Lento e pacato, “Lubo” di Giorgio Dritti si prende il suo tempo per scoprire quella che è l’agghiacciante storia di un’ingiustizia, tratta dal romanzo Il seminatore di Marco Cavatore: presentato al Bifest 2024, il regista ha incontrato il pubblico, vincendo il Premio Furio Scarpelli per la miglior sceneggiatura (Leggi qui la recensione del film).
Lubo | Sinossi
Lubo (interpretato magistralmente da Franz Rogowski) è un nomade e un artista di strada che nel 1939 viene chiamato nell’esercito elvetico a difendere i confini nazionali dal rischio di un’invasione tedesca. Poco tempo dopo scopre che sua moglie è morta nel tentativo di impedire ai gendarmi di prendere i loro tre figli piccoli, strappati alla famiglia in quanto Jenisch. Lubo sa che non avrà più pace fino a quando non avrà ritrovato i suoi figli e ottenuto giustizia per la sua storia e per quella di tutti i diversi come lui.
Il film, prodotto da Indiana Production, Aranciafilm, Rai Cinema, hugofilm features, Proxima Milano, è distribuito da 01 Distribution.
Le parole di Giorgio Dritti
Un tema non scontato, quello scelto da Giorgio Dritti per il suo ultimo film: l’allontanamento dalle famiglie forzato e ingiustificato di tutti quei figli dei nomadi Svizzeri, durante la seconda guerra mondiale. Un tema che rimane molto attuale, quello della discriminazione nei confronti del diverso. Ne ha parlato oggi, al Bifest.
“Istintivamente sento l’importanza di trasmettere la capacità di convivere da parte dell’uomo con culture diverse. E certe volte per raccontare questa cosa, in realtà si va a raccontare quello che non funziona. Ci si mette ancora una volta di fronte all’assurdità delle guerre, la discriminazione raziale. Si presume che qualcuno è più uomo dell’altro. Credo che la diversità sia uno degli elementi che può aiutare molto lo sviluppo della società, che può arricchirla. Può essere anzi un’evoluzione in senso positivo”.
Il film, tratto dal romanzo di Marco Cavatore, segue da vicino, nel dettaglio, la storia tormentata di Lubo. Un uomo a cui è stato fatto del male e che, a sua volta, si è ritrovato a far del male, come in ogni guerra.
“In uno step successivo con Fredo Valla (sceneggiatore) , ho cercato di capire cosa meritava di essere messo in luce del romanzo e anche magari di essere modificato. Nel romanzo la storia in realtà racconta tre generazioni separate, quella di Lubo, dei suoi figli e a seguire. Invece a me sembrava interessante raccontare la storia di un uomo che vive una grande ingiustizia. Un uomo che viveva facendo ciò che amava, gli spettacoli di strada, con la sua famiglia, e faceva la sua vita. Poi gli viene portato via tutto. Si scatena in lui una reazione che è si, di vendetta, ma anche quella di un uomo che cerca di ritrovare un senso alla sua vita”.
Un film che, insieme al protagonista, è un po’ nomade: oltre cento le location in cui è stato girato, per un periodo di ben nove settimane.
“Più c’è una corrispondenza nell’ambito del luogo, tanto più riesci a ricostruire una determinata sensazione. Noi siamo in relazione all’ambiente che frequentiamo. Credo che l’ambiente racconta quanto le parole. Il percorso che io faccio è legato alle sensazioni emotive”.
Con Lubo, Giorgio Dritti racconta anche se stesso.
“Mi sono vestito da signora dell’aristocrazia, ma ero anche nei panni di Lubo. La mia esperienza di vita è segnata da un esperienza particolare. I miei genitori in realtà erano istriani, quindi sono persone che hanno subito una fuga forzata. Questa esperienza l’ho respirata, ma con questo film volevo parlare anche di quella che è la dimensione gioiosa. Racconto tutta la parte della vita di strada che, ad esempio, nel romanzo non è menzionata”.
Giorgio Dritti parla infine anche di progetti futuri.
“Il mio prossimo progetto è ancora un po’ lì che galleggia tra le nuvole, ci sono più idee. In realtà, prima che scoppiassero queste guerre, mi interessava un progetto sulle giovani generazioni, sulle loro prospettive di realizzazione, le loro aspettative, la loro partecipazione alla vita. Sono curioso di capire come sono oggi queste generazioni, come vivono l’ansia per il futuro”.