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‘I due volti della vendetta’: stravagante e unico western di Brando

Unica regia del Divo americano, che realizza un'opera personale. C'è chi la considera un must, e chi un film malriuscito

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Unica regia del Divo Marlon Brando, I due volti della vendetta (One-Eyed Jacks, 1961) è un western particolare rispetto al genere. Un’opera che ha estimatori, per quelle peculiarità che lo differenziano, e detrattori, perché è ritenuta una pellicola squilibrata e con un marcato gigionismo di Brando.

Però I due volti della vendetta diviene opera intrigante anche – e forse soprattutto – per la fase di pre-produzione, quando per la sceneggiatura furono ingaggiati Sam Peckinpah e Stanley Kubrick; E in seguito altri registi.

I due volti della vendetta, la trama

Fine Ottocento, Sonora (Messico). Dad Longworth (Karl Malden) e Rio Kid (Marlon Brando) sono due rapinatori di lunga amicizia.  Quando si trovano accerchiati dai rurales, dopo un colpo andato a segno, Rio spinge l’amico a cercare aiuto, mentre lui proverà a tener testa all’assedio. Dad, trovatosi solo con l’intero bottino, abbandona il compagno, che sarà arrestato e costretto a cinque anni di prigione.

Evaso e con voglia di vendetta, Rio si mette sulle tracce dell’ex amico, e scopre che è diventato sceriffo di Monterey (California).

Da Sam Peckinpah a Marlon Brando, passando per Stanley Kubrick

Il film è tratto dal romanzo The Authentic Death of Hendry Jones di Charles Neider, di cui Brando aveva acquistato i diritti. Testo che s’ispirava alla leggenda di Billy The Kid e Pat Garrett. Le prime fasi di scrittura avvennero nel 1957, quando fu contattato Peckinpah, a quel tempo ancora regista televisivo ma già apprezzato per le sue sprezzanti regie.

Consegnata la prima stesura, Brando propose a Kubrick di dirigere il film, e anche di revisionare la prima bozza di sceneggiatura. In questo lavoro di riesame, fu coinvolto anche il drammaturgo Calder Willingham. Proficui incontri di riscrittura, e anche di gioco (poker, scacchi o domino), che però naufragarono. Sin dall’inizio Brando era intenzionato a dirigere il film. Peckinpah o Kubrick sarebbero stati, per lui, soltanto degli abili esecutori. E non a caso Elia Kazan e Sidney Lumet, contattati anch’essi, rifiutarono, conoscendo già le bizze del Divo.

Della sceneggiatura primigenia di Peckinpah rimangono soltanto due scene: l’accerchiamento dei rurales e l’ex amico divenuto sceriffo, che il regista userà ne Il mucchio selvaggio (The Wild Bunch, 1969). Oltre a recuperare il plot per l’elegiaco Pat Garrett e Billy the Kid (Pat Garrett and Billy the Kid, 1973).

Mentre l’apporto di Kubrick al film è meno chiaro. Da alcune testimonianze il suo contributo si è fermato soltanto alla sceneggiatura, dall’altro pare abbia girato anche alcune scene, come ad esempio la prima sequenza.

I due volti della vendetta e il western

Il passaggio di Marlon Brando dietro la macchina da presa non è soltanto per alimentare il proprio ego, e sfruttare il suo momento d’oro nella Mecca del Cinema, ma per innestare in un genere ben codificato tematiche a lui care. E ha trovato nel romanzo di Neider una valida base. Su questa narrazione western, completa di tutti i topoi, l’attore/autore vi inserisce il tema edipico.

Come si evince dai nomi dei due personaggi, l’anziano Dad è per il giovane Kid come un padre. Una figura paterna che lo ha aiutato nei momenti di difficoltà e gli ha dato ausilio. Il tradimento di Dad diviene per Rio una lacerazione sentimentale da sanare. E la vendetta di Rio non è tanto per il bottino rubato, o finanche per averlo lasciato in mano ai rurales, ma per l’abbandono dopo tanti anni passati assieme allegramente.

E la vendetta covata si manifesta, secondo l’estetica di Brando, con scene masochiste, violente e maschiliste, elementi rari nel cinema di allora. Di converso, I due volti della vendetta ha anche momenti lirici, ossia quando Rio riacquista l’uso della mano con tecniche orientali (non a caso la convalescenza avviene in un paese di pescatori cinesi). Altro elemento inedito nel western, ma presente nella filmografia di Brando: La casa da tè alla luna d’agosto (The Teahouse of the August Moon, 1956) di Delbert Mann, e Sayonara (1957) di Joshua Logan. E successivamente il fallimentare Missione in Oriente – Il brutto americano (The Ugly American, 1963) di George Englund.

Probabilmente gli squilibri narrativi sono causati anche dal drastico taglio che la pellicola ha subito. Inizialmente di ben 282 minuti, ha attualmente una lunghezza di 141 minuti. E Brando, attraverso quella durata mastodontica, certamente cercava di rendere più epico il racconto di un’amicizia tradita. Con sullo sfondo una società che stava cambiando.

Brando e il western

Quasi tutti i Divi americani hanno interpretato un western. Un passaggio d’obbligo per un genere che è alla base della storia degli Stati Uniti. Mito e realtà si confondono, e usualmente è la leggenda ha resistere, come ben ha mostrato L’uomo che uccise Liberty Valance (The Man Who Shot Liberty Valance, 1962) di John Ford. Opera che è il canto del cigno della fine di un’epoca (del genere e del Far West in sé).

E tra gli attori che si sono cimentati con il Western, c’è chi ha reso bene, rendendo certi personaggi mitici, e chi invece non aveva il phisique du role. Tra questi Marlon Brando stesso. Interprete di altri due film: A sud-ovest di Sonora (The Appaloosa, 1966) di Sidney J. Furie e Missouri (The Missouri Breaks, 1976) di Arthur Penn, Brando ha sempre ecceduto in gigionismo.

Ne I due volti della vendetta il suo narcisismo attoriale scaturisce sia perché non ha un regista che lo frena, e sia perché era all’apice della sua carriera. Non a caso che con l’insuccesso di questa sua regia avrà quasi un decennio di oblio, prendendo parte a pellicole meno incisive rispetto a quelle del decennio precedente.

I due volti della vendetta

  • Anno: 1961
  • Durata: 141 minuti
  • Genere: western
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: Marlon Brando

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