Il viaggio di formazione di 4 ragazzi “particolari”, verso l’affermazione di se stessi e l’accettazione delle proprie differenze. 4 ragazzi, 4 patologie, 4 giorni di viaggio. Uno spettacolare e divertente percorso che, attraverso l’Italia, la campagna francese, la Spagna, li porterà ad Ibiza, la capitale del divertimento.
Dopo l’horror Visions, il regista Luigi Cecinelli filma questo road movie in chiave giovanilistica, partendo da un soggetto davvero interessante.
La fuga da una clinica privata, verso Ibiza, di quattro giovani affetti da varie patologie psicofisiche. Il narcolettico Mattia (Guglielmo Amendola), l’internet-dipendente Augusto (Emanuele Propizio), l’ossessivo compulsivo Leonardo (Federico Costantini), e Guglielmo (Vincenzo Alfieri), affetto da sindrome di Tourette, che non può fare a meno di dire parolacce quando si emoziona.
Sulle loro tracce per riportarli a casa si mettono i genitori (SerenaAutieri, Gian MarcoTognazzi, PaoloCalabresi e MassimoGhini), che come i figli affronteranno varie disavventure.
La paura per le malattie che affliggono i ragazzi si scontra con la loro voglia di essere “normali” e vivere la vita con entusiasmo. Sulla loro strada troveranno Regina (Maria Chiara Augenti), una ragazza in fuga da un fallimento d’amore e il burbero ma disponibile Henry, (Gerard Depardieu), che con la figlia Monique (Anna Dalton) li ospiteranno nel loro casolare in Francia.
L’ottimo spunto narrativo perde però consistenza con lo scorrere del film incanalandosi in soluzioni scontate e superficiali (vedere la scena della discoteca); aiutato anche da una prova dei giovani attori non certo esaltante.
Si salva Vincenzo Alfieri con una credibile e non facile interpretazione della sindrome di Tourette.
La regia di Cecinelli è buona come il montaggio dinamico che scandisce il film, anche se in certe parti le inquadrature sanno molto di pubblicità della Tim con una colonna sonora che sottolinea la banalità di alcuni momenti.
In una divertente conferenza stampa, dove aleggiava il fantasma di Depardieu, preso come massimo termine di paragone attoriale, il regista ha parlato della genesi del film: “Ho fatto il volontario in una clinica di questo tipo, e ho un amico con la sindrome di Tourette. Volevo raccontare come questo tipo di diversità esista più negli occhi di chi la guarda che di chi la vive. La parte più divertente, infatti, è quella a Ibiza dove i ragazzi si trovano nella loro dimensione, mentre i genitori risultano dei disadattati”.
Un film che si lascia guardare, peccato per non aver scavato a fondo l’animo dei personaggi con una profondità di sguardo solo accennata.
Vittorio Zenardi
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