George Lucas, un regista di rilievo nel panorama di Hollywood, onorato con la Palma d’Oro alla 77ª edizione del Festival di Cannes.
Visionario e influente nella cinematografia contemporanea, ha abbracciato con profondità e realismo paradossale un concetto di fantascienza che continua a essere oggetto di studio da parte di cineasti in tutto il mondo.
Il piccolo George Lucas
George Lucas è nato il 14 maggio 1944 a Modesto, California. Suo padre era un commerciante, sua madre casalinga. Fin dalla giovane età, Lucas non era particolarmente incline agli sport e aveva un carattere timido che lo rendeva riservato nelle relazioni. Nonostante ciò, descrive la sua infanzia come un periodo sereno e ricco di attenzioni, tipico dell’american way of life immortalato nelle opere di Norman Rockwell, con colori vivaci e giovani che si dilettano nei piaceri semplici della vita. Questo periodo è stato caratterizzato dall’affetto familiare e dall’esplorazione di interessi tipici dell’infanzia.
Un’adolescenza inquieta
Tuttavia, come i grandi artisti (ad esempio, Woody Allen), anche George Lucas ricreò un contesto di vita tutto suo, impenetrabile. A Modesto, le opportunità per i giovani erano limitate. Il giovane Lucas si lasciò affascinare e coinvolgere dai capolavori dei fumetti Disney e dai classici della letteratura come L’Isola del tesoro e Robin Hood, seguendo così le orme di registi come Allen che, in passato, trovarono rifugio nelle arti e nei contenuti più svariati.
Inoltre, sin da giovane, Lucas non eccelleva negli studi, ma mostrava una passione per i motori e il tuning delle auto. La sua prima macchina fu una Fiat modificata, con cui ebbe un incidente che rischiò di costargli la vita, lasciandolo in coma per diversi giorni. Ancora oggi, Lucas descrive questo episodio come un vero e proprio rito di iniziazione, che lo ha fatto riflettere sul destino e sull’importanza della vita, riportandolo indietro da un confine sottile tra la vita e la morte.
I primi passi nel mondo del cinema
La ribellione giovanile di George Lucas lo portò presto a distaccarsi dalla famiglia e a trasferirsi all’USC per studiare cinema, la sua più grande ambizione. Questo lo portò a maturare la determinazione di superare la promessa fatta al padre, che disapprovava il suo avvicinamento a Hollywood: “Sarò miliardario prima dei 30 anni“. Tra il 1965 e il 1968, realizzò diversi cortometraggi, tra cui uno di un minuto intitolato Look at Life, ispirato al settimanale americano Life, guadagnando riconoscimenti e diventando un modello per gli studenti di arti visive.
Il suo avvicinamento ad Hollywood avvenne attraverso tre documentari di backstage girati grazie a borse di studio. Queste esperienze lo portarono a comprendere i processi capitalistici che regolavano le produzioni di Hollywood, spingendolo verso una maggiore indipendenza e gettando le basi per la sua futura etichetta autonoma.
Agli inizi degli anni ’70, dichiarò:
Il sistema degli studios è morto. È morto quando le corporation hanno preso il controllo e i capi degli studios sono diventati agenti, commercialisti e avvocati. Il potere è ora nelle mani della gente.
L’incontro di George Lucas e Francis Ford Coppola
Durante le riprese dei making of, Lucas si trovò immerso in un’atmosfera cinematografica caratterizzata dalla sontuosità di una Hollywood legata a budget esorbitanti. Egli stesso dichiarò:
Non eravamo mai stati di fronte a tanta opulenza, con milioni di dollari spesi ogni cinque minuti per questa grande produzione… per noi era assurdo, perché fino a quel momento eravamo abituati a fare film con trecento dollari, e vedere questo incredibile spreco di denaro influenzò non poco il nostro modo di vedere Hollywood.
Questa visione contrastava con l’enorme quantità di spreco nel cinema dell’epoca, e si rifletteva nell’immaginario di Lucas come una semplice reinterpretazione pomposa delle classiche configurazioni visive. Tuttavia, nel secondo documentario, fece l’incontro che gli cambiò la vita: durante la regia di un musical con protagonista Fred Astaire per la Warner Bros. nel film Finian’s Rainbow (1968), incontrò Francis Ford Coppola.
La fondazione di Zoetrope
Francis Ford Coppola prese sotto la sua guida il più giovane Lucas e insieme svilupparono inizialmente un progetto chiamato The Rain People, dove Lucas si trovò a ricoprire diversi ruoli all’interno del set, compresa la realizzazione di un making of aggiuntivo. Successivamente, decisero di allontanarsi dagli studios di Hollywood creando una casa di produzione indipendente, volta a ospitare giovani talenti desiderosi di visibilità con progetti a basso costo e lontani dalla visione consumistica di Hollywood. Questa casa di produzione era la Zoetrope, un’idea rivoluzionaria:
Francis vedeva la Zoetrope come una sorta di studio alternativo, alla Easy Rider, dove poteva raccogliere molti giovani talenti con poca spesa, produrre i loro film, sperare che uno di questi fosse un grosso successo, e poi con i guadagni incrementare la casa di produzione. Era veramente un atto di ribellione. Avevamo delle idee che non sarebbero mai riuscite a passare attraverso le censure di Hollywood. Zoetrope doveva essere una dipartita da Hollywood. Era un nostro modo di dire “non vogliamo essere parte del vostro Sistema, non vogliamo fare il vostro tipo di film, vogliamo fare qualcosa di completamente differente”. A noi importavano i film, non i contratti.
Scena di The Rain People
I progetti con Warner Bros in un’America dilaniata dal Vietnam e dall’ LSD
I due registi, in attesa di un capolavoro che avrebbe finanziato progetti futuri e più ambiziosi, iniziarono a cercare finanziamenti, proponendo un pacchetto di sceneggiature alla Warner Bros. Tra queste c’era il primo lungometraggio di George Lucas, THX 1138, e Apocalypse Now, il colossale film di Coppola. Per THX 1138, la visione scientifica avanzata da Lucas non fu apprezzata dalla Warner, che ridusse il film di quattro minuti, riflettendo la visione di Lucas su Hollywood in quegli anni. Il film, una fantascienza che dipinge la società oppressa dal progresso e controllata dalle macchine, con l’ausilio di droghe e una routine opprimente, mette in luce le tensioni sociali.
Con una prospettiva decadente e orwelliana, il film rifletteva il malcontento generale verso la politica e la società americana degli anni ’70, ma forse per questo non ottenne il successo sperato. Dopo un’accoglienza tiepida, Coppola suggerì a Lucas di realizzare qualcosa che potesse emozionare il pubblico, allontanandosi dalla fantascienza astratta.
Il risultato fu una nuova direzione, più leggera ma profonda, che catturò una nostalgia retrò degli anni ’50, focalizzandosi sui divertimenti e le passioni dei giovani. In un periodo segnato dall’emergere delle droghe come l’LSD, il film, American Graffiti del 1974, si allontanava dalla lenta astrazione dalla realtà e dal graduale declino sociale.
American Graffiti
Diretto da George Lucas nel 1973, American Graffiti narra dell’ultima sera dell’estate del 1962. Gli amici Steve Bolander (Ron Howard), Curt Henderson (Richard Dreyfuss), Laurie Henderson (Cindy Williams), Terry “Il rospo” Fields (Charles Martin Smith) e John Milner (Paul Le Mat) si riuniscono al Burger City per trascorrere l’ultima giornata di libertà. Curt confessa a Steve di voler prendere un anno sabbatico, mentre Steve promette la sua preziosa Chevrolet Impala a Terry. Laurie è preoccupata per la sua storia d’amore con Steve, che vuole affrontare il college da uomo libero.
Il gruppo si separa e Curt, salito sulla macchina di Laurie e Steve, rimane folgorato da una bellissima donna che, passando con la sua vettura nella direzione opposta, gli sorride e gli sussurra ‘Ti amo’. Nel frattempo, John, in cerca di compagnia femminile, fa la conoscenza di Carol (Mackenzie Phillips) ma si rende conto della giovanissima età della ragazza e vuole liberarsi della sua compagnia. Mentre John ha uno spiacevole incontro con la polizia stradale e studia un piano per riportare Carol a casa, Curt cerca ossessivamente la misteriosa donna ma viene coinvolto nelle scorribande di una gang di teppisti locali.
American Graffiti
American Graffiti è quindi una commedia romantica adolescenziale che racconta la tenera storia di giovani in bilico tra l’immaturità della gioventù e l’ingresso nell’età adulta. Amori giovanili, incertezze sul futuro, avventure notturne e dilemmi sentimentali si fondono in un film che emerge per la sua atmosfera anti-climatica, offrendo un rifugio dalla cupa realtà della guerra del Vietnam e dall’epidemia di droga che dilagava nelle strade dell’epoca.
Produzione e distribuzione
Il regista ottenne un guadagno di alcuni milioni di dollari all’accoglienza al botteghino, ottenendo un riconoscimento sia dal pubblico che dalla critica. Il film fu girato in quasi un mese e montato nel garage di Lucas, con un budget di 750.000 $. La prima proiezione avvenne a San Francisco il 28 gennaio 1973, suscitando perplessità presso la Paramount, che lo riteneva troppo distante dall’accezione cinefila dell’epoca. Tuttavia, si rivelò un successo nella stagione estiva, incassando cinque volte il suo costo.
George Lucas e il mito di Star Wars
Dopo il successo ottenuto, Lucas si allontanò da progetti realistici come Apocalypse Now, successivamente realizzato da Coppola, per dedicarsi a un progetto fantascientifico. In questo nuovo lavoro, l’autore subì innumerevoli influenze sia dal punto di vista mitologico che ideologico. Già dal 1972, Lucas si ispirò a opere come Flash Gordon di Alex Raymond e ad autori come Isaac Asimov, Edgar Rice Burroughs e Frank Herbert per la stesura della sceneggiatura di Star Wars, che diventò l’opera più identificativa del suo genio artistico.
Inoltre, riuscì ad assorbire parte della sua sceneggiatura anche da esperienze di vita e valorizzando i caratteri di personalità esistenti. Alcuni esempi di analogie tra la vita di George Lucas e gli elementi di Star Wars possono essere, l’imperatore malvagio, che si dice fosse ispirato a Nixon, o il personaggio di Han Solo, ostile alle regole del sistema, basato sull’amico Francis Ford Coppola.
L’influenza di Kurosawa
Il regista fece riferimento a una vasta gamma di archetipi, spesso non direttamente legati al contesto fantascientifico, ma piuttosto lontani. Un chiaro esempio è l’incorporazione di due opere fondamentali di Akira Kurosawa, I sette samurai (1954) e La fortezza nascosta (1958). Lucas adottò un approccio simile a quello del regista giapponese, creando un ambiente del tutto nuovo per immergere lo spettatore, senza fornire troppe spiegazioni dettagliate, ma concentrandosi sulla costruzione del contesto e dei personaggi che lo popolano.
I sette samurai e Star Wars
Come il Giappone feudale di Kurosawa, Lucas riuscì a integrare nei suoi film le insidie politiche e culturali di un universo indipendente. Sviluppò il contenuto parallelamente alla realizzazione fantascientifica, impreziosendo la trama con gli strumenti necessari per forgiare un racconto spaziale completamente immaginario.
Anche Wagner ci mette del suo
George Lucas trasse anche una forte ispirazione dall’opera di Richard Wagner, Der Ring des Nibelungen. Dall’opera del compositore e poeta, Lucas prese una componente fantasy funzionale, delineando così l’elemento più fiabesco presente in Star Wars, raccogliendo i tratti di una storia che presenta un universo non ben definito, popolato da una vasta gamma di creature, con una trama che incorpora spade magiche, un eroe cresciuto da una strana creatura e una principessa in pericolo, oltre a esplorare il conflitto tra padre e figlio e lo scontro tra potere e amore.
Il rapporto paterno
Un punto cruciale su cui è importante soffermarsi è la diatriba tra padre e figlio, una struttura biografica contrastante con la visione di un’infanzia idilliaca che Lucas stesso sostiene di aver avuto con il genitore. Difatti, in alcune biografie, si dipinge la figura di un Lucas senior conservatore e autoritario, cresciuto durante la grande Depressione, che non approvava il sogno cinematografico del figlio. Un uomo che non vedeva di buon occhio il ragazzo che fantasticava di cinema, mentre egli stesso aveva faticato a raggiungere, con la sua piccola azienda, un livello di agiatezza tale da dover essere tutelato anche dalla sua prole. Da qui emerge il parallelo con la figura di Luke Skywalker e il suo rapporto con il padre Darth Vader, il cui nome si pensa derivi da Dankwart, un personaggio de La canzone dei Nibelunghi.
Questa visione ribaltata si manifesta nel fatto che Anakin, il padre ribelle e insofferente, è il genitore di Luke, che abbraccia positivamente il lato luminoso della Forza, mentre Anakin stesso ha abbracciato il lato oscuro. Questo contrasto spietato riflette le stesse convinzioni del regista sulle scelte di vita e sulla strada da intraprendere, anche se ha comportato un confronto difficile con la propria famiglia e con i legami del passato.
Star Wars: dalla stesura alla produzione
Nel 1973, il soggetto di Lucas era un documento di sole tredici pagine, ma al tempo stesso un materiale prezioso che attirò l’attenzione degli studios della 20th Century Fox. Questi ultimi offrirono al regista e sceneggiatore una somma di denaro non elevata, ma anche “accordi particolari” richiesti da Lucas. Infatti, il regista manteneva i diritti sulle musiche, sulla vendita delle registrazioni della colonna sonora, sui prodotti derivati dal film e su eventuali sequel, clausole che, con il successo del film, resero Lucas uno degli uomini più ricchi nel mondo del cinema.
Star Wars (1977)
Una sorpresa inaspettata
Il primo film della saga fu girato integralmente a Londra negli studi Elstree. Con un budget di 8,5 milioni di dollari, una troupe non preparata, ammutinamenti e problemi tecnici, Lucas descrisse l’esperienza sul set come terribile. Insoddisfatto del lavoro svolto, decise di montare il film negli Stati Uniti e, al termine, organizzò una proiezione privata per alcuni noti nomi di Hollywood, tra cui De Palma, il più scettico, e Spielberg, che intravedeva delle potenzialità.
Nonostante le difficoltà, il film approdò nelle sale il 25 maggio 1977, ottenendo un successo enorme e inatteso. Il regista, in vacanza durante il debutto dell’opera, fu informato tramite un telegramma da Coppola, allora impegnato nelle Filippine con Apocalypse Now, del trionfo che il film stava riscuotendo.
Successivamente, Spielberg, fin dall’inizio sostenitore del regista californiano, propose una collaborazione che portò alla creazione de I predatori dell’Arca Perduta (1981). Questo successo permise a Lucas di distanziarsi dai colleghi e di vivere per anni di una rendita che gli consentì di produrre film con la sua etichetta indipendente, realizzando il progetto condiviso con l’amico e collega Francis Ford Coppola. In parte, riuscì a distaccarsi dall’industria di Hollywood, nonostante il dissenso di colleghi più affermati, ma riuscendo a realizzare la sua visione originale del cinema, tra avversità e sostegni genuini.
George Lucas, un eterno contemporaneo
Lucas risiede tuttora nello Skywalker Ranch, lo studio di post-produzione collegato alla sua abitazione, dove vive dopo il divorzio dalla moglie Marcia, insieme ai suoi tre figli adottivi. È un uomo riservato, parla spesso dei suoi film ed è un entusiasta delle nuove tecnologie. La sua capacità di rimanere costantemente al passo con i tempi, e talvolta persino di anticiparli, rende questo personaggio particolarmente affascinante. La sua visione imprenditoriale e artistica lo ha guidato verso una strategia che combina l’arte cinematografica con l’acume economico, permettendogli di raggiungere i suoi obiettivi.
Lucas, come menzionato in precedenza, ha acquisito i diritti sui gadget legati ai suoi film, sulle colonne sonore e su progetti futuri; ottenendo così non solo i ricavi dalle vendite dei biglietti ma anche profitti diversificati, centralizzando un guadagno che ha praticamente monopolizzato il progetto Star Wars.
Un visionario e un ribelle, che oggi, all’età di ottant’anni, viene premiato con la Palma d’Oro alla carriera alla 77° edizione del Festival di Cannes. Un riconoscimento conferito a chi ha saputo navigare l’epoca con grande modernità, ambizione e un tocco di genialità.