Di cosa narra La maman et la putain?
Alexandre (Jean-Pierre Léaud), giovane parigino, non lavora e trascorre le giornate dividendosi tra il Cafè des Deux Magots e l’appartamento di Marie (Bernadette Lafont). Lei, proprietaria di una boutique, più grande d’età, lo mantiene e ha con lui una sbiadita relazione. Deluso per essere stato abbandonato da Gilberte (Isabelle Weigarten), la donna di cui era innamorato e che voleva sposare, Alexandre incontra Véronika (Françoise Lebrun), un’infermiera, dolce e disinibita sessualmente, con la quale si lega sempre più. Marie non sembra gelosa della presenza di Veronika e gli amanti danno il via a un ménage à trois che si protrae non senza litigi e controversie. Sul finale, Veronika comunica ad Alexandre che forse è incinta e…
Film manifesto di una generazione
Diventato oggetto di culto, La maman et la putain descrive alla perfezione quel senso di solitudine, di spaesamento e disillusione dei giovani post-sessantottini. Manifesto del disagio esistenziale di un’intera generazione, dopo un avvio che sembra sposare i canoni della commedia, la narrazione si incupisce sempre più fino ad assumere le connotazioni di un dramma. Eustache pedina con la macchina da presa immobile il volto dei protagonisti, fa grande uso di campo-controcampo e dei piani sequenza. Il regista inonda la vicenda con dialoghi fiume, mentre i protagonisti fumano, bevono whisky, gin e Coca Cola.
Protagonista l’infantile e capriccioso Alexander
Al centro della narrazione l’infantile, logorroico e immaturo Alexandre, inguaribile romantico, che racconta delle storie buffe e bizzarre, mescolandole con amare e pessimistiche riflessioni sull’amore e sulla deriva della società contemporanea. Instabile e capriccioso, non sa scegliere tra Marie e Veronika, due donne disilluse e disincantate, che cercano disperatamente di mettere ordine nella loro vita. Pur di stare al fianco di Alexandre, Marie e Veronika accettano un conflittuale ménage à trois. Il film è immerso in un’atmosfera decadente e senza speranza e i personaggi si rivolgono tra loro con un anacronistico “voi”.
Jean Pierre Leaud insuperabile
Il regista sfinisce però gli spettatori con un film che ha nella durata (più di tre ore e mezza) il suo principale difetto e lascia che Alexandre faccia grande uso di citazioni che rimandano a Bresson, Sartre, (definito “un maoista ubriacone”), Borges, Belmondo, Fernandel, Ferrè, Piaf, i Rolling Stones e Guitry. Da incorniciare il dolente e disperato monologo finale di Veronika. Léaud è insuperabile e Lebrun è perfettamente calata nel controverso personaggio di Veronika. Il titolo fa riferimento alle stereotipate e cristallizzate rappresentazioni maschili nelle quali sono incarcerate le donne.
Girato con un budget ridotto, in quattro settimane e prevalentemente in interni, con un taglio documentaristico, La maman et la putain fu prodotto dal regista Barbet Schroeder. Ad accrescere la fama del film il suicidio del regista, nell’81, all’età di quarantatré anni con una revolverata al cuore. Distribuito da Lab 80, Vincitore del Gran Prix Speciale al 26° Festival di Cannes.
‘La maman et la putain’: il maschio indolente tra due prototipi di donna
‘La Maman et la Putain’ di Jean Eustache in sala il 13 Marzo!