Soltanto qualche puntata fa, abbiamo avuto modo di parlare, all’interno di questa rubrica, del lodevole lavoro di riscoperta su supporto digitale attuato da Ripley’s Home Video – a partire da Febbraio 2012 – nei confronti della filmografia del maestro parigino della Nouvelle Vague Jean-Luc Godard.
Lodevole lavoro di riscoperta che, iniziato con Una donna sposata (1964), interpretato da Macha Méril, e Bande à part (1964), con protagonisti Anna Karina, Sami Frey e Claude Brasseur, sembra essere destinato a proseguire con quella che non può fare a meno di rappresentare una vera e propria chicca per tutti i seguaci godardiani che si rispettino.
Ripley’s, infatti, con libricino a cura di Federico Rossin incluso nella confezione, provvede a diffondere British sounds-Pravda-Lotte in Italia, tre mediometraggi che, appartenenti al periodo 1969-1972, ovvero gli “Anni Mao”, come lo stesso cineasta li ha definiti con sarcasmo autocritico, rappresentano il cuore ancor vivo del collettivo denominato “Gruppo Dziga Vertov”.
Tre mediometraggi facenti parte dei sette film che, girati in paesi diversi e con troupe e linguaggi diversi, sono stati pensati come oggetti cui applicare una pratica ideologica specifica, caso per caso.
Quindi, British sounds (1970), caratterizzato da una struttura a blocchi irrelati, si articola su sei lunghe sequenze per costruire una nuova “scienza dell’immagine” dialettica all’insegna della critica radicale all’industria dello spettacolo; tra incontri con studenti militanti a Londra, riunioni di operai e sindacalisti, filmati della catena di montaggio motori della British Motor Company e immagini-slogan e immagini-simbolo di lotta, al fine di comunicare che, se la borghesia si crea un mondo a sua immagine, il compito del cinema è di distruggere quell’immagine.
Pravda (1970), invece, ruota sulle voci di Rosa e Vladimir senza farle mai diventare un vero dialogo; con la risultante di un film astratto su una situazione astratta, ossessionato dal revisionismo e dal tradimento, in quanto lo stato di polizia voluto dai sovietici all’epoca (Aprile 1969) s’impose sulle idee del regista e del collega Jean-Henri Roger (anche co-autore di British sounds) finendo per determinare la struttura paranoica dell’insieme.
Infine, Lotte in Italia (1971), co-diretto dal giornalista Jean-Pierre Gorin e rifiutato dalla Rai, che lo aveva commissionato, si concentra su Paola Taviani alias Christiana Tullio-Altan, giovane militante di Lotta Continua alla ricerca di un equilibrio tra la vita privata e l’impegno politico, tra i suoi bisogni borghesi e le sue esigenze rivoluzionarie, tra il suo amore e la sua rivolta.
Un prontuario rivoluzionario su celluloide che, costruito come un trattato articolato dialetticamente, va a chiudere questo interessante disco volto a rappresentare la testimonianza digitale dei quattro anni di lavoro febbrile e di radicali cambiamenti nella vita privata e pubblica dell’autore di Fino all’ultimo respiro (1960).
Quattro anni in cui, rispetto al periodo della Nouvelle Vague, Godard maturò un distacco esistenziale destinato a trasformarsi in rivolta politica ed estetica.
Con l’ideologia marxista-leninista quale terreno saldo dove elaborare la rivoluzione di film pensiero innervati di nuove parole e nuovo modo di articolare immagini e suoni, ma, al tempo stesso, la palude insidiosa in cui si rischiava di annegare.
Francesco Lomuscio