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Sole Luna Doc Film Festival

‘A golden life’ di Boubacar Sangaré: un viaggio esistenziale

Un film che parla di fatica, di pazienza e anche di sogni che vanno al di là del visibile

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a golden age

A golden life del regista Boubacar Sangaré approda alla diciannovesima edizione del Sole Luna Doc Film Festival. Un documentario della durata di 83 minuti che ripercorre il viaggio esistenziale, interiore e concreto, del suo protagonista. Lui è Rasmané, soprannominato “Bolo”, un ragazzo di 16 anni.

A golden life è antitesi, di parole e pensieri

A golden life porta in scena una forma di contrapposizione semantica già a partire dal titolo, in quanto la vita del giovane protagonista e della sua famiglia, non è affatto una vita d’oro. É, al netto contrario, una vita alla ricerca dell’oro. La loro esistenza tende, con un grande slancio di speranza, alla possibilità del nuovo, del meglio – rappresentato dalla possibilità di trovare l’oro – che rimane però quasi incastrato. Come fattualmente lo sono i protagonisti, tra le pareti della miniera che sono impegnati a scavare.

É la famiglia di Bolo a lavorare in una miniera d’oro nel sito di Bantara, in Burkina Faso. La loro giornata è scandita da profonde discese sotto terra e lavoro a mani nude. Il regista si concentra sulle discese e successive risalite dei protagonisti, e più nello specifico del giovane. Sono movimenti concreti che si possono accostare a quelli interiori del giovane Bolo. Costui, come tutti i ragazzi della sua età, ha il desiderio di costruire una propria vita indipendente, separata da quella della sua famiglia.

Anche Bolo sale e scende, metaforicamente, dentro di sé: scende quando ha paura; in un secondo momento nutre speranza e coltiva l’idea di voler agire diversamente, per ottenere in qualche modo, nella realtà, risultati differenti. E quindi sale, alimentato dalla speranza di una vita nuova, che chissà se mai arriverà davvero. I movimenti della macchina da presa di Sangaré in questo senso si potrebbero definire intimi, in quanto intendono leggere l’anima del protagonista. Ed è anche per questo motivo che molte inquadrature si concentrano esclusivamente sugli occhi di Bolo.

Racconto di formazione di un ragazzo con grandi sogni

A golden life racconta con sincerità e forza la vita di un comune ragazzo di 16 anni, che vive e lavora, però, in un contesto già adulto e in qualche modo penalizzante, rispetto alla condizione di tutela di cui dovrebbe godere.

Bolo non è solo impegnato nelle varie azioni di discesa e salita dalla miniera d’oro: ha un gruppo di amici, fuma qualche sigaretta e vede le partite di calcio dal suo telefono. Non sono due vite separate, ma fanno parte della stessa narrazione esistenziale del giovane.

Anche in questo caso vi è un’evidente contrapposizione tra una vita di svaghi e nuove scoperte e una di obblighi e duro lavoro. Il tempo però passa ugualmente e Bolo cresce tenendo sempre davanti agli occhi la sua doppia esistenza: giovane che cerca di capire qual è il suo posto nel mondo e lavoratore nella miniera.

Il desiderio del protagonista è quello trovare l’oro per vivere una propria esistenza che non significhi più dipendenza e fatica, ma anche ampliamento di orizzonti. Il regista non offre una soluzione a tale quesito (ce la farà o meno?), la cui risposta rimane, di conseguenza, “incastrata” dentro lo spettatore. É piuttosto impegnato a mostrare. La macchina da presa riprende dunque l’evolversi di una giovane vita, senza sapere con sicurezza se sarà indirizzata verso il bene o verso il male.

Coglie anche le sue sfumature più profonde, esternate con estrema spontaneità e semplicità dal protagonista. Sono quei momenti, precise inquadrature (una risata sentita, uno sguardo fisso che allude a un pensiero, una domanda esistenziale), che restituiscono allo spettatore la dignità del momento e anche di una semplice e ripetitiva discesa sotto terra. È quell’interrogativo, (che ne sarà della vita di Bolo?), a creare un ponte di comunicazione tra il protagonista e lo spettatore. La scintilla che va colta, e indagata.

L’oro: oggetto di oppressione e libertà

L’oro in A golden life ha anch’esso un significato antitetico: da una parte è simbolo di speranza in quanto il suo ritrovamento può significare ricchezza. Dall’altra è anche segno di oppressione poiché obbliga la famiglia del protagonista a rimanere in quel luogo, impegnata nella sua ricerca, che potrebbe anche rivelarsi vana.

Non solo, perché è anche simbolo della ricchezza (altrui, quella occidentale) e della povertà, della famiglia del giovane, africana. A sottolineare questa dolorosa differenza è proprio la voce di un ragazzino protagonista nel film, quando osserva in maniera particolarmente acuta: “Noi e i bianchi siamo distanti come la Luna dal Sole”.

Ed ecco che questa osservazione può rispondere anche alla domanda posta da Bolo a se stesso, in riferimento alla possibilità di trovare una modalità altra di vita, che sia finalmente propria.

“Ma quest’oro da dove viene e perché è qui?”

Per dare forma a una vita nuova, nel qui ed ora, pare perciò necessario un movimento di discesa verso gli interrogativi più dolorosi della propria esistenza. Per risalire, con nuove scoperte, che chissà, si potranno anche trasformare – con pazienza e attesa – in oro.

A golden life

  • Anno: 2023
  • Durata: 83'
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Burkina Faso, Benin, Francia
  • Regia: Boubacar Sangaré

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