Nel concorso italiano del Festival dei Popoli 2024 c’era anche Portuali di Perla Sardella. Il film, uno spaccato sulla lotta politica del C.A.L.P., Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova, tra il 2019 e il 2023, negli scioperi contro la “nave delle armi” per un sindacato più attento alle istanze del presente, ha vinto, ex aequo con Honeydew, il premio distribuzione in sala “Gli Imperdibili”.
Nell’ambito del Festival dei Popoli, abbiamo fatto alcune domande a Perla Sardella.
Perla Sardella e il suo Portuali
Quando e come hai avuto l’intuizione per questo film?
È nato tutto durante il covid, quando ero a Milano e ho letto la notizia di un blocco del porto che avevano fatto questi portuali per fermare una nave che portava delle armi nello Yemen. Ho letto che avevano fatto questo show e avevo visto delle immagini che secondo me erano bellissime con un ragazzo e una ragazza di spalle e davanti a loro una nave enorme, gigante e un giornale che titolava I portuali contro la nave delle armi.
Poi durante il covid forse ho trovato un po’ di coraggio di cambiare delle cose nella vita, ho scritto a loro e sono venuta a Genova a incontrarli spiegando loro il processo che avevo in mente. Loro, dopo un primo momento in cui hanno riflettuto sulla cosa, poi si sono detti entusiasti e hanno deciso di voler fare questa cosa per dare un esempio ad altri lavoratori, per dimostrare come si portano avanti delle idee, delle battaglie più o meno grandi rispetto a quello che possono essere dei piccoli lavoratori di un porto enorme.
Hai citato il covid e, infatti, mi ha colpito il fatto che in quel periodo tu abbia deciso di trattare questo argomento piuttosto che altri, come tanti, legati più strettamente alla problematica della pandemia e della quarantena. Anche perché è vero che il mondo si è temporaneamente fermato, ma non per tutti.
Sì, infatti, il settore delle merci e della logistica è uno dei pochi a non essersi fermato insieme a quello dell’istruzione (che poi comunque è cambiata), e al servizio sanitario. Anche perché la merce andava spostata, quindi loro, in qualche modo, si sono sentiti di avere un potere sindacale anche importante in quanto lavoratori. E questo probabilmente li ha aiutati a prendere ancora più coraggio.
L’inizio (e la fine) nel doc di Perla Sardelli
A proposito dell’inizio del documentario, invece, volevo chiederti qualcosa. Quello che si vede sono immagini di repertorio del passato, per far vedere un po’ l’ambiente portuale e sindacale in generale. In parte hai seguito la linea temporale, cioè prima ci mostri il passato e poi quello che succede nel presente, ma di solito una cosa del genere è alla fine, senza considerare il fatto che sia tutto al contrario. Come hai lavorato in questo senso?
È un po’ uno stratagemma con anche immagini montate al contrario all’inizio, e le stesse alla fine. A me, poi, il lavoro sull’archivio interessa, non mi piace utilizzarlo come materiale solo dimostrativo, oppure come solo una copertura. Per me è un modo che evidenzia come iniziamo ad andare, non indietro nel tempo perché poi siamo nel presente, ma in qualche modo ci chiede di guardare le immagini con attenzione, di capire quello che succede. E soprattutto per me è un modo un po’ per far diventare loro il cuore del film, un archivio vivente. Poi ognuno ci vede quello che vuole, c’è chi mi ha detto che è un modo per dire che siamo andati avanti, ma in realtà stiamo tornando indietro.
Anche perché, come dicevi prima, queste immagini ci sono anche alla fine, quindi è quasi come se loro fossero protetti, in qualche modo, da questo e fossero ancora più al centro.
Esatto, è una scatoletta. Io le chiamo le schegge, sono le schegge impazzite iniziali e finali che poi si rimettono a posto nella loro temporalità, quindi è quasi un gioco.
Una divisione in capitoli
E per le frasi che dividono, in qualche modo, in capitoli la storia, come hai lavorato?
Quelle hanno varia provenienza. Sono comunque dei testi che fanno parte di tanti linguaggi diversi, quello giornalistico, quello giuridico, quello anche un po’ più poetico. La citazione iniziale è un libro saggio di Andrea Bottalico che si chiama Le frontiere del mondo, su una ricerca sui porti europei. In generale sono tutti i linguaggi che entrano in contatto con il mondo della lotta dei portuali.
Loro durante il film parlano tantissimo e noi impariamo a parlare con il loro linguaggio, quindi acquisiamo un certo modo di vedere le cose, di parlare di sindacato, di lotta, di scioperi, di armi, di leggi.
Io avevo associato questi vari linguaggi ai vari personaggi. Tu li riprendi usando molti primi piani, ma senza scavare troppo a fondo sulla persona. Quindi c’è un po’ questa vicinanza visiva, anche se non li conosciamo a fondo e magari può essere un modo di leggerli attraverso questi estratti.
Sì, ci può stare. Poi il primo piano per me ha valore politico, quindi un modo per rimettere al centro e dare la parola a chi normalmente è ai margini. Così facendo sono loro che si autodeterminano e decidono, ovviamente mediati dal mio sguardo perché comunque è un documentario e, quindi, per forza una scelta.
È proprio una specie di rispetto, nel segno di Wiseman che a me piace molto, e lui, appunto, non va mai nel privato. Io lo trovo un modo un po’ più delicato di approcciarsi al documentario che comunque, specialmente adesso, in questo preciso momento storico non è proprio neutro, non è freddo, anzi è molto vivo e molto pericoloso per chi viene mostrato perché esporsi ha molti costi.
La distribuzione del documentario di Perla Sardella
E per quanto riguarda la distribuzione? Magari il titolo può sembrare ristretto a una cerchia ben precisa, però, in realtà, può parlare anche a più persone.
Sì, infatti dopo la prima al Festival ce l’hanno chiesto in tanti ed è una cosa che mi fa piacere perché noi non abbiamo una distribuzione ufficiale. Ce ne occupiamo io e Marco Longo e Berenice Film, la società di produzione, proprio perché almeno riusciamo a decidere cosa è meglio per il film e se ci sono posti in cui vale la pena proteggerlo.
Ci teniamo tantissimo affinché le persone che sono dentro il documentario vengano rispettate. Quindi stiamo cercando adesso di fare un calendario di proiezioni e capire se lo possiamo portare un po’ in giro, tra sale e festival. Intanto abbiamo la proiezione a Genova che sarà importante.
(NDR: L’intervista è stata fatta prima dell’assegnazione del premio per la distribuzione)
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli
Per l’intervista e le foto si ringrazia Davide Ficarola, Valentina Messina e Antonio Pirozzi, ufficio stampa del Festival dei Popoli