“Side Effects” di Steven Soderbergh – 63esimo Festival Internazionale di Berlino (Concorso)
Grande esploratore di luoghi cinematografici Steven Soderbergh ritorna sulle tracce del genere thriller giocando sul filo della sospensione tra medical e psychological
Colpi di scena e suspense regnano sovrani nell’ultimo lavoro di Soderbergh
Grande esploratore di luoghi cinematografici Steven Soderbergh, dopo essersi di recente rivolto a un pubblico femminile con l’incursione nel mondo dello spogliarello maschile dell’ultima fatica intitolata Magic Mike, ritorna sulle tracce del genere thriller giocando sul filo della sospensione tra medical e psychological. Proseguendo per twist e colpi di suspense che aprono finestre su nuove visioni interpretative alle quale dobbiamo prestare molta attenzione, Soderbergh forgia un lavoro fine e complesso che scardina costantemente le convinzioni dello spettatore.
Il primo twist è sicuramente di genere, pensiamo di assistere ad un medical thriller e invece…La protagonista Emily (il volto angelico di Rooney Mara contribuisce a conferirle uno stato di grazia e innocenza) soffre di una grave forma di depressione a cui neanche il marito (un poco inquadrato Channing Tatum), appena uscito di prigione, riesce a porre rimedio. Dopo alcuni atti di autolesionismo finisce in cura da uno psicoterapeuta (un versatilissimo Jude Law) che le prescrive un farmaco miracoloso e molto pubblicizzato, l’Ablixa, ignorandone gli effetti collaterali che si riveleranno devastanti per Emily e, in ultima analisi, anche per se stesso. Senza indugiare su dettagli rivelatori, è proprio quando siamo convinti di aver colto il senso profondo del film – ossia la chiara polemica contro i comportamenti scorretti e spregiudicati delle aziende farmaceutiche – che Soderbergh si diverte a manipolare il genere trasformando Jude Law in un abile detective capace di smascherare i complotti di due donne al di sopra di ogni sospetto. Il montaggio asciutto e puntuale (ad opera del regista così come la fotografia) segna il ritmo di una storia ben costruita e attenta a non svelare troppo in fretta i suoi segreti. I personaggi sono bene scritti, a partire dall’inaspettato ritratto diabolicamente angelico di Rooney Mara – incredibilmente calata nella parte dopo il faticoso ruolo al limite della trasformazione fisica di Millennium – Uomini che odiano le donne – della sua prima psicologa interpretata da una spigolosa Catherine Zeta-Jones, misteriosa e respingente al punto giusto, per arrivare a Jude Law, sul cui spirito investigativo del tutto convincente si poggia la seconda parte della storia.
Circa 13 anni fa il regista americano era alle prese con la denuncia del traffico di droga negli States firmando Traffic che annoverava, tra le altre star, anche Catherine Zeta-Jones e che veniva proiettato alla Berlinale 2001; oggi riappare sul grande schermo dopo aver annunciato la sua ritirata tornando a maneggiare il thriller con una finezza di scrittura e un controllo visivo all’altezza delle aspettative. Tra critica mirata e stratagemmi di sceneggiatura ben piazzati, Side Effects si regge su una solida struttura intrigante, avvincente, persuasiva.
Francesca Vantaggiato
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