Anno: 2012
Distribuzione: Officine Ubu
Durata: 140′
Genere: Commedia
Nazionalità: Francia
Regia: Jacques Doillon
Un enfant de toi di Jacques Doillon, inizia con la telecamera a mano che filma, come in un abbraccio Aya, (Lou Doillon) e Louis (Samuel Benchetrit), intenti a parlare. I due si sono separati e hanno avuto insieme una bambina, Lina (la piccola esordiente Olga Milshtein). È il primo, dei nove appuntamenti di “riavvicinamento”, più o meno segreti, che avranno durante lo scorrere della storia, quello in cui Aya dice a Louis, che vive attualmente con la sua fidanzata Gaelle (Marilyne Fontaine), di volere un figlio da Victor (Malik Zidi) suo nuovo compagno. Da qui inizia una storia a tre che Doillon mostra con delicatezza di sguardo e raffinatezza. I dialoghi intimistici e sinceri denotano una sceneggiatura accorta e ben strutturata, che sembra richiamare il teatro dell’assurdo francese. Questo rapporto amoroso vede Aya sempre in bilico, stretta in un triplice dilemma. Abbandonarsi incondizionatamente a Louis, restare con il più “concreto” Victor o scegliere la sua libertà di amare. Alla fine si spoglierà di tutte le sue resistenze e ascolterà il suo cuore. Il film scandito in tre atti, escluso alcuni momenti di stallo, dovuti anche alla lunghezza del film (ben 140 minuti, il film più lungo in concorso), scorre bene e regala momenti divertenti. Il dialogo del“Marito seriale” (Victor) e del “puttaniere seriale” (Louis) è ben riuscito come la scena dei tre insieme sul letto. A far deflagrare la macchina narrativa sono però sempre i vivaci e acuti interventi della piccola Lina una strepitosa Olga Milshtein, perfetta nel ruolo. Ma tutti gli attori dimostrano empatia con il proprio personaggio, soprattutto Lou Doillon, che nella sua interpretazione ci fa come sentire i movimenti della vita nel suo essere. Un film con una tessitura fatta di fili di colore diversi che Doillon riesce a unire perfettamente in un disegno armonioso. Non a caso, lui stesso, ha parlato della lavorazione del film come di un “lavoro a maglia”. Il regista parigino denota ancora una volta il suo attaccamento a temi quali il rapporto fra adulti, l’infanzia, la famiglia, con un linguaggio semplice, intenso e lucido, dimostrandoci di saperci fare.
Vittorio Zenardi