Man’s Castle (1933) è il titolo originale, ma non compaiono fortezze né manieri; non vi è neppure regalità, se non quella dei sentimenti. L’ambientazione invece potrebbe essere tra le più umili e disagiate: una baraccopoli di disoccupati e reietti al Lower East Side, all’ombra di una New York degli anni della Grande Depressione, che include una café society lucida e scintillante nei ristoranti altolocati e nei salotti di artisti benestanti, ma anche solitudine e disperazione dietro la storia dei singoli attanagliati dalla crisi economica.
Le lande desolate dell’amore (difficile)
Altre pellicole degli anni Trenta avevano dispiegato il più classico dei soggetti “boy meets girl”, nel quadro della Grande Depressione e nelle cadenze della commedia romantica (primo fra tutti per primato agli Oscar Accadde una notte di Frank Capra), senza però riuscire come Borzage a infondere con il suo personale touch una spinta trascendente nel realismo sociale, un’aura di incanto nei rapporti di forza dei personaggi, un fiducia nell’umano che non sfiora mai retoriche melense, una compassione che invoca dignità e non pietismo.
Il plot che ruota attorno all’incontro di amorose corrispondenze tra Bill, accattone che vive alla giornata, e Trina, soave fanciulla a un passo dal suicidio, diventa, forzando la sua semplicità di vicenda comune, un ingranaggio narrativo dove la commedia degli equivoci flirta con la risata aperta, dove il romanticismo brilla tra luci dell’amore e le ombre della disillusione e della paura; in questo modo uno stereotipo ordinario, un cliché da canovaccio si emancipa per invenzioni tenere e battute fulminanti.
Realismo poetico americano
Un frac, un nuovo fornello, un’apertura sul tetto, gli uccelli in cielo: Borzage si rende poeta della cinepresa lavorando sui presenze frugali ma pregnanti di calore e sentimento, disegnando traiettorie emotive tramite dettagli simbolici e primi piani quasi onirici, con la prestanza stilnovista di Loretta Young e il volto aperto ed empatico di Spencer Tracy. Bill, il suo personaggio, dichiara di voler vedere uno squarcio di cielo sul soffitto perché i morti conoscono già la terra, ai vivi invece resta solo il cielo, che accomuna democraticamente tutti. E la dolcezza evocativa del finale, infatti, è all’insegna dantesca del riveder le stelle.
L’asserzione di Bill riscatta e sublima gli uomini nelle tragedie collettive della Storia (condita da spirito rooseveltiano), che ricorda il monologo del principe Andrej di Guerra e Pace ed eleva Man’s Castle a una statura ancestrale sul genere di appartenenza, come inno ispirato e autentico alla relazione con il prossimo, per creare una “zona di sicurezza” di affetto e altruismo, il vero “castello dell’uomo”, “il castello dei destini incrociati”, direbbe Italo Calvino.
Morbidezza delle inquadrature, sfumati giochi chiaroscurali, analogie al montaggio: la regia di Borzage concorre a plasmare un sottobosco antropico impalpabile e sognante pur nella concretezza del contesto, a fluttuare in una piccola commedia umana schietta e gentile, in una terra promessa di solidarietà e fratellanza (ma non ignara della negatività del vivere) dall’alone lunare; non a caso i surrealisti apprezzarono questa e altre opere di Frank Borzage (1894-1962), statunitense di origine trentine e svizzere che ha al suo attivo altri film memorabili come Settimo cielo (1927), L’angelo della strada (1928), Bad Girl (1932), Addio alle armi (1932), L’uomo che amo (1937), a cui si deve la fama meritata di “cineasta del romanticismo”.
Il restauro
Il Cinema Ritrovato lo presenta in sala in una smagliante e fedele versione, frutto di un complesso e laborioso restauro della Sony Pictures Entertainment presso il laboratorio Cineric, a partire dal negativo originale nitrato 35 mm del 1933, di un duplicato negativo nitrato del 1938 e di una copia nitrato 35mm conservata presso BFI National Archive. Il restauro sonoro è stato effettuato dal laboratorio Dekuxe Audio Services a partire dal negativo originale colonna mono, da un duplicato negativo e da una copia nitrato.