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Linea d'Ombra Festival

‘Where the Winds Die’: storia di un genocidio dimenticato

Il corto d’animazione di Pejman Alipour affresca una delle tante atrocità della guerra tra Iran e Iraq

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In concorso nella sezione VedoAnimato del Linea d’Ombra Festival di Salerno, Where the Winds  Die (2022) di Pejman Alipour è un racconto breve ma pregnante su alcuni tra gli effetti più devastanti del conflitto tra Iran e Iraq (1980-1988). L’attacco del 1988 con sostanze nocive alla città curda Halabja, a pochi kilometri dal confine iraniano, viene rappresentato dal regista frapponendo a quella nube di morte la grazia e l’umile vitalità dei civili colpiti.

Un corto per ricordare all’Occidente uno dei tanti genocidi offuscati dalle nebbie del Tempo e tra i meandri della Storia.

Sinossi e antefatti storici

Il fiume di Halabja riflette placidamente i pensieri e le confidenze dolci e spensierate dei suoi abitanti, di ogni età ed estrazione sociale, che si trovano lungo le rive, nello scorrere naturale della propria vita. Come un fulmine a ciel (quasi sereno), scoppia l’attacco e la cittadinanza è colpita da una bomba tossica. Dopo la corsa in ospedale per molti di loro, nuovi individui si specchiano nel fiume, ma questa volta sono militari con le maschere antigas.

Il bombardamento di Halabja si colloca nel tentativo dell’esercito iracheno di rispondere ad alcune operazioni belliche iraniane, tra cui la conquista di questa città curda. Sganciarono un gas iprite insieme al altri agenti nervini. Già precedentemente l’Iraq, sempre sotto il regime di Saddam Hussein,  aveva perpetuato una guerra batteriologica contro l’etnia curda e la sua rivoluzione in corso, tra devastazioni di villaggi e deportazioni.

Proprio tra il 16 e il 17 marzo 1988 il culmine degli attacchi chimici cadde su Halabja (circa 70.000 abitanti) provocando migliaia di morti e feriti, nonché malati tumorali tra i sopravvissuti. Per quello che fu condannato dai Tribunali Speciali come un crimine contro l’umanità, seguirono processi contro i gerarchi militari di Saddam Hussein.

Recensione

L’iraniano Pejman Alipour percorre la strada del cinema d’animazione per denunciare in modo più funzionale quello sterminio e raccontare nel modo più toccante le ferite di una popolazione vittima di odio etnico, in agghiacciante balia di azioni politiche e guerrafondaie volute da un potere invisibile. In Where the Winds Die con disegni a pennellate trasparenti e informi, nei toni tenui e trasparenti di un acquerello, si avverte la delicatezza dei sentimenti degli abitanti su cui irrompe il fragore degli ingiusti.

Con un piano sequenza lineare che scivola sull’acqua del fiume, Where the Winds Die ci inoltra in una quiete minacciata da un’imminente tempesta. Poi, allo scoppio, ci inabissiamo nei fondali del corso d’acqua e infine in una camera operatoria. Pejman Alipour con il suo corto non vuole lanciare un grido di rivolta o di indignazione (che vengono da sé, dallo scorrere delle immagini). Con uno stile lirico ma incisivo ricerca una partecipazione simpatetica, dolorosa e struggente, in pudica e rispettosa vicinanza a una delle tanti civiltà oppresse in un Medio Oriente da decenni infuocato per migliaia di innocenti.

Solo il margine di immaginazione aperto dal disegno animato può, e riesce, a valorizzare la dignità umana nell’indicibile degli eventi storici, di fronte ai quali mere immagini di finzione dal vero sarebbero inermi.

'Where the Winds Die'

  • Anno: 2022
  • Durata: 12' 54''
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Iran
  • Regia: Pejman Alipour

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