Daniel Auteuil torna dietro la macchina da presa per realizzare La misura del dubbio(Le fil nell’originale francese), suo quinto lungometraggio da regista.
Il film, presentato al 77° Festival del Cinema di Cannes, è in uscita nelle sale italiane distribuito da BIM Distribuzione.
La nuova opera di Auteuil, sceneggiata dallo stesso regista e da Steven Mitz, è l’adattamento di “Au Guet-Apens, chroniques de la justice pénale ordinaire”, libro scritto dall’avvocato penalista Jean-Yves Moyart sotto lo pseudonimo di Maître Mô che riprende fatti realmente accaduti.
La difficile ricerca della verità
La misura del dubbio è un legal thriller nel quale l’avvocato Jean Monier (Daniel Auteuil), che da molti anni non accetta più casi di giustizia penale dopo aver fatto assolvere un pluriassassino, acconsente a difendere Nicolas Milik (Grégory Gadebois), un padre di famiglia arrestato con l’accusa di aver ucciso la moglie alcolizzata. A far ritornare Monier sui suoi passi accettando il caso è l’atteggiamento dell’uomo, della cui innocenza l’avvocato inizia a convincersi sempre più.
Il racconto si sviluppa per la quasi totalità nell’aula di tribunale, con numerose ellissi e flash-back che ricostruiscono una vicenda che appare, da subito, poco chiara. Con pochissime prove – e non particolarmente convincenti – nei confronti dell’accusato che rendono assai arduo il compito della giuria popolare, chiamata a decidere sulla colpevolezza o sull’innocenza di Milik.
È proprio questo il fulcro del film, nonché dell’opera letteraria dal quale esso è tratto. La quasi totale assenza di prove che rende il concetto di verità non tanto un dato oggettivo sorretto da fatti solidi e inconfutabili, quanto un convincimento individuale quasi indefinibile, appena percettibile.
Un film che, seppur con qualche difetto, appare solido e godibile
Ambientato nel sud della Francia, La misura del dubbio è un film solido che ricalca molti dei cliché di genere (e rimanda alla mente i recenti Anatomia di una caduta e Saint Omer). Sorretto dall’eccellente recitazione di Auteuil e Gadebois in primis, ma anche da quella degli attori secondari, fra cui meritano di essere citati Sidse Babett Knudsen nella parte dell’ex moglie di Jean Monier, a sua volta avvocatessa, Gaëtan Roussel in quella di Roger, l’amico dell’imputato, e Aurore Auteuil, figlia di Daniel, che presta il volto alla sorella della vittima, fermamente convinta della colpevolezza di Nicolas Milik.
In particolare Gadebois riesce a dare grande credibilità al suo personaggio, evidenziandone l’estrema fragilità, sempre sul punto di lasciarsi andare allo sconforto e senza capacitarsi di come sia potuto sprofondare in quell’incubo.
Certo, il lavoro di Auteuil non è scevro di difetti. Gli si potrebbe imputare, ad esempio, una scarsa indagine psicologica dell’imputato e della sua cerchia famigliare, preferendo soffermarsi, soprattutto, sulla figura dell’avvocato difensore. Oppure gli inserti, sinceramente fuori contesto, con i tori e il balletto che mima le mosse di un torero (siamo nei pressi della Camargue, terra di allevamenti di tori da corrida).
Tuttavia è un film che si lascia guardare, dotato di una tensione che permane dall’inizio alla fine, allorché si verifica un doppio colpo di scena che, per ovvi motivi, non è possibile svelare. Sicuramente la prova migliore, fino a ora, del Daniel Auteuil regista.
Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers