Mikey Madison, la stupenda Anora di Sean Baker, è la vincitrice del Premio Oscar come miglior attrice. Ciò suggerisce una domanda e una conseguente risposta al talento mostrato dalla venticinquenne Mikey. Anora è una spogliarellista, una ragazza dei suoi tempi, scavata e schiava della vita in cui è rinchiusa e la cui arma è il sesso-strumento con cui vuole far capitolare l’ingenuo figlio dell’oligarca russo. Tutto nella sua interpretazione, a partire dalle movenze lussuriose della pratica sessuale, iscriverebbero Mikey Madison nell’oggettivizzazione della donna dedita al sesso come via di fuga dalla propria precarietà esistenziale.
Mikey Madison in Anora
Anora/Madison invece, contrastando la sua estetica spicciola, si configura come un oggetto culturale dando significato all’atto sessuale come speranza, via di fuga e infine girl power altamente personale. La sua Anora compie un perfetto viaggio dell’eroina riuscendo a fare tutto quello che la Parthenope di Paolo Sorrentino non riesce a fare. Trasformandosi da macchina sessuale ad un’amara constatazione di come alla fine le donne, attingendo alla propria identità femminile, possono ritagliarsi il proprio posto nel mondo.
Il soggetto culturale e il monomito bakeriano – Mikey Madison
Nell’anno che ci ha lasciato siamo stati sommersi da visioni femminili e femministe nel flusso esasperante di fornire allo spettatore una visione di donna coraggiosa, indipendente e autonoma; Demi Moore nell’horror The Substance rincorre la fama prigioniera dell’eterna bellezza, Celeste Della Porta, nel film di Sorrentino, si affanna continuamente nel suo viaggio di distaccamento dal frivolo oggetto-donna. A prescindere dalle considerazioni personali, nessuno dei suddetti casi riesce come Mikey Madison ad identificarsi come oggetto culturale. La sua Anora è un’eroina che fin da subito non vuole essere solo un corpo; la sua missione, prima del mutamento della sua vita, è dotarsi di una fisionomia che faccia riflettere la propria estetica oltre ogni stereotipo.
La spogliarellista del film di Baker ha una membrana, un aspetto che è sempre suscettibile alla sua metamorfosi. E se è chiaro come Anora sfrutti la propria avvenenza come unica merce di scambio, ciò che emerge dal percorso della protagonista è un significato culturale spinto dal tratto psicologico del suo personaggio. Mikey Madison è un oggetto, un involucro che costantemente suggerisce una trasformazione, un segno predisposto ad un significato ulteriore. La scrittura di Baker in questo è essenziale nel character-driven che muove le danze della narrazione; Anora gioca continuamente col comico e col drammatico, due parametri valoriali fondamentali per trasportare l’oggetto sessuale a soggetto culturale.
La disillusione dell’eroina infelice – Mikey Madison
La Madison nel primo atto è una macchina del sesso, nel secondo la sposa momentanea, nel terzo l’innamorata tradita che vede svanire i propri sogni di metamorfosi dell’esistenza. Tappe dell’ heroine’s journey che spostano il piano sessuale ad uno emotivo definendo una dinamica culturale di un oggetto in grado di affermarsi come il suo contrario. In ciò Sean Baker attinge al proprio monomito femminile che abbiamo conosciuto in opere come Tangerine e Un sogno chiamato Florida. Anche in Anora l’atmosfera sessuale è la spazialità del sogno americano illusorio, decostruito, piegato al mantenimento di una situazione di partenza che però non è mai tale. Ecco perché i personaggi femminili di Baker non sono mai alla fine del viaggio simili all’andata: è il proprio viaggio interiore che radicalizza la trasformazione culturale di un oggetto che ha finito il suo corso materiale.
La donna mobile nell’Ozymandias di Brooklyn
Sono i dollari che muovono l’America, secondo Baker; così come la storia di Anora, tra rom-com, commedia e dramma, viene attivata dalla mobilità di Mikey Madison. Anora è completamente dipendente dall’agnizione della sua protagonista; ogni primo piano e passaggio di steadycam sono monopolizzati da un improvviso riconoscimento del personaggio di Anora. Sia nella commedia romantica che nella situation comedyMikey Madison fa sua la tragedia greca di Baker.
È una Medea nella sua scaltrezza nell’adattare il sesso all’opportunità. Un’Antigone per come difende disperatamente il dentro, l’illusorio matrimonio, con l’esterno della sua vita, la precarietà del suo status da spogliarellista. E nella parte grezza e sporca di Brooklyn, Brighton Beach, Anora riflette la parabola discendente del celebre sonetto di Percy Bysshe Shelley; come Ozymandias o Walter White in Breaking Bad, l’alterego di Mikey Madison perde tutto mentre ha tutto, credendo di possedere l’uomo ma sottovalutando la potenza del denaro che tutto travalica e sconfigge, compreso l’amore.
Anora e la metamorfosi culturale
Ed è proprio nella mobilità dell’agnizione che la performance della Madison prende vita nella sua forma più attiva e versatile. Nelle tre fasi del film (il sogno, la speranza di riaverlo e la sua perdita) la Madison plasma il dramma e lo trasforma in realtà. Consapevole di perdere tutto, Anora si attacca con ferocia alla nuova vita, desiderosa di non scendere a patti con nessuno e mantenendo la fiamma accesa che conduce alla felicita che nel suo caso non arriverà mai. L’attrice americana non è come Julia Roberts in Pretty Woman, un soprammobile romantico in attesa che il suo principe le dia il consenso per essere felice. La nuova vita che desidera Madison/Anora dipende da quanti sforzi la protagonista del film di Baker faccia per attaccarsi al futuro. È il suo heroine’s journey, tagliente e introspettivo, che la rende capace di impersonificare il sogno distrutto dell’American Dream.
Mikey Madison nel finale termina la sua metamorfosi come oggetto culturale, trattando il sesso come sfogo emotivo della fine corsa. E ciò rappresenta il merito maggiore della Madison: attaccarsi con le unghie e con i denti ad una vita che è volata via.