The silent route – la strada silenziosa è un cortometraggio animato di Merve Cirisoglu, pluripremiata sceneggiatrice, regista e produttrice. Uscito ufficialmente il 17 febbraio 2024, è stato presentato in numerosi festival in tutto il mondo, posizionandosi sul podio in più di un’occasione. È stato inoltre proiettato al Siciliambiente Film Festival 2024.
Il cortometraggio s’ispira a una vicenda biografica di Faisal Hossain, idrologo e professore all’Università di Washington. Hossain ha partecipato sia alla stesura della storia sia alla produzione. The silent route è il sesto progetto cinematografico a cui partecipa.
The silent route: di cosa parla?
Durante la guerra, nei pressi di un posto di sicurezza di un campo di concentramento, un gruppo di persone cerca di fuggire verso la libertà. Una madre con il suo neonato e tre anziani stanno cercando di liberare le ruote del carro rimasto bloccato nel fango, quando il pianto del piccolo desta l’attenzione dei soldati.
La resa della paura
Merve Cirisoglu si è specializzata nel tempo nella creazione di produzioni innovative per un pubblico di giovani. In questo cortometraggio si pone un preciso obiettivo, dichiarato nel proprio sito web.
“Il nostro obiettivo è aumentare una voce dissenziente che enfatizzi il fatto che vale la pena salvare tutti e invitare il pubblico ad abbracciare la sua bontà interiore. Speriamo che il nostro cortometraggio animato costruisca empatia seminando nel cuore di tutti i semi della gentilezza e della compassione.”
Questo intento viene raggiunto alla perfezione grazie a una serie di dettagli che veicolano le emozioni. Attraverso le espressioni del volto è possibile immedesimarsi nei personaggi. Si gioisce con loro, si teme con loro, si sospira con loro, si sorride con loro. Gli occhi sbarrati, la bocca spalancata, il respiro accelerato, le lacrime che scendono a singole gocce, la fronte aggrottata sono espedienti usati magistralmente per trasmettere il panico e il terrore.
La scena iniziale di The silent Route
The silent route comincia con una sequenza di immagini che mostrano un soldato lungo un corridoio su cui si affacciano alcune celle. Le prigioniere di quel posto sono donne, le quali allungano le mani fuori dalle sbarre per afferrare l’uomo. Scappa spaventato arrivando in una piccola stanza dove una donna è appesa per le mani. Si vede la sua sofferenza e la sua paura nei confronti dell’uomo davanti a lei. All’improvviso però si trasforma in un cappio infuocato che cerca di strangolare il soldato, il quale si sveglia ansimante e terrorizzato nel posto di blocco.
Questa successione di immagini focalizza l’attenzione sui soldati, rappresentandone i pensieri e le paure. La scelta è stata forse detta dalla volontà di mostrare come anche i soldati, pur atteggiandosi a persone indomite e decise nelle loro azioni, hanno dei timori. Oppure potrebbe essere uno stratagemma per far comprendere allo spettatore com’erano trattate le donne prigioniere di guerra. Tuttavia, nonostante il nobile proposito, non si capisce veramente cosa aggiunga alla narrazione questa prima scena. Si tratta della paura del soldato che le donne si ribellino? Racconta il desiderio di sottometterle? È un ricordo che la sua mente ha trasformato in incubo? Non è dato saperlo. Infatti, non si amalgama con quello che segue, dato che l’argomento non viene approfondito.
Le transazioni fluide
La decisione di realizzare un cortometraggio muto ha reso necessario veicolare i pensieri delle donne in modo diverso rispetto alla parola. Non esprimono come si sentono e cosa provano, ma lo mostrano. Rivolgono gli occhi verso il cielo o li chiudono, come se in questo modo potessero vedere il film della loro vita srotolarsi davanti a loro. Allo stesso modo lo spettatore vede tra le nuvole la materializzazione di ciò che pensano. Con grande abilità e maestria, la disegnatrice riesce a rendere le transizioni da una figura all’altra in modo molto fluido e naturale. Non si tratta di un’immagine dopo l’altra come un cambio di diapositive, ma si amalgamano, mutano, si trasformano finché quello che c’era prima lascia lo spazio a quello che segue.
La sequenza finale recupera questa tecnica per rivelare il futuro che madre e figlio possono vivere dopo essere fuggiti. Unendole in modo dinamico, la disegnatrice riesce a mostrare lo scorrere del tempo che ora possono permettersi di vivere.