‘Infinite Summer’: Lebowski, guru e Bukowski.

“Ho raggiunto lo stato di coscienza.” dice Sarah a Grete, la protagonista. Chi sono i personaggi di Miguel Llansò? Sono giovani alla Spielberg per un certo verso, sospinti da un’indicibile voglia di dolce ed infantile verità. Di che tipo? Erotica. Una sorta di raggiungimento di punto zen o punto G corporale, passionale. La protagonista ha un bellissimo rapporto con il padre, ma un pessimo rapporto con tutti (quasi) quelli della sua età. Le sue amiche, anziché parlarle, preferiscono discorrere di  sesso ed escrementi  uscendosene con un “Scusa, ho interrotto la tua storia?”.

Infinite Summer – 2024 Trieste Science+Fiction Festival

Da dove arriva questa idea?

Abbiamo avuto la fortuna di intervistare il regista, Miguel Llansó: sorridente, gaio e alla mano, ci rivela come nasce il film. Dall’osservazione antropologica e dall’osservazione del rapporto tra animali e uomini. Non Uomini e topi ma topi e uomini, in una piramide anti-umanitaria, dunque in sintonia col tutto. Un film che nasce dal rapporto con i suoi studenti; da quello con sua figlia (i suoi occhi luccicano quando parla di lei e dei giovani in generale, rivelando ancor di più una vena alla Spielberg); anche da un racconto di Charles Bukowski, tratto da Storie di ordinaria follia, Animali in libertà. Un film che di parla di come, un giorno, cambieranno i rapporti umani.

Non è un film disfattista però, ma filosofico. Ci dona una moltitudine di domande: siamo quasi in teologia, dove la domanda stessa è la risposta, il brivido umano e la consapevolezza più profonda. “Non si può parlare di Dio con Dio.” (Carmelo Bene).

Una storia incentrata su Grete, che incontra, tramite un’app di realtà avanzata di incontri estremi, un uomo, Doctor Mindfullness, che si rivelerà pieno di ombre col proseguire della storia. Pieno di demoni. Il suo volto sembra innocuo, simpatico, difficile dire che dietro a quel Buffalo Bill contemporaneo si nasconda una cantina di orrori: dietro quella simpatia però si cela una perversione erotica che sfocia in un sadismo alla Blue Velvet, fatto di maschere ad ossigeno che tolgono e danno al tempo stesso piacere e dolore a chi le indossa. “E’ qui che si inceppa la storia: quando questo “bel” mondo diventa l’altro lato del grande e potente Oz“.

Dove ci condurrà questo viaggio?

E’ un viaggio ‘orgasmico’, all’insegna di quella che oggi noi chiamiamo “Mindfullness”. Falsi guru. Ciarlatani. Caschi, come quelli di Ready Player One (Ernest Cline), che permettono di vivere più vite in una vita. All’interno, però, di questa realtà virtuale fatta di esperienze breathing, mindfullness e sesso tantrico, si nasconde una subdola violenza sottocutanea.

Quale? Quella delle emozioni virtuali. E ancor più banalmente ci colleghiamo al fatto che l’amore è ” […] la biochimica più potente; la tecnologia più forte; tutto ciò che salva. Salva da questi rapporti (pandemici) tra giovani. Salva dalla banalità della merda.“

Dunque, in quest’epoca di body horror, ecco che questo film gioca sul mind horror, facendo leva sull’iniziazione sessuale, quasi tribalmente e cabalisticamente.

Alla Donnie Darko. Il sesso è la chiave per comprendere un mondo fatto di AI e uomini. Il sesso è ciò che ci differenzia. I robot emulano l’orgasmo, mentre gli uomini esalano il respiro dell’amore ancora corporale. Siamo dinanzi ad una lieve carezza erotica, subdolamente violenta e visivamente folle.

Il viaggio finisce con una nota di speranza: non siamo persi, dobbiamo solamente iniziare a farci le giuste domande. E dobbiamo parlare, perché solamente parlare ci salverà. Non importa se dobbiamo parlare con il corpo, con l’arte, o con la penna. L’importante è guardarci negli occhi e parlare.