La quercia e i suoi abitanti (Le chêne, 2022) di Laurent Charbonnier e Michel Seydoux uscirà nelle sale italiane il 25 gennaio, per la I Wonder Pictures. È un documentario cinematografico incentrato su una secolare quercia che ospita una moltitudine di animali.
Un enorme “condominio” naturale, simbolo della bellezza e della forza della natura. E questa opera, adatta sia per un pubblico di bambini che per adulti, vuole far comprendere come l’ecosistema sia fondamentale per l’esistenza, e come è necessario aver rispetto per l’ambiente.
Il documentario è stato proiettato ad Alice nella città, quasi due anni fa. In quell’occasione abbiamo potuto intervistare Michel Seydoux, produttore e in questo caso anche co-regista. Seydoux ha una rinomata carriera come produttore, avendo collaborato, tra gli altri, con Joseph Losey, Jean-Paul Rappenau, Nikita Mikhalkov, Alain Resnais.
Quattro chiacchiere con Michel Seydoux
Come è nato il progetto di La quercia e i suoi abitanti?
Ho incontrato Laurent a una fiera. Lui conosceva i miei precedenti lavori, mi ha parlato di questo progetto e… abbiamo iniziato così.
Al centro di questo documentario c’è l’essenza dell’ecosistema, di come sia importante.
Oggi ci interessiamo di più all’ambiente, ma nonostante questo pensiamo di essere superiori. Quello che abbiamo voluto rappresentare, prendendo come soggetto questa quercia, è che c’è tutta una vita spesso a noi sconosciuta. Un mondo che gira intorno a questo albero vecchissimo, in cui ogni essere ha delle responsabilità.
Quale è stata la parte più complicata nella lavorazione?
La pazienza.
La quercia e i suoi abitanti è un documentario molto cinematografico, molto dinamico. Quante videocamere avete utilizzato?
Abbiamo girato all’incirca cinquanta ore. Spesso Laurent riprendeva da solo, mettendosi in diverse postazioni. Questo era quello che usualmente avveniva quasi tutti i giorni. Però, per lui era abbastanza facile, perché viveva a un chilometro da quella quercia.
Quindi era facile raggiungerla in determinate circostanze, se voleva fare determinate riprese. Poi, quando c’erano da girare anche le scene con gli animali, abbiamo utilizzato fino a tre videocamere. In ogni modo, normalmente giravamo con due.
Le scene nella tana dei roditori, sono molto avvincenti. Come sono state girate?
Sappiamo filmare facilmente sulla luna, ma troviamo ancora difficile filmare sottoterra… Avevamo messo alla base della quercia un vetro, e abbiamo cercato di girare con le videocamere dietro questo vetro, con una luce naturale.
Non abbiamo utilizzato nessun tipo di luce artificiale, perché avrebbe alterato le immagini. E poi abbiamo usato il Patch to Motion, soprattutto per far vedere le radici e tutto quello che vi gravita intorno. Sostanzialmente sono immagini di sintesi.
Poco fa ha detto che la società si sta interessando maggiormente all’ambientalismo. E La quercia e i suoi abitanti è un inno all’ambiente, alla natura. Ritiene che questo nuovo interessamento sia anche per merito dei documentari cinematografici e televisivi?
Uno dei nostri partner è il MNHN (Muséum National d’Histoire Naturelle) di Parigi, e il Direttore dice sempre che per insegnare bisogna utilizzare la bellezza. È inutile dire soltanto: “Non fare questo”, “Non buttare quello”, ecc. Sono frasi che, sostanzialmente, non funzionano.
Non sono accattivanti. Quindi noi, con La chêne, volevamo lanciare un messaggio d’amore, dare un aiuto alla conoscenza.
La quercia e i suoi abitanti si inserisce in un determinato solco di documentari etnologici. Lei e Laurent Charbonnier vi siete ispirati anche ad opere passate?
Di ispirazioni ne ho avute tutta la vita. Nel senso che come produttore ho lavorato con molti grandi registi. Certamente mi ha ispirato Il popolo migratore [2001, di Jacques Perrin, ndr], Microcosmos [1996, di Claude Nuridsany e Marie Pérennou, ndr]…
Però la differenza, è che il nostro film è stato molto preparato. C’è stato un grosso lavoro di Storyboard dietro. E questo grosso lavoro preventivo ci ha poi dato la possibilità di avere una grossa libertà su altro.
Regia: I
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