Vigilante di Choi Jung-yeol è stato presentato in anteprima al Busan International Film Festival con i primi tre episodi della serie, in onda su Disney+ dall’8 novembre. La serie è interpretata da Nam Joo-hyuk (Venticinque Ventuno, Remember), Kim So-jin (The drug king, Escape from Mogadishu), Yoo Ji-tae (La casa di carta) e Lee Jun-hyuk (I saw the devil).
Leggi il webtoon di Kim Kyu-sam da cui è tratta Vigilante di Choi Jung-yeol.
Intrattenimento spedito e appagante dalla sceneggiatura un po’ vacillante e diluita. Azione e dualismo si avvolgono sul protagonista il quale battaglia non solo contro i cattivi, ma anche contro le ombre cadute sulla sua missione.
Vigilante di Choi Jung-yeol, la trama
Kim Ji-yong (Nam Joo-hyuk) è un brillante studente della scuola di polizia. Ma nei weekend si trasforma in un giustiziere in incognito andando a punire i criminali su cui la giustizia e il sistema hanno fallito.
Appassionata dalle sue gesta, la giornalista televisiva Choi Miryeo (Kim So-jin) lo nomina “vigilante” e dà il via ad una pericolosa escalation di eventi. Finché anche la polizia stessa si mette sulle tracce dell’anonimo giustiziere e di tutti i suoi meno riusciti imitatori. Da lì chiaramente prende ilv ia una ben più intrigata (e intrigante) sequenza di eventi che mostra corruzione e trame segrete tra la politica e la polizia stessa.
Appagare il senso di giustizia dello spettatore
Ecco la missione della serialità coreana: in un mondo di differenze incolmabili, si occupa di mettere a tacere la nostra rabbia, l’inesauribile inquietudine creata dalle ingiustizie. Ed è infatti a questo a cui si dedica il vigilante di Choi Jung-yeol, e prima ancora di Kim Kyu-sam.
La serie infatti ha un avvio alquanto mediocre, con un prologo raccontato in uno scadente bianco e nero, quasi raffazzonato nel tentativo di condensare una back story che è effettivamente la miccia che accende l’azione. Sorvolando quindi sull’incipit, e in realtà anche su tutto il primo episodio, ovvero se si sopravvive alla delusione, la serie ingrana.
L’atmosfera omaggia Batman, con quei personaggi macchietta, a tinte unite. Ci sono i buoni, i cattivi, e i mascherati. Ognuno però con un posto ben definito, anche se la sua definizione si chiarisce strada facendo.
Di certo non assomiglia a Batman nelle scene di lotta: Vigilante è cattivissimo, e neanche il protagonista, quasi angelico nella sua facciata pubblica, risparmia i suoi puniti. Anzi, infierisce quasi fosse il templare della giustizia mancata.
Questionare il sistema fallibile
Ovviamente al centro della storia, dal webtoon alla serie, la possibilità che ci sia qualcuno fuori dalla legge che si fa giustizia in autonomia perché il sistema ha fallito. Giusto o sbagliato? La questione è incastrata nelle pieghe delle mancanze della legge. Ma l’aggravante qui è rappresentata dall’intervento ben più che attivo dei media: questo giornalismo cammina sul limite dell’ammissibilità, perché in realtà istiga le azioni violente. Perciò le domande aumentano e così la circospezione, e non è più scontato prendere posizione. Il fenomeno raccontato quindi adotta un nome, sempre mediatico, e la giustizia fai-da-te diventa vigilantismo.
E in effetti questo continuo mettersi in discussione è, a livello narrativo, ciò che salva la serie. La giustizia, quel valore nobile e ben chiaro nella nostra testa, qui ha contorni sfumati:
I think some crimes may be punished by crimes.
Gli aspetti tecnici
In Vigilante, Choi Jung-yeol è anni luce dalla narrazione spensierata, scanzonata e un po’ demenziale di Start-up che l’aveva reso famoso. La serie non brilla per sostanza registica, ma diverte la selezione delle musiche che a sua volta echeggia un Batman hollywoodiano con atmosfere gotiche e celebrative. Con questo anche gli effetti speciali, esaltati e accelerati, si prestano a soddisfare un pubblico in cerca di dinamismo e di un eroe senza super poteri.
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