Nascono potenze e nobiltà/ feroci, nei mucchi di tuguri/ nei luoghi sconfinati dove credi/ che la città finisca, e dove invece ricomincia/ nemica, ricomincia/ per migliaia di volte… – Pier Paolo Pasolini
Rita Sue e Bob in più è ora disponibile su Mubi. Commedia drammatica, ferocemente irriverente ma anche delicata, si tratta dell’ultima opera di Alan Clarke. Regista britannico che ha operato principalmente all’interno del mercato televisivo realizzando solo tre film destinati al circuito cinematografico, ma che è comunque riuscito, tramite la sua vasta produzione, ad imporsi come uno dei più influenti e riconosciuti registi inglesi.
Tra i tanti, Gus Van Sant con il suo Elephant, cult del 2003 sul tristemente celebre massacro della Columbine High School, gli ha reso omaggio titolando l’opera alla stessa maniera di un cortometraggio dello stesso Clarke del 1989, ma soprattutto mediante l’uso del piano sequenza, tratto stilistico che ha sempre caratterizzato le opere del regista. Non a caso anche Harmony Korine, enfant terrible tra i maggiormente conosciuti e controversi del cinema indie statunitense, famoso soprattutto per aver diretto Gummo e Spring Breakers, annovera Clarke tra i suoi maestri. Rita Sue e Bob in più è forse l’esempio più evidente di come sia riscontrabile l’influenza di Clarke in altri registi che, come lui, hanno voluto raccontare la periferia dipingendone i tratti distintivi attraverso il filtro dell’assurdo, dell’incredibile e della bizzarria, rimanendo però allo stesso tempo sempre profondamente ancorati a realtà materiche, concrete e quasi tattili nella loro cruda veridicità.
Rita Sue e Bob la trama
Bradford, West Yorkshire: Rita e Sue sono due vispe adolescenti figlie dell’Inghilterra profonda, quella proletaria e disperata. Figlie di genitori assenti o maldestri, alcolizzati e disoccupati. Lavorano come babysitter presso una coppia della middle-class, che ne rappresenta tutti i principali tratti sclerotici. Lei, algida e poco empatica. Lui, Bob, un erotomane. Inizia una tresca clandestina con entrambe, facendogli scoprire i piaceri del sesso ed accelerando il loro processo di crescita. Poi, però, la moglie lo viene a scoprire…
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Rita e Sue in una scena del film
Rita Sue e Bob: la periferia come catarsi
Pasolini è stato tra gli artisti più sensibili nel ritrarre le realtà marginali restituendogli umanità e decoro, attraverso una narrazione organica e priva di retorica. Seppure i suoi eroi tragici e quasi cristologici si discostino dai personaggi rappresentati qui da Clarke, per contro semplici e allegri, il modo in cui questi autori illustrano la dimensione folcloristica e vivace delle realtà ultime avvicina i ragazzi di vita pasoliniani, i suoi accattoni, ai giovani inglesi di Clarke, miserabili ma lieti, che tribolano liberando la propria energia entusiasta e gioviale, ma anche sconsiderata e incauta. La suburbia intesa come spazio urbano tronco, sempre mancante di quegli elementi tipici che rendono una realtà prospera e fiorente, come i centri cittadini e metropolitani, è radicata nell’immaginario collettivo. La poesia sopraccitata, tratta dalla raccolta La religione del mio tempo edita nel 1961, si apre recitando, al primo verso della prima strofa:
Sesso, consolazione della miseria!
tracciando così un altro importante parallelismo con uno dei temi centrali dell’opera in questione, quello della scoperta della sessualità intesa come distrazione e fantasia, ma anche strumento di offesa e oltraggio, oltre che fisiologico momento di passaggio e, quindi, crescita. Ma quello che i pochi versi di questo componimento – e questo film – riescono a veicolare meglio è la sintesi di significato profondo che tracciano, descrivendo con vivida lucidità la varietà umana e la ricchezza delle diversità socio-culturali nelle periferie, stravolgendone la semantica che spesso ne costringe il racconto ad una riduzione primitiva. Per Clarke-Pasolini sono luoghi di continua rigenerazione, dove, quando la città sembra terminare, ricomincia allargandone i confini, in un ciclo perpetuo di rivalsa che contrasta la narrazione dominante di questa realtà così variegata, e quindi così complessa, da comprendere e raccontare senza essere avvolti dalla nebbia intellettuale del preconcetto.
Le immagini contrastanti che animano le illustrazioni dell’outskirt inglese ne evidenziano la complessità ma anche l’energia. Un ambiente vivo e pulsante, ma dove hanno anche vita scontri di spinte e slanci distruttivi e demolitori. La periferia come luogo deputato alla nascita e alla rimescolanza di forze in contrasto tra loro. Un luogo di tensione, dinamico e vitale, che ci offre una prospettiva differente, articolata e poliedrica, sulla condizione umana.
Senza causa, con il sorriso
Le periferie sono luoghi ostili in tutto il mondo e trovarsi nelle borgate romane, nelle banlieue di Parigi o nei sobborghi di Bradford, forse, non fa molta differenza. Palazzoni, complessi residenziali rovinosi, blocchi di cemento e locali sudici, privi di identità e frequentati da operai e giovani sbandati. Questi sono alcune delle idee astratte che si palesano subito nella nostra immaginazione quando pensiamo alla periferia. E questo film in parte conferma e in parte gioca con questi stereotipi, rendendoli totalizzanti e quasi fatalistici, ma sottraendogli anche parte della loro drammatica carica emotiva. In periferia non ci sono prospettive e non c’è possibilità di riscatto, ma non è neanche detto che ci si debba sempre salvare.
In Rita Sue e Bob in più non ci sono archi evolutivi dei protagonisti che si redimono e compiono atti purificatori tramite cui poter accedere a migliori condizioni di vita e ad una superiore comprensione del sé. Le protagoniste non cambiano, non migliorano, perchè non hanno da correggersi: la vita che conducono è sufficiente. Provengono da un ambiente economicamente e culturalmente depresso, hanno ricevuto un’educazione scarsa e trovano unico conforto nei piaceri del sesso inteso come atto meccanico, privato della sua connotazione sentimentale o anche solo relazionale. Bevono e fumano, mangiano con poca attenzione e sono poco femminili, anche nei tratti, quasi androgini. Sono cresciute in un contesto abusivo e non conoscono l’affetto come naturale forma di legame emotivo.
Vogliono ‘voracitare’ la vita e lo fanno con malizia e scaltrezza. Incarnano perfettamente l’escapismo e tutte le sue derive, senza però che queste assumano mai i tratti distintivi della tragedia. Nulla di tutto questo risponde a quelle che sono le caratteristiche fondamentali di una realtà convenzionale. Ma questo non significa che sia da condannare o che non possa essere vissuta con semplicità e naturalezza senza farsi travolgere dall’enormità degli eventi.
Una realtà sociale alternativa
Siamo abituati a credere che borghese e agiato siano sinonimi di salubre e giusto, ma Clarke, in controtendenza, pare suggerirci diversamente. Anche la periferia ha la propria dignità, pur nelle sue stravaganze e nella scomodità di condurre un’esistenza a tratti inconsapevole. E questa dignità ci viene restituita graficamente attraverso un sapiente uso del colore, che funge da contrappunto all’opacità della periferia. Colori accesi, brillanti e intensi, quasi accecanti, soprattutto nell’abbigliamento e negli arredi, stridono con le situazioni di disagio rappresentate. Ecco che così la messa in scena destruttura e demistifica la concezione del bello e buono.
Le avversità vengono affrontate dalle giovani protagoniste con larghi sorrisi e sguardi beffardi, mai languidi o sconfitti. Non ci sono vezzi ideali o il tentativo moralizzante di dipingere la periferia come una realtà orribile da cui evadere, nello sguardo di Clarke. Non ci sono atti di accusa e di denuncia della condizione operaia come accade invece nei film del suo conterraneo Ken Loach, che si identificano invece proprio attraverso la trattazione di temi sociali.
Rita Sue e Bob in più è un film potente perchè libero dalla retorica di doversi spiegare, di doversi giustificare. Ma che soprattutto rinuncia ad essere illustrativo e pedagogico. Non c’è giudizio, assoluzione o biasimo, non ci viene chiesto ne tantomeno detto cosa pensare delle vite dei protagonisti e dei loro risvolti. Rita Sue e Bob in più è bello perchè viene esposto ma mai criticato.
Il cinema non deve essere didattico e questo Clarke lo ha recepito meglio di molti altri suoi colleghi che, più di registi, paiono educatori.