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Con l’Avod siamo andati free e non si torna più indietro. Intervista a Mario Niccolò Messina.

Il cinema indipendente di domani raccontato oggi in esclusiva su TXDRVRS

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Mario Niccolo Messina

9 miliardi di visualizzazioni. Più di 25 milioni di iscritti. I numeri relativi a V Channels parlano chiaro: è il successo della start up italiana sita a Los Angeles e fondata da Mario Niccolò Messina.

Imprenditore, classe 1984. Meno di dieci anni fa decide di rischiare tutto e trasferirsi negli USA per realizzare il suo sogno. In molti l’hanno creduto pazzo, ma la sua intuizione aveva basi ben solide: i big data. Dopo diversi anni passati a studiarli per lavoro, Niccolò si pone una domanda: perché non utilizzarli per offrire al pubblico esattamente ciò che digita nella barra di ricerca di Google? Non ci meraviglierà scoprire che le ricerche più effettuate erano già allora mirate alla visione di film. Ricerche che però, chiaramente, rimandavano a siti illegali.

Ecco quindi l’obiettivo di Niccolò: offrire film di genere completamente gratuiti ad un pubblico che non può permettersi l’abbonamento alle piattaforme streaming. Un fenomeno già accaduto per la musica, ma Niccolò vuole renderlo possibile anche per il cinema. Poi l’apertura del primo canale Youtube, V-Tagalove, e la distribuzione di 50 film filippini. Le visualizzazioni non tardano ad arrivare, tant’è che i film di V Channels iniziano ad essere tradotti in inglese, ma soprattutto in spagnolo e portoghese. Sono quest’ultime due lingue, infatti, le più usate nelle ricerche di film su Google. Una possibilità per il pubblico di usufruire di contenuti gratis, ma anche un’occasione per i giovani filmmaker di realizzare i propri lavori a budget ridotti.

Chi all’epoca non ha creduto nella sua idea oggi avrà da ricredersi confrontando i numeri che V Channels guadagna giorno dopo giorno. Abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare con Niccolò. Oltre ad aver condiviso con noi la sua singolare storia, ci ha svelato la chiave del suo successo… qualcosa che era stato sotto gli occhi di tutti per molto tempo. Siccome eravamo in tanti a voler fargli delle domande quella che leggerete è un’intervista corale che abbiamo voluto fare a Niccoló Messina come Redazione e non come singoli. 

Vincenzo

Nicolò, se vuoi intanto cominciare a raccontarci un po’ come sei passato dal settore della tecnologia digitale in Italia alla produzione cinematografica a Los Angeles, perché tu mi stavi raccontando in privato che vieni dal mondo dell’analytics.

In passato mi occupavo di un’attività molto particolare: studiavo il traffico dati all’interno delle compagnie telefoniche. Non so se ne siete a conoscenza, ma ogni volta che scrivete “Corriere.it” o cercate l’ultimo film di Steven Seagal su Google, create un pacchetto Internet. Questo pacchetto viaggia per permettere al vostro browser di comunicare con Internet e ottenere la pagina web che vedete. All’interno di quel pacchetto sono nascosti i dati delle vostre ricerche e i siti su cui avete cliccato; le nostre sonde studiavano questi dati.

Il mio obiettivo principale era aiutare le società di telecomunicazione a capire l’impatto dei video su YouTube. In particolare, mi occupavo di studiare i siti pornografici e i video su YouTube, il che può sembrare buffo, ma il porno è uno dei maggiori sfruttatori della banda Internet. Non studiavo solo le ricerche, ma anche il percorso che gli utenti seguivano dalla ricerca al sito finale. Le ricerche non erano solo di contenuti legali come “Oppenheimer full movie streaming ita”, ma spesso erano molto generali, come “full movie action”, “movie trailer” o “movie free movie”, che portavano quasi sempre a siti illegali.

Una cosa che mi ha colpito molto è che, escludendo gli appassionati di cinema che rappresentano lo 0,01% della popolazione mondiale, la maggior parte delle persone già dieci anni fa non sapeva cosa cercare, quindi faceva ricerche molto ampie. Ho dunque capito una cosa: “Quando cerchi qualcosa su google, il primo suggerimento che rilascia Google e’ un video su YouTube. E cio ha senso perche Alphabet preferisce vendere pubblicità video che testuale.”Eppure nessuno caricava legalmente film su Youtube. .

Dato il numero di ricerche, parliamo di centinaia di milioni al giorno, ho pensato:

 “Se metto dei film su YouTube posso fare una montagna di soldi.” 

Per essere molto onesto, questo è stato il ragionamento che ho fatto. Per me era business; ho visto un’opportunità, quindi ho preso mia moglie e mia figlia di un anno, abbiamo mollato tutto e siamo venuti a Los Angeles.

All’inizio mi dicevano tutti che ero pazzo, che YouTube non era cool, che non andava bene. Potrà non essere cool, ma ci sono tre miliardi di persone che visualizzano contenuti. Ho iniziato con dei film filippini: mi diedero cinque anni di licenza e creai uno dei più grandi canali di film filippini al mondo chiamato Tagalog. Questo ha attirato l’attenzione dei distributori del mondo, con film di serie C e D che, probabilmente, voi non guardereste mai. Questi distributori, non curanti del loro brand, mi diedero i loro film pensando: “C’è una possibilità di fare soldi? I film li diamo a te.”

Poi è scoppiata la pandemia. Per me è stata una botta di fortuna di proporzioni enormi (anche se brutto da dire), perché la gente ha iniziato a vedere più contenuti. Inoltre, è stata un’opportunità perché molte persone non potevano permettersi Netflix o Amazon Prime. Quindi, abbiamo offerto intrattenimento gratuito basato su pubblicità, raggiungendo milioni e milioni di persone. I dati ci hanno anche portato a sviluppare un secondo servizio: iniziare a doppiare i contenuti in spagnolo e portoghese.

l doppiaggio di film che nessuno aveva mai doppiato ci ha permesso di crescere su YouTube. Oggi abbiamo raggiunto 35-40 milioni di iscritti su tutti i nostri canali e trasmettiamo quasi mezzo miliardo di film ogni mese. Lo abbiamo fatto in silenzio, senza che nessuno sapesse di noi. 

Questo ci ha portato a scontrarci con il mondo della distribuzione e a scoprire le problematiche che nessuno menziona.

Quando un distributore, anche grande e riconosciuto a livello internazionale, ci offre dei film e li carichiamo su YouTube, il 30% di questi film riceve una notifica di violazione del copyright. Questo significa che i produttori segnalano a YouTube che il contenuto è illegale. Questo mi ha portato a scoprire come la distribuzione, tra diritti finti, report e pagamenti mai forniti ai producer, sia il peggior male del cinema. Soprattutto quello indipendente. 

Questo malcostume e’ spesso accompagnata da  una pratica comune nel settore, nota come cross-collateralization.

La cross-collateralizzazione nel cinema implica che i guadagni di un film vengano utilizzati per compensare il minimo garantito dato al filmmaker. Ad esempio, se un filmmaker riceve 50.000 dollari, i guadagni ottenuti dal theatrical, Amazon e altri canali vengono aggregati per raggiungere quel minimo. Tuttavia, i distributori spesso utilizzano questo sistema per sfruttare i filmmakers, includendo i loro film in pacchetti.

Il problema della cross-collateralizzazione nella vendita a pacchetto è che i distributori usano i piccoli film per annacquare le revenues dei grandi film. Ad esempio, potrebbero chiedere 50.000 dollari per un pacchetto di 100 film. Anche se uno dei film guadagna l’intero importo, il produttore di quel film potrebbe non vedere alcun guadagno, poiché i guadagni vengono distribuiti tra tutti i film del pacchetto, spesso includendo film di qualità inferiore.

Per contrastare queste pratiche, ho deciso di aprire una mia casa di distribuzione, spinto dai filmmakers che mi chiedevano supporto. Abbiamo un accordo di ripartizione dei guadagni 70-30, dove il 70% va al filmmaker. Non recupero nulla e offro il doppiaggio a un costo minimo. Doppiamo i film in inglese, spagnolo e portoghese, iniziando poi a collaborare con piattaforme come Amazon, Pluto, Canella, Vix, Roku e altre.

Ma la avventura era appena iniziata. Uno dei dati fondamentali che ho scoperto aprendo la casa di produzione e’ che non solo su youtube, ma sulla maggior parte delle piattaforme AVOD  (Advertising Video On Demand), un film da un milione di euro e un film da 30.000 dollari generano la stessa quantità di denaro. Il budget non è un fattore determinante per il successo finanziario di un film. La maggior parte dei film viene realizzata con budget tra 10.000 e 50.000 dollari.

Da qui abbiamo iniziato a finanziare talenti in Italia e in tutto il mondo. Negli ultimi 16 mesi abbiamo finanziato 175 film e 60 documentari, tutti con micro-budget. Finanziamo il film in anticipo e recuperiamo l’investimento attraverso il nostro modello di distribuzione, mantenendo i filmmakers come partner nelle entrate per tutta la vita.

E cosi V Channels si evolve diventando il primo studio digitale indipendente, e nasce “Insvrgence”. In inglese, “Insvrgence” significa “un atto di rivolta”. La nostra è una rivolta in nome del cinema indipendente, non solo per quanto riguarda il budget, ma anche contro le cattive pratiche della distribuzione. È un atto di rivolta contro un modello di business obsoleto, e un atto di speranza per i futuri filmmaker. Vogliamo riportare il fulcro dell’intrattenimento dove deve essere: nelle mani degli artisti e dei creatori.

Giovanni

Riallacciandomi a quello che hai detto, sostanzialmente sei un data Analyst, quindi come scegli la sceneggiatura? Ti affidi più a quel che piace a te o su che basi?

E’ vero. Non leggo le sceneggiature, è fondamentale attribuire valore a un’opera indipendentemente dai gusti personali. Ciò che può non piacere a me potrebbe piacere a molte altre persone, quindi non ritengo giusto imporre la mia opinione, anche se finanzio i film.

Il mio obiettivo è essere una guida per i filmmaker, basandomi prevalentemente sui dati per selezionare i film. Se ritengo che una proposta non sia fattibile e che il film non verrà visto da nessuno, allora non la accetto. Quando i registi rispettano i parametri dettati dai dati, la libertà artistica è completamente nelle loro mani. Possono creare un’opera orrenda o un capolavoro; ciò che conta è la loro libertà creativa.

Sapere, ad esempio, che un film funziona meglio se ambientato in un determinato luogo piuttosto che in un altro, se di un genere piuttosto che di un altro, offre ai filmmaker indicazioni preziose. Ho impiegato tempo per far comprendere che i western sarebbero tornati a essere tra i film di genere più apprezzati. Cinque anni fa, molti mi prendevano per pazzo; nessuno voleva produrli. Obiettivamente, il successo dei registi dipende non solo dalla qualità del film, ma per almeno il novanta per cento dalle visualizzazioni che ottiene. Un film che rimane chiuso in un cassetto non ha futuro.

Un esempio significativo è Emanuele Pica. Aveva già realizzato un film intitolato “The Golf Ball”, bellissimo ma poco visto. Quando è venuto da me a Los Angeles, abbiamo realizzato “Stranger”, che ha ottenuto 25 milioni di stream ed è un ottimo film. Il mio ruolo nella produzione di un filmmaker è paragonabile a quello di Virgilio per Dante: una guida. Il mio obiettivo è fare in modo che il film venga visto.

Il primo film di Pica, realizzato con un budget di 20.000 dollari, ha ottenuto più di 25 milioni di visualizzazioni, un risultato straordinario per un film indipendente.

In pratica garantisci leggibilità dei dati agli artisti, cosa che molto spesso non fanno gli altri distributori. Mi viene da pensare al caso di Netflix per esempio, che è molto nebuloso con i dati. Per te YouTube resta il canale principale, giusto?

Sì, dispongo di tutti i dati da YouTube, ma per quanto riguarda le altre piattaforme non ho informazioni dettagliate. O meglio ho solo le informazioni che condividono. E sono oggettivamente poche. 

Al momento, il mondo della distribuzione si basa principalmente sulla quest for discoverability, ovvero la ricerca di posizionamento. Solo chi cerca qualcosa di specifico o gli appassionati di cinema si impegnano attivamente nella ricerca sulle piattaforme; il resto delle persone guarda ciò che viene presentato loro nella home page.

Per garantire la visibilità dei film, è necessario seguire una strategia di distribuzione digitale composta da micro windows su diverse piattaforme. Inizialmente, un film deve essere presente su piattaforme TVOD, per almeno 90 giorni. Successivamente, è fondamentale trovare una piattaforma AVOD che metta il film in home page per almeno tre mesi a fronte di una esclsuiva. Dopo questo periodo, il film può essere proposto ad altre piattaforme AVOD. Dopo altri sei mesi, si può procedere con la distribuzione su YouTube.

L’obiettivo è estendere la permanenza dei film nelle home page delle piattaforme e quindi incrementarne la visibiltia.. Se un film fosse disponibile contemporaneamente su tutte le piattaforme, si verificherebbe un picco istantaneo seguito da un rapido calo di visibilità. Le piattaforme tendono a mettere in evidenza i nuovi contenuti, quindi è importante distribuire i film in modo che le persone li trovino casualmente e non solo tramite ricerca attiva.

Pensi che in futuro manterrai lo stesso modello perché vincente o lo modificherai? Magari un ibridazione aprendo coproduzioni minoritarie con altri paesi.

Realizzare film con un budget di 30.000 dollari è una vera sfida per i giovani registi. Nessuno può dire loro che il film è brutto, perché con un budget così limitato è davvero difficile ottenere risultati di alta qualità. Oggi il mercato indica che se si spendono più di 50.000 dollari per un film, il ritorno sull’investimento è minimo. Cerco di far lavorare il maggior numero possibile di persone e, soprattutto ora che il mercato dell’AVOD è in crescita, i budget sicuramente aumenteranno.

Per quanto riguarda le coproduzioni, sono aperto a queste opportunità. Questo permette di aumentare i budget limitati, ma è necessario regolarli in base al mercato. Se non c’è mercato, è inutile aumentare i budget. Sono convinto che nel mercato dell’AVOD il budget ideale sia tra i 60.000 e i 100.000 dollari. Ad esempio, ho prodotto un film, “The Workout,” con il regista di film di Van Damme. Ora sta girando il prossimo film di Stallone, eppure si e’ innamorato del nostro progetto e ha deciso di realizzare questo film con un budget di 60.000 dollari.  

Come ho già detto, bisogna aspettare che il mercato cresca e resti solido.

Vincenzo

Si dice che tua non sia un fan del tax credit. Qual è la tua opinione sul sistema dei tax credit nel cinema italiano e come pensi che possa essere migliorato per supportare davvero l’industria cinematografica indipendente?

Una cosa che non cambierà mai è la mia posizione contro i tax credit. Non li ho mai utilizzati e mai lo farò. Almeno finché il sistema del tax credit sara’ privo di un sistema di controllo dei risultati e rimarrà nelle mani di quattro aziende che impiegano sempre gli stessi attori e registi, il mercato non migliorerà mai, secondo me. 

Il tax credit sarebbe dovuto servire a creare un volano per l’industria cinematografica. E’ finito per diventare il reddito di cittadinanza del cinema italiano. Cosa peggiore, viene sfruttato senza assolutamente tenere in considerazione il valore creato. Sono centinaia i film che , dopo avere ricevuto finanziamenti dallo stato, nemmeno vengono distribuiti. Ancora di più quelli che perdono milioni e milioni di euro. 

Se domani il tax credit chiudesse battenti, il cinema italiano si fermerebbe. 

Ma cosa ben peggiore: i futuri talenti non hanno assolutamente accesso a questo sistema di finanziamento. 

Quello che lo Stato dovrebbe fare e’ semplice. Dei 746,000,000 Euro del Fondo del Cinema del 2023, dovrebbe stanziare 20,000,000 Euro (il 3% del totale) a piccole case di produzione per la realizzazione dei film da meno di 50,000 Euro destinati al mercato delle piattaforme con l’unica condizione che abbiano accordi di distribuzione internazionali. 

Questo porterebbe lavoro nel mondo del cinema indipendente e sono certo che i ritorni generati da questi film sarebbero tali da creare un’industria indipendente auto sostenibile. 

Giovanni

Noi di Taxi drivers siamo verticali sui film festival, tu che rapporto hai con i festival di cinema americani?

I festival servono per trovare nuovi talenti, ma per far emergere un filmmaker bisogna trovare il modo di mostrare i suoi film. Netflix, Amazon, Apple stanno andando verso una produzione di meno contenuti e a più alto budget. Adesso, io capisco che se hai 200 milioni in mano per fare un film non li dai di certo ad un ragazzo di vent’anni alle prime armi, ma così non si scopriranno mai nuovi talenti. L’Italia e l’Europa stanno avendo problemi nel settore cinematografico per il semplice fatto che nessuno ha cresciuto la prossima generazione di filmmaker. Per questo i festival si stanno aprendo all’idea di aiutare i giovani registi, come è successo con Mometu Short Festival. 

La capacita di creare film che vengono visti e’ l’unica strada per dare una vera opportunita ai giovani. Prendiamo il caso di Emanuele, quando ha fatto Stranger si é fatto conoscere e ora sta ricevendo approvazione e finanziamenti per un noir da 10 milioni di dollari.

Continuerai ad essere il suo produttore o coproduttore o no?

Non voglio mettere i registi sotto contratti che durano tutta la vita, non ha senso e la trovo una volgarità.

La cosa bella è che ovviamente se Emanuele mi chiamasse e mi dicesse che vuole fare un altro film con me, lo finanzierei sicuramente.

Il tuo modello di business prevede il finanziamento completo dei progetti di giovani filmmaker. Oltre alla lettura dei dati in vostro possesso, ci sono altri criteri di cui tieni conto per la scelta dei registi o dei loro progetti?

Di recente abbiamo iniziato a stipulare accordi con i festival del cinema, ma per lo più ci basiamo ancora sul passaparola. Quando incontro un regista, mi mostra alcuni dei suoi lavori e, se il plot rientra nei nostri criteri e corrisponde ai nostri dati, allora procediamo con la produzione del film. Cerco di non dire di no a nessuno e di dare un’opportunità al maggior numero possibile di giovani registi.

Tuttavia, con il passare del tempo, stanno arrivando sempre più proposte, quindi sarà inevitabile dover fare delle selezioni. A meno che non intervengano nuovi investitori, come sembra stia per accadere.

Il mio obiettivo è arrivare a produrre 365 film in un anno. Voglio accendere quasi ogni giorno una luce per un futuro filmmaker.

Alessia 

Il pubblico s’interessa tantissimo alle serie. Come ti poni rispetto all’idea della serialità?

Permettetemi di fare una premessa. Oggi, quando selezioniamo un film su una piattaforma, i trailer non sono più presenti. Avrete notato che su Netflix i trailer sono visibili solo per i film in arrivo, ma quando un film è già sulla piattaforma, inizia subito senza trailer. Perché fanno questo? Lo fanno per limitare il giudizio degli utenti.

Ad esempio, mia moglie, che ama gli horror, legge la descrizione, vede il trailer e dice “no, non vediamo questo film perché ho gia capito chi e’ l’assassino”. Le piattaforme vogliono eliminare questa capacità decisionale, immergendoci direttamente nel film.

Quindi, l’unico elemento decisionale diventa il poster.

Tornando all’idea del posizionamento, la quantità è importante perché più poster hai su una piattaforma, più opportunità hai per ottenere un click perfetto. Se pensi alle serie, ogni serie risulta in un solo poster sulla piattaforma. Se devo produrre 10 episodi, non posso spendere meno di 30.000 dollari per episodio.

Nel mio modello di business attuale, produrre serie significherebbe ridurre lo spazio disponibile per altri 9 poster sulla piattaforma. Credo che, in futuro, per fare serie che funzionino bene, dovremmo seguire un modello simile a quello di Netflix, creando contenuti di altissima qualità per mantenere l’utente coinvolto.

A volte bisogna avere il coraggio di dire che non siamo pronti. E attualmente non siamo pronti per questo. Preferisco dare un’opportunità a 10 giovani registi piuttosto che concentrarmi sulla produzione di una serie.

E in un prossimo futuro? Cioè tu prevedi ad esempio, un’ampliamento del tuo sistema, aperto alla serialità?

Te la spiego in un altro modo. Se dovessi descrivere ciò che sto costruendo, non parlerei di una semplice azienda di distribuzione, produzione o exhibition. Sai cosa vedo all’interno della mia azienda? Una fabbrica di IP supportata da dati digitali.

Il mio obiettivo è sviluppare una delle IP sotto forma di serialità. Questo è ciò che vedo per il futuro della mia azienda. Perché fare tutto questo lavoro e poi non sfruttare i dati raccolti dai film? Quindi sì, ci sarà la serialità, ma come evoluzione delle IP che stiamo sviluppando.

Cé un film che hai prodotto che potenzialmente potrebbe diventare un serial?

Abbiamo realizzato un film straordinario intitolato “Stupid Games”. Vi invito a vederlo, poiché è stato prodotto con soli 6.500 dollari. Ha ottenuto un punteggio di 8.3 su IMDb, un risultato incredibile per un nostro film. È un film indipendente, un vero gioiello se si considera il budget, e sta ottenendo milioni di visualizzazioni.

Ritengo che abbia il potenziale per essere sviluppato ulteriormente, ma non è ancora il momento giusto.

Federica

Vi muovete più di tutto sui generi action e horror, ma volevo sapere se potevi parlarci un po’ anche dei trend a livello di temi, sottogeneri, quali percepisci stanno andando meglio?

Le mie commedie romantiche su YouTube hanno registrato una visualizzazione media di 42 minuti negli ultimi quattro anni. Negli ultimi sei mesi, questo dato è sceso da 42 a 21 minuti. È un cambiamento significativo, quindi ho deciso di analizzarlo. Ho scoperto che quando le ricerche su Google contengono parole chiave come “romantic comedy”, “love movie” o “romantic movie”, la media di visualizzazione rimane a 42 minuti. Tuttavia, ho notato un cambiamento quando le ricerche includono parole chiave legate al mondo Queer, come “Queer movie”, “LGBTQ movie” o “gay movie”.

Quando una di queste ricerche porta alla visione di una commedia romantica, la visualizzazione media è di cinque o quattro minuti. Questo accade perché gli spettatori si rendono conto che si tratta di una commedia romantica senza elementi LGBTQ+.

In passato, quelle stesse parole chiave portavano principalmente a film drammatici. Questo cambiamento verso le commedie romantiche indica che il pubblico LGBTQ+ si è stancato delle storie drammatiche e desidera più leggerezza. Quindi, generi come la commedia romantica, ma dal punto di vista LGBTQ+, saranno sempre più rilevanti.

Pensi che siamo dentro un ciclo, ci sono generi che vanno a periodi? 

Assolutamente. Tuttavia, parlare di dati in modo generico è un errore, e lascia che ti spieghi perché. Io sono una persona che ha vissuto di dati per tutta la vita, e c’è una cosa importante che ho imparato: il dato in sé non è utile; è la fonte del dato, ovvero la sua origine, ciò che conta davvero.

Quando senti qualcuno dire “stiamo studiando i trend cinematografici”, devi rispondere che i trend cinematografici non servono a nulla, zero. Questo perché, affinché un film arrivi al cinema, passa attraverso talmente tante decisioni di esseri umani che il dato viene falsato.

Film come “The Blair Witch Project” e “Paranormal Activity” non sono stati prodotti dagli studios. Hollywood tende a prendere solo la punta dell’onda e poi sviluppare tutto il calo. Dopo “The Blair Witch Project”, abbiamo avuto quindici anni di film su streghe e found footage. Dopo “Paranormal Activity”, ci sono stati film con telecamere di sicurezza anche dove non servivano.

Il dato importante è quello iniziale, derivante dalle ricerche degli utenti: cosa cercano senza essere condizionati. Quindi, i dati devono essere analizzati continuamente, in modo ciclico, per vedere cosa sta tornando di moda, cosa sta guadagnando o perdendo popolarità.

Al momento, secondo i miei dati, le romcom  a tematica LGBTQ+ e gli horror psicologici sono due dei maggiori potenziali trend nel prossimo futuro..

Giovanni

Hai un sistema proprietario per analizzare i dati o pensi di volerne sviluppare uno in futuro?

No, non utilizzo ancora un sistema privato; mi appoggio a terze parti per il software. Ciò che è privato, però, sono i dati. Stiamo collaborando con una società di Big Data e AI per sviluppare un sistema valido, ma è una sfida notevole, dato che gestiamo più di 9,6 miliardi di dati al mese. Siamo comunque una startup, quindi devo fare attenzione alle risorse.

C’è un vantaggio nel lavorare con società terze: loro non hanno accesso ai miei dati. Mi forniscono solamente il software, che poi installo su un mio server per garantire la sicurezza. In questo modo, non possono accedere ai dati, poiché il server è locale e non collegato a internet.

Come ti è venuta l’idea di iniziare con il cinema filippino? Perché è stata una idea vincente.

In realtà, ho iniziato con i film filippini perché sono stati i primi a permettermi di utilizzare i loro film. Quando sono arrivato negli Stati Uniti, la mia idea era semplice: volevo caricare i film su YouTube perché ritenevo che ci fosse un mercato specifico per questo. All’epoca, l’AVOD (Advertising Video On Demand) era agli inizi e non trovavo nessuno che credesse in questa idea. I filippini, invece, sono stati i primi ad essere aperti a questo cambiamento. Dopo i cinque anni di permessi, si sono ripresi i diritti e hanno creato i loro canali, come è giusto che sia. Tuttavia, grazie a loro ho potuto avviare l’azienda.

Ora ho firmato accordi con MGM e Lionsgate, ma molti ancora sono cauti. Nonostante questo, continuo a portare avanti le mie idee, anche quando nessuno mi ascolta o mi sostiene.

Vincenzo

Tutte queste visualizzazioni dipendono anche dal fatto che utilizzi le keyword giuste per piazzare i film su Youtube?

Mi piacerebbe dirti che è tutto merito mio, che sono un genio, e un po’ di merito me lo prendo per essere stato il primo a esplorare questa strada, che sicuramente è un vantaggio. Tuttavia, potrebbe non essere vero che la gente vuole vedere solo grandi film. Forse le persone sono più aperte al cinema indipendente di quanto ci sia stato sempre raccontato.

Quindi, lasciami rigirare la domanda: e se tutti si stessero sbagliando?

Una delle cose che mi ha stupito di più di Hollywood è questa: si pensa che il budget sia garanzia di un grande film. Secondo me, non è così. Vi invito a guardare quello che hanno fatto Emiliano Iaia e Yasmin Bucci con “The Dutchman” e a chiedervi se sembra un film realizzato con soli 5.000 dollari. Posso dirvi che, in 24 ore, è stato visto da mezzo milione di persone e ha totalizzato 135.000 ore di visualizzazione.

Alessia

Ovviamente tutto questo prende forma soprattutto per ciò che riguarda i film di genere. Per il film d’autore, quanta richiesta c’è dal pubblico a cui ti riferisci? Hai fatto un esperimento di questo tipo?

Non mi piace, ma sono completamente favorevole al cinema d’autore. Non riesco a guardarlo, sono onesto. Tuttavia, sono assolutamente a favore e ritengo che debba essere supportato sia dagli Stati che dai privati, perché l’unico elemento che nessun dato potrà mai prevedere è l’inaspettato.

Ti dirò una cosa che potrebbe sembrare folle: non vedo l’ora di creare un’etichetta dedicata esclusivamente al cinema d’autore. Ma per fare in modo che quel cinema sia sostenibile, e quindi anche la mia etichetta, prima devo generare profitti.

Federico

Siccome hai citato Paranormal Activity, volevo collegarmi a chi quel film l’ha prodotto, ovvero la Blumhouse, fondata da Jason Blum. Lui fondamentalmente ha adottato il tuo stesso metodo: ha sempre dato totale libertà creativa agli autori con cui lavorava, mantenendo però il budget sempre molto basso. Quindi ti chiedo se, oltre alla strategia che applichi in virtù del tuo lavoro precedente, c’è anche una visione imprenditoriale più ampia e magari ci sono dei modelli di riferimento a cui poi ti sei ispirato.

Lo hai appena nominato tu. C’è solo una differenza: quando arrivi a Hollywood, sembra che tutti siano dei fenomeni, come se fossero tutti Cristiano Ronaldo. La verità è che di Ronaldo ce n’è uno, e si chiama Jason Blum. Punto, fine della storia. Io sono Jason Blum? No, magari! Non lo sono. Però ho una cosa che lui non aveva quando ha iniziato: i dati, che mi guidano in ogni decisione.

Non sto dicendo che oggi Blum non abbia dati. Ne ha tantissimi. Ma se confrontiamo i nostri inizi, lui aveva una genialità unica e una visione straordinaria. È esattamente a lui che mi ispiro. Tuttavia, non ho le sue capacità. Mettiamola così: lui è Ronaldo e io sono Gattuso. Uso i dati per compensare la mancanza di talento naturale. Sto cercando di capire se esistono dei punti deboli nella sua strategia, e credo di averne individuato uno: l’eccessiva ripetitività. Infatti, quando è uscito dai suoi generi abituali e ha realizzato, per esempio, “Whiplash”, è stato incredibile. Perché? Perché ha ritrovato quel guizzo di originalità e quella capacità di vedere dove gli altri non vedono.

Affidarsi ai dati significa anche essere pronti a cambiare rotta. Quando ho iniziato, mi ero detto: “non faremo mai una commedia romantica”. Ora ne stiamo producendo cinque. Capito? Ci apriamo all’inaspettato. Il più grande nemico del successo è l’incapacità di cambiare direzione.

In merito alle piattaforme, hai citato l’AVOD (Advertising Video On Demand), ovvero piattaforme dove l’utente accede ai contenuti gratuitamente, accettando di vedere pubblicità. Questo è un modello che anche le piattaforme SVOD (Subscription Video On Demand) stanno iniziando ad adottare, abbassando le tariffe in cambio di pubblicità. Tuttavia, se devi pagare, non è AVOD, è SVOD con pubblicità.

Le piattaforme SVOD potrebbero abbassare temporaneamente le tariffe, ma vedrai che le rialzeranno, te lo assicuro al 100%.

Ora, per spiegarti le differenze e i vantaggi dell’AVOD rispetto allo SVOD o al TVOD (Transactional Video On Demand), lascia che ti faccia un esempio. Cosa vogliono fare gli esseri umani? Mangiare, riprodursi, ballare e divertirsi. Queste quattro attività sono costanti nel tempo. Nel 1950 McDonald’s ha trasformato il cibo in qualcosa di quasi gratuito. Nel 1999, con l’avvento di Internet, qual è stato il primo settore dell’intrattenimento a trasferirsi online? Il porno. La gente ha smesso di comprare DVD, cassette e giornaletti. Fine dei giochi. Ora, il porno e il cinema sono la stessa cosa in termini di modalità di fruizione: hai uno schermo, guardi e vieni intrattenuto.

Pensiamo alla musica: siamo passati dal spendere centinaia di migliaia di lire all’anno in cassette e CD, fino a un punto in cui abbiamo detto “basta, non pago più”. Questo ha portato a un crollo della qualità della musica e a una quantità enorme di contenuti immediatamente accessibili con una vita media molto breve.

Anche nel cinema sta accadendo la stessa cosa. Era naturale che accadesse. Con l’AVOD, siamo passati al modello gratuito e non si torna più indietro. Il TVOD è riservato a quei film che spendono cifre enormi. I grandi film di Hollywood dovranno aumentare i loro budget per giustificare un prezzo di 19,90 dollari a film. Le piattaforme pagano poco e se ti fanno fare un film, sei un contractor, non un artista.

Quindi, l’AVOD oggi è l’unica opzione disponibile perché non si torna indietro dal modello gratuito. La gente non ricomincerà a pagare per i contenuti. Per di più, da 40 anni ci vendono l’idea dell’home cinema. Se per 40 anni ci dici L’AVOD è l’unica opzione futura possibile. Esisteranno ancora casi in cui il TVOD continuerà a funzionare, ma saranno rari e legati a investimenti pubblicitari enormi.

Lorenzo

Avrei un paio di domande riguardo il tuo metodo di collaborazione con i giovani registi italiani che fanno film di genere. Quando uno di questi registi è esordiente e ti manda una sceneggiatura che tu decidi di finanziare, qual è il tuo contributo pratico durante le fasi di casting, assunzioni maestranze del set, riprese e post-produzione?

Nessuno. Come faccio a seguire 170 film in meno di un mese e gestire tutta l’azienda? L’ottanta per cento dei film, a livello mondiale, viene realizzato con meno di cinquantamila dollari. Tuttavia, per ottenere quei cinquantamila dollari, un giovane regista deve chiedere aiuto a famiglia e amici, promettendo molto senza riuscire mai a restituire un euro. Spesso lavora per sei mesi mangiando noodles precotti.

Quello che dico ai miei ragazzi è: “Io vi do i soldi e vi tolgo questo problema finanziario”. Come facciamo? Le troupe sono giovani e ridotte, solitamente composte da sei o sette persone, e i tempi di lavorazione sono di sei o sette giorni. Fanno tutto da soli e hanno comunque una partecipazione agli utili.

Parlando di attori, credi che ci sarebbe la possibilità, in futuro, di coinvolgere anche attori più conosciuti, magari che fanno un po’ di fatica a ricominciare dopo periodi di crisi nella loro carriera? Accetterebbero di lavorare in film con budget molto bassi, anche se sono conosciuti?

Ti rispondo con una domanda: perché dovrei avere attori famosi? Si dice che un attore famoso porti denaro, ma i miei dati raccontano una storia diversa. I miei dati mostrano che un giovane attore, che non ha ancora avuto opportunità ma è bravo, può portare molto più valore rispetto a un attore famoso.

Questa insistenza sugli attori di nome sta distruggendo il futuro dei nuovi talenti. Quando si usa il nome di un attore come criterio di punteggio 

 la concessione dei tax credit, si tagliano le gambe ai futuri attori. Solo gli attori già affermati vengono scelti, vanno ai premi e ottengono punteggi che permettono ai loro film di ricevere più fondi statali.

Detto questo, non escludo a priori di lavorare con attori più famosi, ma seguendo un approccio basato sui risultati: “gross over profit”. Questo significa che un attore prende una percentuale dei guadagni del film prima di qualsiasi deduzione percentuale. Ad esempio, ora ho un film con un ragazzo di Disney Channel che ha 10 milioni di follower. Gli ho offerto il 10% di tutti i guadagni del film, e devo dire che questa proposta sta riscuotendo successo. Quindi sì, stiamo lavorando con attori famosi, ma non in modo esclusivo o predefinito.

Sara

Vorrei sapere se hai dei consigli da dare ai giovani filmmaker?

Fate film che la gente voglia vedere. Imparate come funziona il modello della distribuzione e come funzionano i contratti. Se dedicate l’80% del vostro tempo alla realizzazione di un film, dovreste dedicarne il 120% a come distribuirlo. Queste sono le due cose su cui oggi non vi concentrate abbastanza. Non dovreste necessariamente fare film che piacciono solo ad altri artisti, che tra l’altro non hanno nessuna voce in capitolo. Fate film che vogliano vedere le persone. E fatelo bene. Siate aperti al mercato internazionale, perché un film deve essere visto all’estero, non solo nella vostra nazione.

Ora aggiungo un altro punto. Analizziamo la situazione in maniera obiettiva, senza l’amore per il cinema. Parliamo di business, ok? Vi ricordate sette, otto anni fa, quando nessuno dei grandi attori o producer voleva lavorare con Netflix e le altre piattaforme? Cosa hanno fatto queste piattaforme in America e nel mondo? Hanno riempito tutti di soldi. Ma hanno posto una condizione. Niente royalties.. E tutti loro, quando sono stati inondati di soldi, hanno detto sì. Non hanno lottato. Quindi, ora non possono presentarsi come rivoluzionari.

Erano convinti che il mondo del cinema sarebbe andato avanti come sempre e che avrebbero continuato a fare film e a ricevere royalties. Ora si lamentano che le piattaforme nascondono i dati e non condividono revenues e royalties? Hanno fatto male i calcoli. 

Giovanni

In realtà quello che stanno facendo lo fanno per i giovani. Tant’è vero che il processo con Netflix riguarda terzi. Riguarda tutti i ragazzi esordienti che hanno perso soldi e che loro si sono offerti di sostenere.

È un pensiero personale, non sto attaccando nessuno, ma è una cosa che mi mette rabbia. Tutto nasce dal fatto che molte case di produzione sono diventate semplici fornitori per Netflix. L’errore, però, è stato commesso da tutti quando hanno accettato quelle cifre esorbitanti di denaro. Detto sinceramente, se fossero venuti da me e mi avessero offerto 100 milioni, è ovvio che avrei accettato. Ma bisogna avere la capacità di guardarsi dentro e ammettere di aver fatto un errore. Dopo aver accettato le loro regole, non puoi pretendere di cambiarle.

Simone

Durante il primo periodo di vita di V Channels, hai avuto a disposizione un tempo maggiore per seguire i progetti? Oppure hai sempre lasciato molte libertà al processo creativo dei registi?

In realtà, credo di aver visto solo tre dei quasi 185 film che ho prodotto, e solo qualche anteprima. Preferisco non vederli perché penso che questa sia la mia più grande dimostrazione d’amore verso le persone che lavorano ai progetti che produco. Non trovo giusto che il mio pensiero personale possa influenzare le mie decisioni. Spesso sono i numeri degli stream a mostrare chi è riuscito a guadagnarsi il proprio pubblico.

Secondo me, la maggior parte dei produttori che investe milioni su un singolo progetto, in fondo, avrebbe voluto fare cinema. Come produttore, un giorno mi piacerebbe creare una struttura tecnologica che permetta ai miei filmmaker di avere accesso continuativo ai dati in vari formati, in modo da aiutarli nel loro sviluppo. Vorrei che la piattaforma permettesse di inserire lo script, così da essere analizzato dai dati, ma vorrei sempre lasciare una certa autonomia ai registi nello scegliere quali consigli seguire e quali no.

Sono sempre stato onesto riguardo le mie intenzioni: quando offri un budget molto limitato a un filmmaker, è giusto lasciargli parecchia libertà creativa.

Viola

Quanto è importante la fiducia verso i film maker nel tuo lavoro?

Guardate ragazzi, la fiducia è fondamentale in questo ambiente. Io, ad esempio, do i soldi sulla base del semplice plot. Non voglio neanche vedere la sceneggiatura scritta. Quando parlo di fiducia, intendo proprio questo.

Parliamoci chiaro, i ragazzi che mi chiedono di fare un film non hanno i soldi. Quindi devo necessariamente darglieli io in anticipo, magari metà in pre-produzione e l’altra metà un mese prima che inizino le riprese. Quel che è certo, è che nessuno dei ragazzi con cui ho lavorato ha mai mancato di consegnare il film.

Questo perche’ danno un valore immenso alla opportunita che ricevono con noi.

Giovanni

Era proprio questo che intendevo definendoti socialista, hai agito come le banche del microcredito.

Si, esattamente, perché quello che gli sto dando non è solamente l’opportunità di fare il film, ma anche di essere visti e di avere una voce. Perché se non si da voce ai giovani registi indipendenti, nessuno li guarderà mai. Per cui si, io i soldi li do prima e mai nessuno ha rimangiato la parola. Certo, c’è qualcuno che è andato in overbudget di duemila, tremila dollari, ma ci sta, va bene. La cosa divertente è che non me lo dicono, devo scoprirlo da solo, devo torchiarli perché si vergognano di ammetterlo, solo perché mi avevano promesso di produrre con quella cifra e magari loro hanno sforato. Ecco, in questi momenti devo lottare per dargli i soldi, perché si vergognano di chiedermeli per paura di fare brutta figura. La fiducia d’altronde è anche questo no? Il diamante non lo trovi certo da Tiffany, devi infilare la mano in una quantità di merda mai vista per poterlo trovare. Quindi per forza ci deve essere fiducia, si deve rischiare.

Sì, esattamente, perché quello che sto offrendo non è solo l’opportunità di fare un film, ma anche di essere visti e di avere una voce. Senza dare spazio ai giovani registi indipendenti, nessuno li noterà mai. Per questo motivo, io do i soldi in anticipo e mai nessuno ha mancato di mantenere la parola data.

Certo, c’è chi è andato in overbudget di duemila o tremila dollari, ma è comprensibile e va bene così. La cosa divertente è che non me lo dicono, devo scoprirlo da solo. Devo torchiarli perché si vergognano di ammetterlo, solo perché avevano promesso di produrre con quella cifra e magari hanno sforato. In questi momenti devo lottare per dargli i soldi, perché si vergognano di chiedermeli per paura di fare brutta figura. La fiducia è anche questo, no? Il diamante non lo trovi certo da Tiffany, devi infilare la mano in una quantità di difficoltà incredibili per poterlo trovare. Quindi, per forza, ci deve essere fiducia, si deve rischiare.

Parlando di fiducia, mi viene in mente un evento molto divertente. Un giorno sono andato a prendere un caffè a Beverly Hills, e d’un tratto arriva questo ragazzo che sembrava letteralmente scappato di casa; nessuno gli avrebbe dato retta. Mi stava cercando da un sacco di tempo perché, insieme al suo gruppo, aveva realizzato un fumetto e ora volevano realizzare un adattamento cinematografico. Lo ricordo benissimo, aveva una luce negli occhi che non avevo mai visto, tanto che su due piedi ho accettato. Non ho neanche aspettato di fare il contratto, gli ho fatto subito un bonifico, da quanta sicurezza aveva.

Una settimana dopo mi è arrivato il video del test shooting di una corsa di auto, realizzato con i droni. Sono rimasto sconvolto. Grazie ai soldi che gli avevo dato, era riuscito a coinvolgere un grande pilota di droni qui in California, e la città di San Bernardino, interessata al progetto, gli ha lasciato usare la pista gratuitamente. Non vedo l’ora di vedere il risultato finale. La fiducia è una follia, ecco tutto, ma sicuramente darò una seconda possibilità a tutti i ragazzi che hanno fatto il loro primo film insieme a me.

Conclusioni

In un panorama industriale stravolto dal COVID prima e dallo sciopero degli sceneggiatori-registi poi, è chiaro che qualcosa deve cambiare se si vuole dare un futuro ai lavoratori dell’audiovisivo di domani. In molti parlano della rinascita del settore indipendente, e senza dubbio Niccolo Messina e sua moglie Valentina Cau rappresentano un caso di studio molto interessante e decisamente innovativo. Eppure, in un contesto così rapido nei cambiamenti, delle domande sorgono spontanee: il pubblico preferirà davvero piccole produzioni a film da budget di centinaia di milioni di dollari?

L’intervista con Niccolò Messina getta una luce interessante sul suo approccio unico nel sostenere i giovani registi italiani nel cinema di genere. Il produttore si distingue per il suo sostegno finanziario diretto e la fiducia totale nei confronti dei registi emergenti. Messina paragona il suo modus operandi al microcredito, dove decide di finanziare progetti basandosi su un semplice plot anziché sulla sceneggiatura completa. Questa strategia permette ai filmmaker di concentrarsi sulla creatività senza il peso immediato dei finanziamenti.

Un punto chiave dell’intervista è la preferenza di Messina per attori emergenti anziché stelle consolidate. Credendo che i giovani possano portare un valore fresco e autentico ai loro ruoli, il produttore apre la porta anche a star più note, a patto che siano disposte a condividere i profitti anziché ricevere un salario fisso. Questa flessibilità riflette il desiderio di bilanciare innovazione e attrattività commerciale nei progetti.

Messina offre consigli pratici ai giovani filmmaker, enfatizzando l’importanza di capire il mercato della distribuzione e di realizzare film che parlino direttamente al pubblico. Il suo approccio alla produzione cinematografica è caratterizzato da un sostegno incondizionato ai talenti emergenti, permettendo loro di esplorare nuove idee e sviluppare progetti senza vincoli eccessivi.

Le sue storie personali, come quella del giovane regista che ha ottenuto l’uso gratuito di una pista per droni grazie al suo finanziamento, dimostrano come il suo approccio possa catalizzare la creatività e facilitare collaborazioni innovative nel settore.

Critico nei confronti del sistema tradizionale che favorisce le star consolidate a discapito dei nuovi talenti, Messina aspira a creare un ambiente più inclusivo e dinamico nel mondo della produzione cinematografica. La sua visione è quella di riformare le pratiche esistenti per dare più spazio alla diversità e all’innovazione nel cinema contemporaneo.

In sintesi, l’intervista con Niccolò Messina offre uno sguardo approfondito su un produttore che non solo finanzia progetti, ma investe anche fiducia e libertà creativa nei giovani filmmaker italiani, contribuendo così a plasmare il futuro del cinema di genere nel panorama cinematografico internazionale.

Valentina Cau e Niccolo Messina

Domande a cura di Sara Furlan, Alessia Gallo, Giovanni Battaglia, Federica Zaffina, Federico Mango, Lorenzo Dalessandro, Simone Lo Buglio, Viola Bacci e Vincenzo Patané

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