Intervista ad Alberto Rizzi, sul suo film, Squali, ad Alice nella città.
Squali è la trasposizione italiana e contemporanea della straordinaria opera letteraria di Fëdor Dostoevskij, I Fratelli Karamazov.
Il regista Alberto Rizzi ambienta la storia sui Monti Lessini, nelle Prealpi italiane, e dà al film un’aurea di eternità, che è propria solo di certe grandi opere.
Intervista ad Alberto Rizzi
Che cosa ti ha spinto a scegliere proprio I Fratelli Karamazov come ispirazione per il tuo nuovo film, Squali? Cosa ti ha affascinato di quest’opera al punto di volerla reinterpretare in chiave moderna e ambientarla in Italia?
Karamazov è un libro con pochissima trama: delle 1200 pagine, la storia può essere ridotta a poche righe. Ma è un’immensa indagine sull’animo umano. Ed è proprio ciò che volevo fare: esplorare le oscurità dell’animo umano. Nel mio modo di vedere, Karamazov è una storia di passioni – quelle passioni che logorano e distruggono l’uomo – dall’avidità fino agli orrori più profondi. Ogni personaggio cerca una salvezza, una redenzione, un altro luogo interiore. Così, per me, Karamazov è una grande rappresentazione delle passioni umane che inseguono e consumano gli uomini.
Vedo nell’opera un abisso duplice: da un lato, aspirazioni e ideali supremi; dall’altro, degradazioni profonde e abissali. Questo contrasto è potente e affascinante. Karamazov contiene l’intera gamma dei sentimenti umani, e proprio questo lo rende attuale.
Come hai tradotto i contrasti e i conflitti interiori dei personaggi nella loro rappresentazione cinematografica?
Spero di esserci riuscito raccontando personaggi che sono tutti alla ricerca di qualcosa che credono possa migliorare la loro vita. Sono come squali in un oceano, squali spirituali in un mare di confine, un mare arido, in cui si scontrano e si consumano a vicenda. Qui prevale la legge del più forte: lo “squalo” più grande è il nostro Karamazov, il patriarca, che pare esistere da sempre. Lui è come uno squalo fossile, una figura che resiste al tempo, come se provenisse da un passato antico e immutabile.
Un altro tema che emerge nel film è quello della redenzione. Qual è, secondo te, una possibile via di redenzione in mezzo alla spirale di odio e violenza che circonda la vita dei tre fratelli?
L’amore. Sembra essere l’unica via. Alla fine, c’è una specie di riconciliazione attraverso l’amore. Anche chi ha perso l’amore fisico trova in esso un percorso. Cercavano risposte altrove, ma nell’amore trovano una possibilità di salvezza, un senso di pace. Ed è un amore di tutti i tipi: amore per un figlio, amore fraterno, amore che porta alla pace e alla comunione.
Che tipo di lavoro hai svolto con il cast per dare vita alle complesse sfumature dei personaggi?
È stato un lavoro straordinario con gli attori. Ho avuto la libertà di scegliere esattamente chi volevo, senza pensare a nomi di richiamo commerciale. Con il cast abbiamo lavorato per più di un anno, revisionando insieme la sceneggiatura, facendo prove, visitando le location. Ci siamo immersi completamente, soprattutto con il nucleo familiare, e questo ha permesso agli attori di diventare davvero i loro personaggi. Alcuni si sono trasformati fisicamente: uno di loro ha fatto palestra, un altro ha lasciato crescere barba e unghie. Hanno avuto il tempo e lo spazio per incarnare pienamente i loro ruoli.
La recensione di Squali
‘Squali’ La recensione – Taxidrivers.it