‘Semidei’: a cinquant’anni dal ritrovamento dei Bronzi di Riace
Viene presentato alle Giornate degli Autori dell’80ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il documentario realizzato dai registi Fabio Mollo e Alessandra Cataleta
Sul palcoscenico del Lido di Venezia, nell’ambito delle Giornate degli Autori, approda in anteprima mondiale il documentario Semidei di Fabio Mollo e Alessandra Cataleta, prodotto dalla Palomar Mediawan con il sostegno di Regione Calabria e Fondazione Calabria Film Commission.
Un ritrovamento avvenuto per caso cinquant’anni or sono
Era il 16 agosto 1972 quando Stefano Mariottini, un giovane sub romano immersosi per una battuta di caccia subacquea nelle acque di fronte alla costa di Riace Marina in Calabria scorse, semisepolte nelle acque del fondale, le due statue bronzee che sarebbero diventate famose in tutto il mondo con il nome di “Bronzi di Riace”.
Il film di Mollo e Cataleta, scritto dallo stesso regista in collaborazione con Armando Maria Trotta, Giuseppe Smorto e Massimo Razzi in occasione del 50° anniversario del ritrovamento, ripercorre attraverso interviste ai protagonisti di allora – lo stesso Mariottini e vari archeologi e studiosi che si occuparono dei Bronzi – e a gente comune del luogo, nonché con l’ausilio di immagini Rai di repertorio e scene tratte dal documentario di Vittorio De SetaI dimenticati (1959), la storia di queste due statue giunte fino a noi dall’antichità e ora esposte al Museo Archeologico di Reggio Calabria.
Un punto di partenza che induce i due registi, affascinati dall’aura potente che le statue emanano, a spingersi un po’ più in là rispetto al normale resoconto.
I due capolavori bronzei sembrerebbero risalire al V secolo a.C. e costituirebbero parte di un gruppo statuario dell’Antica Grecia denominato “dei fratricidi”, realizzato da Pitagora di Reggio, scultore greco attivo nel Peloponneso e in Magna Grecia. In particolare, secondo l’ipotesi avanzata da Daniele Castrizio, archeologo intervistato in Semidei, potrebbero raffigurare Eteocle e Polinice, due fratelli che si combatterono fino a uccidersi a vicenda.
I guerrieri arrivati dal passato ci parlano del presente
Quando due fratelli si combattono nessuno vince ed entrambi soccombono. È questo il messaggio che i due Bronzi sembrano volerci lasciare e che Fabio Mollo e Alessandra Cataleta raccolgono e rilanciano. Infatti, dalle immagini e dalla storia delle due statue di Riace (a proposito, che bello rivedere l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini in visita ai Bronzi!) i due filmaker si lanciano in un parallelismo che va a toccare vari aspetti di quella terra che li ha ritrovati e accolti.
Dall’adorazione, fra il sacro e il profano, dei Santi Cosma e Damiano patroni di Riace, alla generosità dell’accoglienza di una famiglia ucraina fuggita dalla guerra, agli scontri fratricidi durante i moti del ’70/‘71 per Reggio capoluogo, guidati dalla destra missina capeggiata da Ciccio Franco che squassarono una regione intera. Fu proprio il ritrovamento delle statue dei due fieri guerrieri usciti dalle onde poco dopo la fine della rivolta a essere, probabilmente, percepito come un messaggio pacificatore. Oltretutto in un periodo in cui le uccisioni mafiose stavano raggiungendo livelli intollerabili, quando la ‘ndrangheta si stava trasformando progressivamente da mafia agro-pastorale a mafia imprenditoriale.
Mollo e Cataleta vogliono così dirci, come leggiamo dalle note di regia, che quelle splendide statue appaiono come dei semidei perché ci rappresentano. Noi “che, nel corso dei secoli, li guardiamo estasiati, rapiti: ci riflettiamo sulla superficie della loro pelle metallica e vediamo noi stessi riflessi, o meglio ancora, il desiderio che abbiamo di noi stessi”.
Perché, in definitiva, i Bronzi non sono altro che la rappresentazione della gente di Calabria che li ha accolti e li ammira, dalla giovane di Riace dalla pelle scura che studia per emanciparsi, al ragazzo Rom che dopo essere fuggito dalla sua terra ha deciso di farci ritorno, ai quattro ragazzi che credettero di aver avvistato per primi le statue sul fondale marino per poi scoprire di essere stati preceduti, fino allo stesso sub che, per davvero, li ritrovò per la prima volta.
Così Fabio Mollo e Alessandra Cataleta hanno realizzato Semidei, per omaggiare le statue patrimonio dell’umanità in occasione dei cinquant’anni dal loro ritrovamento ma, soprattutto, per onorare tutte quelle persone normali come potremmo essere noi.
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