- Foto in evidenz Credit: Courtesy Warner Bros. Pictures
Dopo l’uscita natalizia negli States, sbarca anche in Italia Il colore viola di Blitz Bazawule, candidato a un Premio Oscar (per la migliore attrice non protagonista) e distribuito, da giovedì 8 gennaio, da Warner Bros. Pictures.
Remake del musical di Broadway e dell’omonima pellicola firmata da Steven Spielberg – qui in veste di produttore, assieme a Oprah Winfrey e Quincy Jones – a loro volta basati sul romanzo di Alice Walker, Il colore viola si rivela una vera e propria scommessa per il pubblico italiano. Un po’ per la struttura a musical, un po’ per i temi trattati, prettamente legati a una cultura che ben conosciamo, ma che poco ci appartiene.
Il colore viola | La trama
Celie (Phylicia Mpasi da giovane, Fantasia Barrino da grande) ha sempre vissuto alle dipendenze di uomini violenti, aggressivi, irrispettosi. Prima il padre (Deon Cole) che abusava di lei, poi il marito Mister (Colman Domigo) che la tratta come una serva, mentre ha una relazione con un’altra donna, Shug (Taraji P. Henson). Il suo unico affetto, la sorella Nettie (Halle Bailey in versione teenager, Ciara in versione adulta), le è stato strappato via quando era ancora una ragazzina.
Photo Credit: Courtesy Warner Bros. Pictures
Insulti e botte sono all’ordine del giorno, sino a quando conosce la fidanzata del figliastro Harpo (Corey Hawkins): Sofia (Danielle Brooks) sa cosa vuole e sa come prenderselo, non è disposta ad accettare soprusi nè ingiurie, perché per troppo tempo è stata succube della sua famiglia di uomini. Ma, nella Georgia dei primi del Novecento, le cose non sono mai rose e fiori, e ben presto sarà Sofia ad aver bisogno di Celie e del suo grande cuore.
Non avere paura.
La musica come punto di forza
Il fatto di avere in cabina di regia un esperto in ambito musicale e discografico, sicuramente, fa la differenza. La pellicola, a tratti, somiglia a un videoclip di ottima fattura, ben sostenuto dalle canzoni di grande appeal e dalle voci delle interpreti, alcune delle quali sono cantanti di professione. Dalla Barrino a H.E.R., dalla Brooks a Ciara, passando per la Bailey già ampiamente apprezzata nel live action de La Sirenetta.
Se la musica è, quindi, un aspetto fondamentale de Il colore viola, non sorprende quanto i momenti coreografati siano i più riusciti e accattivanti. Peccato che, a un certo punto, si interrompano bruscamente, per poi riprendere sul finale, determinando un andamento non fluido e, soprattutto, una narrazione slegata, che vanno a penalizzare la fruizione.
Donne e Dio ne Il colore viola
A incidere in tal senso, anche la durata della pellicola (sopra le due ore) fa sì che venga meno quell’attenzione utile e importante, considerando le tematiche affrontate. La condizione femminile è al centro del discorso, sviluppato in un range di tempo che va dal 1909 al 1947. Per quanto preciso, il contesto sta a simboleggiare tutta una serie di situazioni che, purtroppo, ancora oggi possono presentarsi.
La vita non spezzerà mai la tua anima.
La solidarietà tra donne, il rapporto di sorellanza, la violenza casalinga, le ferite del passato, caratterizzano l’esistenza della protagonista, profondamente condizionata dalla presenza di Dio. La questione della fede rischia, spesso, di prendere il sopravvento, ma è talmente intrecciata con la storia e con i personaggi, da non poter essere tralasciata.
Dal punto di vista registico, Il colore viola gioca intelligentemente con alcune suggestioni derivanti dalla Bibbia e dal musical, sfruttando alla perfezione una fotografia – a cura del danese Dan Laustsen (John Wick, La forma dell’acqua) – che rispecchia stati d’animo e crea spunti di confronto e conversazione.
*Salve sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.