Tra gli oltre trenta film proposti dall’ultima edizione del Rome International Documentary Festival, merita un particolare interesse l’ultima fatica cinematografica, ideata e diretta da Adele Tulli, Real, premio Miglior progetto agli Atelier del Milano Film Network 2023 e Prix du Jury del Festival del Cinema di Villa Medici Roma 2024. Film prodotto da Pepito Produzioni, FilmAffair, Les Films D’Ici , RAI Cinema e Luce Cinecittà.
Il visuale diventa linguaggio in una rivoluzione che scatena una profonda riflessione sulla contemporaneità del digitale.
Real: l’identità tra realtà e virtuale
Un viaggio, visionario e coinvolgente, nel mondo della rete. Un multiverso digitale parallelo, dove ogni cosa è resa attraverso la fisica dell’ossigeno, del carbonio e della logica del bit. Un documentario creativo che esplora la trasformazione dell’esperienza umana nell’era del digitale. I protagonisti -umani, robotici, virtuali – sono alle prese con relazioni, automatizzate e sorvegliate, del futuro.

La disarticolazione della narrazione lineare
“Frammentare la narrazione lineare per generare l’attivazione di un ragionamento”.
Con questi termini, durante la masterclass tenuta da Adele Tulli nella cornice della terza edizione del Rome International Documentary Festival, la regista descrive il suo metodo di lavoro con la macchina cinema. Una prassi già espressa in modo sufficiente in Normal, suo precedente film, dove attraverso la frammentazione narrativa mostra una serie di stereotipi sull’essere femminile e maschile del presente.
In Real, invece, la regista si concentra su un altro aspetto centrale della contemporaneità: il rapporto dell’essere umano con la realtà digitale della rete. Un tema attualismo, visto i continui sviluppi che si succedono nel campo dell’innovazioni tecnologiche, sempre più basate sull’intelligenza artificiale e del multiverso che, da luogo virtuale, si muta in uno spazio reale, in cui gli esseri umani diventano utenti, conservando e creando nuove relazioni sociali.
La questione viene affrontata disarticolando la classica narrazione lineare. Adele Tulli sceglie di realizzare una scrittura filmica a mosaico, giungendo a un racconto caleidoscopico che trova la sua unità nella soggettività dell’autrice che, nonostante l’oggettività dell’occhio, o, meglio dire, occhi elettronici che la circondano e ci circondano, non va persa.

Adele Tulli
Real e il film saggio
Narrare e raccontare sono azioni certamente mutuati dalla letteratura che nel cinema hanno trovato una propria corrispondenza attraverso le immagini. E sempre dalla parola scritta l’ultimo lavoro di Adele Tulli conquista, seppur con qualche cautela, una propria collocazione nel film saggio. Un macro – genere fluido, con confini mutabili, dove la riflessione, a prima vista oggettiva, scatena diversi interrogativi, spingendosi così nell’intimità della materia affrontata e nell’esclusivo pensiero del suo autore.
Un terreno minato, quello del video saggio, dove Adele Tulli agisce in modo disinvolto, con alle spalle l’esperienza di Normal. Ma in Real lo stile e la poetica della regista, e perché no, della saggista, trovano una maggiore maturità, sfruttando il mezzo espressivo del cinema per realizzare un’opera, che per usare le parole del critico Phillip Lopate, si configura come una bestia mitologica. Un’unione tra film e genere letterario, appunto il saggio che, a differenza del romanzo, con più difficoltà trova la sua naturale corrispondenza sul grande schermo. Ma continuando a scomodare i mostri sacri della critica cinematografica, definire il video saggio non è un’operazione semplice. Ma questo, secondo Adriano Aprà è un bene, il campo d’indagine deve restare aperto, perché non si tratta di definire un nuovo genere, ma di riconoscere una rivoluzione linguistica. E Adele Tulli, con Real compie la sua rivoluzione.

L’esistenza si frammenta
Il film scardina le convenzioni, infrange le regole, demolisce la rappresentazione filmica classica, per ricostruire un nuovo cinema che si interroga sulla sua natura e sulle proprie potenzialità che, con l’avvento del digitale, diventano innumerevoli, se non infinite. È proprio con le nuove tecnologie, che il film saggio, secondo Alexander Astruc, critico e regista di La caduta della casa di Usher, stringe un fortissimo legame.
Da questo legame Adele Tulli ci offre la suggestiva possibilità di partecipare al coinvolgente viaggio in un futuro già esistente che, per la sua innovativa natura, si è imposto nella nostra quotidianità in modo repentino.
L’esistenza reale si frammenta nelle testimonianze vissute in Real, come quella del rider o della camgirl, che utilizzano le piattaforme di Yutube e Only Fan per affermare il proprio essere in una formula del tutto riconducibile all’epoca del digitale. Un preludio che precede il varco della soglia della vera Virtual Reality, la piattaforma VRCHAT, dove gli esseri umani agiscono e allacciano relazioni sociali attraverso la creazione di avatar. Un mondo virtuale che diventa visivamente tangibile tramite un drone digitale che restituisce un mondo che riordina la concezione di reale.
Oggettività e soggettività
È qui che la riflessione di Adele Tulli ci offre la sua raffinata tesi, ponendosi e ponendoci un intrigante interrogativo sulla realtà che, sempre più frequentemente, emigra su una configurazione virtuale. È pur sempre esistenza? La risposta non può che essere affermativa.
Con l’epoca digitale il reale e il virtuale si ibridano, come il cinema e la letteratura nella formula del film saggio di Real. La regista evita di utilizzare la voce over e lascia alla potenza delle immagini, a volte di repertorio del meta – archivio della rete, per trarre le proprie conclusioni. Dando spazio, ancora una volta, alla frammentarietà nella diversa natura degli inserti visivi, che vanno dall’uso di drone, alla ricostruzione di uno spazio irreale, dove esistenze concrete trovano la propria vera identità, sociale, fisica, emozionale e sessuale.
La riflessione del concetto di reale e virtuale nasce oggettivamente ma, poi, trova la sua ideale connotazione nella soggettività dell’autrice che attraverso il proprio corpo espone un mondo fatto di esistenze reali, in un discorso che abbraccia l’idea di materialità e immaterialità, come l’acqua che torna in una forma di ossessione allucinante, sentore di una riflessione solida su una materia in continua evoluzione e per questo mutabile.
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