra le più scioccanti e realistiche nel panorama del cinema thriller. La violenza, però, non è mai fine a se stessa. Ogni atto di brutalità è funzionale alla narrazione, evidenziando la disperazione del protagonista e l’ambiente opprimente in cui è costretto a vivere.
Nel contesto del film, la solitudine di Gu-nam emerge come un tema centrale. Il suo viaggio non è solo fisico, ma anche psicologico, mentre si rende conto che, nonostante la sua volontà di sopravvivere e proteggere la sua famiglia, il mondo intorno a lui è troppo grande e violento per essere controllato. La sua fuga attraverso una serie di situazioni sempre più pericolose sottolinea il fallimento della sua speranza iniziale di riunirsi con la moglie, che diventa sempre più un sogno irraggiungibile.
Un Film che Sfida le Convenzioni
Il film presenta alcuni difetti: la narrazione, che inizia con una forza incredibile, si perde in alcune sotto-trame che, purtroppo, non arricchiscono la storia principale, ma la diluiscono. L’accumulo di sequenze spettacolari, benché affascinanti, tende a rendere il film poco incisivo .
Inoltre, purtroppo, l’approfondimento politico rimane parziale. Se la scelta di inserire questa tematica rappresentava una delle intuizioni più affascinanti del film, viene tralasciata a favore di una trama più generica e più centrata sulla violenza e sull’azione, lasciando un senso di incompiutezza, che non da espressione al potenziale del film.
The Yellow Sea è dunque un thriller di grande impatto, che conferma le straordinarie capacità registiche di Na Hong-jin, ma che, purtroppo, non riesce a raggiungere i livelli dei film precedenti. La violenza, il ritmo e le scelte stilistiche rimangono forti, ma il film soffre di alcune eccessive digressioni.