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Reviews

Duzhan (Drug War)- Festival Internazionale del Film di Roma (Concorso)

Ming, trafficante senza scrupoli e dal ‘piano B’ sempre in canna, sbanda pericolosamente sull’autostrada. La sua auto si schianta contro un ristorante, causando l’esplosione di un laboratorio di droga…

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il

 

Anno: 2012

Nazionalità: Cina

Durata: 107′

Genere: Azione – Drammatico

Regia: Johnnie To

Presentato in Concorso il secondo film a sorpresa del Festival, Duzhan (Drug War), del regista di culto cinese, Johnnie To. Annunciato più tardi per oltrepassare le difficoltà di censura cinesi, non rappresenta una vera e propria novità per il direttore del Festival, Müller, che aveva già scelto il regista di Hong Kong nei suoi anni al Lido. Per tre edizioni, infatti, sono stati inseriti nel concorso veneziano, suoi film. Nel 2006, Exiled, nel 2007 Mad Detective (anche in quel caso film a sorpresa) e nel 2001 Life Without Principle.

Duzhan (Drug War), ambientato nella Cina continentale (prima volta per il regista), racconta la storia di Lei, (Sun Honglei), capitano della polizia, che tenta di sconfiggere un enorme traffico di droga, avvalendosi di un contatto “interno”, il trafficante di stupefacenti Ming, (Louis Koo), catturato dopo essersi schiantato con la macchina dentro un negozio. In cambio dell’aiuto, il capitano eviterà la sua condanna a morte, pena riservata in Cina per i trafficanti di droga.

Inizia così, un’avvincente corsa, per catturare tutta la Gang che controlla il mercato degli stupefacenti, con scambi d’identità, intrighi e colpi di scena. Il film, che rientra nel genere gangster movie, caro al regista, riesce a tenere alta la tensione per tutta la durata della pellicola. Anche senza particolari spunti autoriali, alcune scene rimangono impresse, soprattutto quella dell’interminabile sparatoria finale, girata con l’inconfondibile stile Johnnie To.

Duzhan è il primo film cinese a parlare apertamente di droga, ma il regista, in conferenza stampa, ci ha tenuto a precisare: “Il problema della droga non è solo cinese, e non ho voluto fare un film per accusare nessuno, anche in Europa e in America lo spaccio è un’attività presente e pericolosa. Il motivo per cui ho deciso di girare Drug War in Cina e non altrove è che, qui gli spacciatori non finiscono in galera, ma vengono uccisi. Era questo che m’interessava: le differenze nel sistema penale, e anche parlare della vita che fanno i poliziotti. Ogni anno muoiono migliaia di poliziotti in prima fila contro lo spaccio di droga. Volevo dimostrare al mondo che gli spacciatori sono persone senza coscienza e senz’anima”. 

Proprio per questo il film termina con Ming steso sul lettino che viene giustiziato con un’iniezione letale, come a dire, cinema spettacolo sì, ma con impegno.

Vittorio Zenardi

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