È in concorso all’Euro Balkan Film Festival, in programma a Roma alla Casa del cinema e al Nuovo Cinema Aquila, il cortometraggio Lady in Black (Crna dama, in lingua originale), scritto e diretto dalla regista e sceneggiatrice Gana Čomagić, prodotto da Evil Ideas.
Nel cast, Petar Dobričanin, Radmila Božović, Olivera Vuković, Jovan Dabović e Taša Knežević.
Il film è stato già nella selezione ufficiale del Reykjavik International Film Festival nel 2023.
Una profonda riflessione sulla morte dal tono dolceamaro.
Lady in Black: una storia di conflitti
Una storia piena di conflitti epocali, in un corto di soli tredici minuti, ma pieno di spunti di riflessione. Una trama tratteggiata con leggerezza nello stile, ma davvero intensa e densa di temi sui quali inevitabilmente si rifletterà a fine visione.
Il protagonista, un uomo che si affaccia alla mezza età con una figlia a carico, è un impresario di pompe funebri e vive praticamente circondato da bare, e costantemente immerso in un mondo di morte.
Sembra però che la morte non lo tenga in vita. La sua attività commerciale, che rappresenta per lui la morte, ha difficoltà a decollare. Quella morte, però, un giorno scoppia anche al di fuori da quella stanza, nel mondo esterno. Dilaga una pandemia che uccide centinaia di persone e il telefono comincia a squillare a tutte le ore. Si avvia così un via vai di persone che chiedono di scegliere una bara per un proprio caro deceduto, e non solo. Fattore che riempie di entusiasmo il negoziante, che si vede felice aggirarsi nel negozio e accudire una bambina ancora alle prese con i suoi piccoli giochi.
Ombre e luci tra vita e morte
Si aprono così alcuni squarci in quel mondo un po’ cupo e buio, fonte dell’entusiasmo dell’uomo, ma anche della sua profonda difficoltà a gestire la vita. Ogni cliente del negozio accende un faro sul lato più in ombra del personaggio, generando un’opposizione ombra-luce che è capovolta, nella psicologia del protagonista, rispetto a ciò che si considera ordinario. Il suo lato illuminato è quello della morte e quello più oscuro è la vita: è padre, ha una figlia da crescere e la circonda con le bare nel negozio.
Dal punto di vista tematico, quindi, in Lady in Black c’è una costante opposizione tra temi universali: vita e morte, ruolo genitoriale e crescita professionale. Tutto questo ha plasmato un uomo per cui la morte non è più un tabù, ma lo diventano la vita e sua figlia (che inevitabilmente, in questa storia, rappresenta la vita). Una dualità inversa ben resa da una cliente quando entra nel negozio e saluta dicendo “buongiorno o buonasera, qualunque cosa sia”.
E che rapporto abbiamo noi con la morte? Che rapporto è giusto si crei, sin da età più tenere, e finché siamo in vita, con la morte? Sono queste le domande che il racconto ci pone.
“Non si preoccupi, la capisco e non è affatto strano.”
Sono questioni che riguardano tutti e molto da vicino. Basta rinnovare la carta d’identità e scoprire che dobbiamo decidere se esprimere o meno il consenso alla donazione degli organi: una questione che ci pone a tu per tu con la morte. A suo modo la morte ci definisce anche in vita. E Lady in Black ci parla magistralmente di questo.
La fotografia
Il tono leggero con cui la storia è recitata, girata e raccontata ci pone nelle condizioni di rilassamento, in una condizione mentale non rigida di fronte a un tema come la morte, ma ideale per riflettere su questioni così decisive.
Le luci che marcano ombre dai confini netti, nella gestione della fotografia di Ivan Čojbašić, ci fanno sentire quasi in obbligo di decidere cosa sia per noi la morte. Con uno sguardo in camera che rompe ogni parete e ci trasporta, circondati da bare, in quel negozio.